Mendrisio

Lo sfregio al monumento e la polemica che ne seguì

Il 10 febbraio 1924 qualcuno rovinò con un martello la statua per il ricordo dei caduti italiani della prima guerra mondiale al cimitero di Mendrisio - Fu fra gli episodi decisivi nel rendere l’opinione pubblica ticinese scettica riguardo al fascismo
©Chiara Zocchetti
Federico Storni
12.02.2024 06:00

«Ieri mattina nel cimitero di Mendrisio venne fatta una scoperta che destò vivissima impressione in tutta la popolazione. Il monumento ai caduti italiani (durante la prima guerra mondiale, ndr), la bella opera dello scultore Fiorenzo Abbondio, appariva gravemente sfregiata: la testa della statua era stata rovinata a colpi di martello. Appena la notizia si sparse per la città sollevò un senso di viva indignazione. Le autorità comunali e di polizia iniziarono tosto una inchiesta per scoprire i vili autori del malvagio e abbominevole atto». Sono parole che prendiamo dal Corriere del Ticino dell’11 febbraio 1924, il primo a dare la notizia. È l’inizio di una polemica che si trascinerà per settimane e l’episodio fu tra quelli che contribuirono a creare un generale sentimento antifascista in Ticino in quel periodo. Ripercorriamolo, in occasione del centenario.

Un’inaugurazione controversa

Una premessa importante è che il monumento nacque controverso. Nel 1922 alla sua inaugurazione - all’episodio avevamo dedicato un articolo il 21.7.2021 - partecipò infatti uno stuolo di fascisti in camicia nera che, entrato in Ticino da Ponte Tresa, sul percorso minacciò e si scontrò con dei socialisti. Lo sfregio del febbraio 1924 avvenne oltretutto in un più ampio scontro tra le due fazioni: nel settembre del 1923 vi furono scontri sul lungolago di Lugano e nei giorni precedenti vi era stata una polemica a mezzo stampa contro un titolo del quotidiano socialista Libera Stampa (che dava del «brigante» a Mussolini) per cui intervenne addirittura il Consiglio federale. A lamentarsi a mezzo stampa dello sfregio a questo giro non furono però i fascisti, bensì Francesco Chiesa.

Il ruolo di Francesco Chiesa

Chiesa (1871-1973) fu tante cose - scrittore affermato, rettore del Liceo di Lugano - ma soprattutto, per quel che ci riguarda, fu pressoché egemone in quegli anni dal punto di vista culturale. Fu anche un convinto sostenitore dell’italianità e, scrive il Dizionario storico della Svizzera, «un fiancheggiatore non troppo indiretto del fascismo».

Chiesa, dalle pagine del Corriere, chiede di organizzare una raccolta fondi a mo’ di scuse verso gli amici italiani: «Noi ticinesi dobbiamo finalmente ribellarci, e nel modo più energico, al disonore che ci coprirebbe tutti quanti, se rimanessimo passivi spettatori o se ci accontentassimo di qualche privata disapprovazione. L’indifferenza diventa acquiescenza, diventa complicità. Io propongo una cosa: restauriamo noi, cittadini ticinesi, la sacra effigie deturpata. Diciamo agli italiani regnicoli del Cantone Ticino: Voi avete fiduciosamente collocato il monumento dei vostri gloriosi morti nella compagnia dei morti nostri. Lasciate a noi il conforto di cancellare il misfatto che ha offeso la santità di tutto il Cimitero». L’appello trova terreno fertile nei quotidiani liberali e sul Corriere delTicino - tutti e tre in quegli anni guardavano con una certa simpatia al fascismo - oltre che in altre personalità dell’epoca, come lo storico Eligio Pometta. Ma non in casa socialista.

Le critiche di Libera Stampa

«Il Chiesa - scrive infatti Libera Stampa - tende a creare l’impressione che nel Cantone ci sia tutta una vasta organizzazione tenebrosa a diffamare e vituperare il buon nome dell’Italia. E con una sconcertante malafede accomuna episodi della nostra vita politica con fattacci di cronaca nera, e si sforza di dare alla repugnanza che il fascismo soppressore d’ogni libertà desta in tutti gli spiriti liberi il colore d’un avversione per l’Italia! Opera questa sì veramente anti-italiana, oltre che malefica e disonesta. Date queste false premesse il poeta sente il bisogno di far “espiare” a tutti i ticinesi il delitto d’un mentecatto». Perché, in tutto ciò, non fu mai provato che vi fosse mano socialista dietro il danneggiamento. Venne subito arrestata una persona - un operaio non attivo politicamente - ma poi fu rilasciata per mancanza di prove. La raccolta fondi comunque partì e anche il Municipio di Mendrisio propose di coprire le spese di restauro, che alla fine fu effettuato.

Cosa ne è rimasto

Quanto al lascito storico di questo episodio c’è chi ha argomentato - come la storica Paola Bernardi-Snozzi - che assieme agli scontri citati e alle improvvise difficoltà a recarsi in Italia per la stretta alla frontiera, fu decisivo nel formare in Ticino «un’opinione pubblica che guarda con sempre più diffidenza all’Italia fascista».

Ancora curiosi? C'è pure un podcast

Per approfondire questa vicenda e immergersi nel 1924 è possibile ascoltare il podcast del CdT «La Cara Vecchia Rassegna Stampa». Nella puntata che uscirà venerdì verrà dato ampio spazio al monumento, ma ci saranno anche altri temi, come le sberle rifilate a un arbitro di Serie A a Lugano.