Territorio

Lo «sciampagn dei poveri» che da secoli disseta una valle

Impossibile sapere quando il Grimèll iniziò a far brindare gli abitanti della Valle di Muggio, ma si sa chiaramente che continua a farlo – Grazie a due coniugi che da una quindicina d’anni lo producono in casa e hanno appena vinto un premio
©Ti-Press/Francesca Agosta
Lidia Travaini
21.11.2025 06:00

Prendi dei semi di coriandolo, del tè nero, un limone, dell’orzo, dei fiori di sambuco essiccati e dello zucchero caramellato. Combinali seguendo una ricetta che si tramanda da secoli in Valle di Muggio, unisci una buona dose di pazienza perché servono ben due fermentazioni, una di una settimana e l’altra di circa 3 giorni, e otterrai il Grimèll. C’è anche chi lo chiama «Sciampagn dei poveri», perché sembra una gazzosa, ma è leggermente alcolico e le sue bollicine ricordano quelle degli spumanti.

La bevanda nostrana di recente è salita agli onori per aver ricevuto la medaglia d’argento al Concorso svizzero dei prodotti regionali. Ma non c’è una fabbrica, e nemmeno un vero laboratorio. La producono in casa i coniugi Cereghetti di Obino, Giorgio e Rosanna, che mai avrebbero pensato che l’idea di proporlo per il primo raduno dei Cereghetti, nel 2011, li avrebbe portati dove sono oggi (e nel canton Jura, per il concorso citato in precedenza).

La bevanda della festa

«Sì è vero abbiamo vinto una medaglia, ma il merito non è nostro, bensì delle donne della Valle di Muggio e di quello che hanno creato in passato. Noi riproponiamo solo quello che facevano loro», sottolineano immediatamente quando li incontriamo nella loro casa. Originariamente (impossibile sapere quando sia iniziata la produzione della bevanda in Ticino e soprattutto in alta Valle di Muggio), «era un vinello di seconda pressatura da portare ai lavoratori nei campi, poi, forse per rinunciare alla base alcoolica, si sono utilizzate altre spezie e ingredienti», ci spiegano. Ma le origini e la storia non sono univoche, essendo state tramandate oralmente per secoli, così come la ricetta che i coniugi perfezionano di volta in volta a sentimento, per trovare i giusti equilibri e quantità. La ricetta che si trova sul ricettario della Valle di Muggio recita «una manciata di orzo intero», «ma chi sa di preciso a quanto corrisponda?», commenta Rosanna.

Con gli anni però la procedura per creare il Grimèll si è consolidata, i Cereghetti hanno acquisito esperienza e capiscono le caratteristiche della bevanda in fase di preparazione: le bolle, il colore, la temperatura, i residui che si formano, la pressione delle bottiglie, eccetera. «Per affinare la ricetta ci capita anche di chiedere consigli a chi ricorda di aver bevuto in passato la bevanda, per avere paragoni sul gusto e sul colore». Una produzione non è mai identica all’altra, quello fa parte del «bello» del prodotto, sottolinea Giorgio quando ci fa fare un assaggio. Della bottiglia scelta non è particolarmente soddisfatto: «Mancano un po’ di bolle».

Già, le bolle, sono un elemento fondamentale per il Grimèll. La loro presenza gli ha assegnato il soprannome di champagne (o sciampagn, come si legge sull’etichetta in forma dialettale) dei poveri. Far «scoppiare» le bottiglie (quelle classiche della gazzosa, con gancio in ferro, ma un tempo venivano usate chiusure simili a quelle dello champagne, con “gabbietta” di metallo), creava un clima di festa. Tanto che con Grimèll si usava brindare nelle occasioni speciali e per l’ultimo dell’anno: «Nel libro di don Walter Cereghetti si ricorda che dopo la messa di mezzanotte di Muggio del Giubileo di fine secolo (fine 1800) si servì vino bollito per gli uomini e Grimèll per le donne e i bambini», racconta Giorgio.

Un omaggio a chi c’era prima

Ma che gusto ha? «È particolare, c’è chi sente subito il sambuco, c’è chi sente il tè e qualcuno il coriandolo», ci dicono. Personalmente ho sentito subito il sambuco, ma forse questa percezione dipende un po’ dai gusti e un po’ dalle caratteristiche della bottiglia aperta. Le «produzioni», se così vogliamo chiamarle, sono di 25 litri alla volta (la capienza dei bidoni utilizzati dai Cereghetti per la fermentazione). Dopo essere stato imbottigliato, il Grimèll finisce in alcuni negozietti della valle, qualche esercizio pubblico, nei mercatini e a casa di Giorgio e Rosanna, dove è possibile acquistarlo direttamente. «Ne produciamo 600-700 litri all’anno in due versioni, una normale e una con meno zucchero, in casa ne abbiamo sempre un po’ e quando finisce ricominciamo a produrne – spiegano -. Non possiamo tenerne troppo in riserva perché essendo naturale, senza conservanti si può mantenere al massimo sei mesi». Inoltre, aggiungono con un sorriso, ci vorrebbe il posto per immagazzinarlo e una casa privata ha dimensioni limitate.

Vi abbiamo incuriositi? Per assaggiarlo le possibilità sono due: tentare di produrlo in casa seguendo la ricetta, oppure chiedere a Giorgio e Rosanna che per ora non hanno intenzione di abbandonare questo hobby che è diventata una tradizione: «Abbiamo piacere di farlo – concludono -, sia per recuperare un prodotto della tradizione locale, sia per dare risalto a chi lo faceva ai tempi. Finché riusciamo, andremo avanti». Dalla valle, per la valle, quindi.

In questo articolo: