Lo strappo con la Lega: parla Sabrina Aldi

Sabrina Aldi lascia la Lega e le cariche elettive. Intervista esclusiva a tutto campo in cui racconta la sua versione dei fatti. E torna sulle polemiche delle ultime settimane e le nomine in Procura.
Dopo mesi di tensioni e indifferenza reciproca, dalle colonne del Mattino è arrivato l’ultimatum. Insomma, o dimissioni «spontanee» o cacciata in grande stile. È stata una sorpresa?
«L’ultimatum del Mattino non è stato del tutto inaspettato, ma ha segnato una frattura profonda. Da tempo esistono tensioni all’interno della Lega, con una spaccatura evidente tra chi ha ruoli ufficiali e chi invece, pur restando nell’ombra come Antonella Bignasca, esercita un’influenza costante e pretende di imporre la propria linea. Ho sempre reclamato indipendenza e a qualcuno non è mai andato bene. Il giornale è stato usato come una clava per forzare e legittimare la loro posizione».
L’organo della Lega è stato un po’ il braccio armato del partito?
«Con il Nano Bignasca, il Mattino ha avuto un ruolo centrale nel definire e orientare le dinamiche del partito. In questa vicenda, con la nuova gestione, ha contribuito a creare un clima ostile e ora a giustificare una mia progressiva esclusione. La volontà di mettermi da parte era già evidente da tempo, per ragioni che forse non conoscerò mai fino in fondo».
Ma facciamo un passo indietro. Nel 2022 c’era da eleggere un procuratore pubblico in quota Lega. Qual è il suo racconto della vicenda?
«Nel 2022, dopo le dimissioni della procuratrice Lanz, il nome di Alvaro Camponovo fu proposto come possibile candidato in quota Lega. Allora non conoscevo né lui né suo padre. Fu lo stesso Alvaro a rinunciare, ritenendo di non avere ancora maturato esperienza sufficiente. Solo molto tempo dopo, quando uscirono due concorsi per il posto di PP, su richiesta del capogruppo Boris Bignasca, fui incaricata di ricontattarlo. La sua candidatura non è stata una mia iniziativa, ma frutto di una decisione maturata a livello partitico già tempo prima».
Intende una strategia politico/partitica a più teste?
«Sì, fu una scelta condivisa già nella legislatura precedente. La Lega ha sempre avuto difficoltà a trovare candidati per i posti in magistratura. Come vicecapogruppo e membro della Commissione giustizia ho presentato un nome deciso all’interno della Lega e che alcuni granconsiglieri, tra l’altro, già conoscevano da anni per motivi non legati alla politica. Il mio ruolo è stato tecnico e coerente con il mandato ricevuto. Camponovo aveva presentato la candidatura e ricevuto l’idoneità dalla Commissione di esperti. Il partito era già pronto a sostenerlo un anno e mezzo prima. L’allora coordinatore e consigliere di Stato Norman Gobbi sapeva chi fosse il candidato e i miei rapporti professionali con il padre».
Allora le persone forti della Lega, mediaticamente parlando, eravate lei e il capogruppo Bignasca. Da allora cosa è successo?
«Negli anni abbiamo lavorato fianco a fianco, condividendo molte responsabilità. Con le ultime elezioni sono arrivati volti nuovi e senza esperienza politica che in tempi brevi hanno rivendicato posizioni di potere all’interno della Lega. Le dinamiche sono totalmente cambiate e sono stata progressivamente esclusa. I metodi ora utilizzati sono inaccettabili. Basta esprimere un’opinione diversa per venire aggrediti con toni violenti».


Nella vicenda, prima, dopo o in parallelo, s’innesta la questione delle società sotto l’egida Hospita con, politicamente parlando, lei e Eolo Alberti al centro. Possiamo dire che si è lasciata ingolosire da una dinamica di «politica e affari» o la sua lettura è diversa?
«Alberti si candidò in autonomia per il CdA dell’EOC e ottenne appoggio da molte persone nel partito. Non dimentichiamoci che sulla carta aveva le necessarie competenze ed era una persona molto apprezzata nella Lega ma non solo. Quando io entrai in Hospita, Alberti non aveva più alcun ruolo nella società considerato che aveva dovuto cedere le sue azioni per accedere al CdA dell’EOC. In quel momento per me si trattava di cogliere una sfida professionale. La mia assunzione fu decisa dal dottor Claudio Camponovo che nulla ha a che vedere con la politica e con la Lega il quale mi ha apprezzato professionalmente tanto che la nostra collaborazione continua tuttora».
Possiamo dire che le relazioni private/professionali e familiari tra lei, i familiari Camponovo (il padre dottore e il figlio oggi pp) ed Alberti erano in partenza di quelle «insidiose» e da evitare?
«È facile rispondere con il senno del poi. In quel momento, per quanto riguarda Alberti, non potevo assolutamente pensare quanto poi scoperto. C’era stima e fiducia e proprio in ragione di ciò non ho avuto alcun sospetto quando sono entrata nella società. Mai e poi mai avrei pensato di ritrovarmi in quella situazione che ho cercato di gestire e affrontare nel migliore dei modi. A onore del vero erano diverse le persone nella Lega, ma non solo, che lo frequentavano anche in privato, con cene, pranzi e vacanze in comune. Diciamo che era una persona che sapeva muoversi bene e sapeva farsi voler bene. Per quanto riguarda Camponovo, considero che anche lui sia vittima della situazione, mentre che con il figlio, oggi pp, non ho avuto in passato e non ho tuttora nessun rapporto personale».
In questi mesi si è un po’ pentita del suo ruolo in questa vicenda?
«Non ho rimpianti per aver agito in buona fede, ma a posteriori alcune scelte le avrei affrontate diversamente. Ad esempio oggi credo che avrei dovuto segnalare subito alla Commissione che lavoravo con il padre di un candidato procuratore. All’epoca non ritenni importante specificarlo siccome si trattava di un fatto noto. In Hospita, dalla mia assunzione, mi sono accorta di problemi molto seri e inaspettati, fatti che sono diventati poi oggetto del procedimento penale in corso dopo che son stati da me sollevati con l’amministratore e gli azionisti. Questo mi ha creato una situazione di apprensione e forte stress, ero arrivata a non dormire più la notte per la preoccupazione. Con più lucidità, forse avrei comunicato meglio e prima».
A livello penale nei suoi confronti non c’è nulla. Ma c’è chi ha deciso di fargliela pagare in termini politici e pubblicamente. Ha ancora contatti nella Lega?
«La procedura penale è in corso da oltre un anno e ha già stabilito chi riveste il ruolo di imputato e chi no. Ciò che è emerso nell’interrogazione dell’MPS è già agli atti della magistratura da tempo, compreso il rapporto segreto della Lega. È il tentativo evidente di qualcuno di voler utilizzare la politica per modificare il corso della procedura penale. Per quanto riguarda i contatti nella Lega oggi sono pochi, ma chi ha condiviso davvero un percorso con me conosce la mia correttezza e sa come stanno realmente le cose. Per il resto, me ne farò una ragione. D’altro canto in politica i veri amici sono pochissimi».


Con Boris Bignasca il rapporto era stretto, è bastata questa storia a fare precipitare tutto?
«Con Boris Bignasca avevo un bel rapporto di amicizia ma di fronte alle prime difficoltà mi ha voltato le spalle. In politica accade, ma non per questo fa meno male. Credo che da qualsiasi situazione, per quanto dolorosa e negativa, si possa trarre un insegnamento».
Restiamo alla politica. Ma senza dimenticare la sua professione di avvocato. Ebbene, cosa ne dice del rapporto segreto o inchiesta parallela commissionata dal vertice della Lega e assegnata all’avvocato Enea Petrini?
«Petrini era già consigliere e legale di fiducia di Alberti nella vertenza interna a Hospita. Commissionargli un rapporto proprio su quella stessa vicenda, senza dichiararne il conflitto d’interessi, è a mio avviso grave. Ancor più grave se si considera che l’inchiesta è stata commissionata da esponenti politici che ricoprono importanti ruoli istituzionali e l’oggetto del rapporto riguardava privati cittadini e una società privata che in quel momento non era più riconducibile ad Alberti. Il tutto si è svolto senza alcun consenso delle persone coinvolte. È un precedente inquietante che deve essere valutato anche dal profilo legale».
All’inizio del documento si legge: «Mi è stato richiesto di esprimere un parere (…)». Ebbene: da chi, con quale mandato preciso e con quale scopo. Un rapporto senza contraddittorio, di parte e mai trasmesso al Governo, men che meno al procuratore generale. E la cui esistenza è stata in un certo periodo scientemente negata anche dal Mattino. Ecco, qual è il suo parere?
«Nessun contraddittorio, nessuna autorizzazione, nessuna legittimità istituzionale. Ho appreso con sconcerto il contenuto di questa inchiesta parallela dall’interrogazione dell’MPS».
Nelle carte rese pubbliche negli scorsi giorni c’è un passaggio di un verbale di Norman Gobbi molto pesante: «A Sabrina Aldi è stato rimproverato, così come ad Alberti, la combine di cui ho già riferito per l’elezione di Alberti in EOC, ma anche il fatto d’aver brigato per la nomina del figlio del dottor Camponovo Claudio quale procuratore pubblico». Un j’accuse in grande stile.
«L’accusa si fonda su un racconto inventato ma i fatti sono diversi. Alberti ha agito autonomamente proponendosi per la carica in EOC, io sono stata scelta dal dottor Camponovo, e la candidatura di Alvaro Camponovo era stata già discussa e valutata un anno e mezzo prima all’interno della Lega. Io leggo una chiara volontà di voler distogliere l’attenzione dal vero problema, ovvero il rapporto segreto che tra l’altro non menziona nessuna combine».
Ora lei ha deciso di lasciare la politica, ma questa decisione appare un po’ come una fuga, o forse è dettata del fatto che la pressione si è ormai fatta insostenibile. Perché ha deciso, diciamo così, di arrendersi?
«È prima di tutto una scelta di tutela personale. La pressione ha avuto un impatto forte su di me, sulla mia famiglia, sulla mia salute. Ora devo forzatamente pensare a me come persona e alla mia attività professionale già sufficientemente danneggiata da tutta questa situazione. Ma è anche una scelta etica. Sono profondamente delusa dai metodi usati sia dai vertici della Lega sia da altri partiti, come MPS, che hanno cercato di intervenire in procedimenti giudiziari in corso rifugiandosi dietro l’immunità parlamentare. Questo modo di fare politica mi ripugna, non lo condivido e non ne voglio fare parte. Inoltre considero che i rapporti con gli attuali vertici del mio partito non siano più sanabili e che la frattura sia irreversibile e quindi per coerenza, essendo stata eletta tra le file della Lega, è giusto che io lasci non solo il partito ma pure il mio incarico politico in Gran Consiglio».


Immaginiamo che possa vivere anche senza la politica, ma cosa dire del fatto che la sua immagine pubblica (e professionale) oggi è offuscata?
«Io credo che il tempo avrà modo di dimostrare che quanto oggi insinuato è totalmente falso. Per il resto, ho raggiunto la consapevolezza che la mia immagine pubblica vada ora difesa nelle opportune sedi, ovvero quelle giudiziarie, le uniche in grado di far trionfare la verità. È un passo che avrei già dovuto intraprendere tempo fa. Per tale ragione, nei prossimi mesi, intendo agire nelle corrette sedi a tutela dei miei diritti e delle persone a me vicine».
Leggiamo che la parte lesa sarebbe la Lega. Significa anche causa sua. Come replica?
«La Lega ha scelto di prendere le distanze da responsabilità condivise cercando e trovando il capro espiatorio perfetto. Mi si è attribuito ogni errore, ogni scelta, come se tutto fosse dipeso unicamente da me. Oggi i vertici del partito prendono le distanze da chi ha servito la Lega per 10 anni con impegno scaricandosi delle loro responsabilità. Un atteggiamento del quale ci hanno oramai abituati. Saranno i cittadini a decidere se questa lettura è corretta o meno».
Ha un messaggio per Daniele Piccaluga e Norman Gobbi?
«A entrambi auguro di poter un giorno riflettere su quanto accaduto e di farsi un esame di coscienza. Ho sempre servito la Lega con lealtà per anni. Dai vertici mi aspettavo correttezza, non epurazioni. Non porto rancore personale, ma prendo atto che i metodi usati non mi rappresentano e non sono quelli in cui credo».
Eppure ci risulta che lei abbia buoni rapporti con Claudio Zali. Lo ha sentito in questi torridi giorni?
«Sono giorni difficili, molto carichi dal punto di vista emotivo e pertanto ho deciso di parlare solo con le persone amiche che non hanno ruoli politici e questo per poter avere una visione maggiormente distaccata sul tema. Con Claudio Zali continuerò ad avere buoni rapporti, la scelta di uscire dalla Lega non muta assolutamente l’opinione che ho di lui come persona e come politico».