Politica

L’offensiva targata Avanti mette al centro il lavoro

Il movimento ha presentato un pacchetto di 14 mozioni per rilanciare il tema in Parlamento e in Governo - Dalla disoccupazione alla formazione, l’auspicio è che «ci si renda conto che siamo di fronte a un’urgenza»
©Pablo Gianinazzi
Paolo Gianinazzi
14.05.2024 19:30

Rivendicazioni nei confronti di Berna, migliorie per la formazione degli apprendisti, maggiori collaborazioni tra pubblico e privato, ma anche una riforma dei servizi di collocamento. Il pacchetto di misure proposte dal movimento Avanti con Ticino&Lavoro, per un totale di 14 mozioni, ne ha per tutti. Nessuno (o quasi) escluso. E con un unico obiettivo: «Trovare soluzioni al primo problema del cantone: il lavoro», hanno ripetuto più volte i tre granconsiglieri, Amalia Mirante, Evaristo Roncelli e Giovanni Albertini. A poco più di un anno di distanza dalle elezioni cantonali, il movimento ha infatti voluto mettere nero su bianco, attraverso diversi atti parlamentari, il suo programma politico.

Durante la presentazione, ovviamente, si è partiti dai problemi, ben noti, che attanagliano da tempo il mercato del lavoro ticinese: dai salari più bassi rispetto al resto del Paese alla disoccupazione più alta, passando per l’emigrazione verso Oltralpe e la pressione sul mercato esercitata dai frontalieri, senza dimenticare la mancanza di grandi aziende sul nostro territorio. Tutte problematiche a cui, punto per punto, il movimento vuole cercare di rispondere tramite le sue 14 mozioni, suddivise in quattro macro-aree: condizioni quadro, formazione, mancanza di manodopera qualificata e disoccupazione.

Gli atti nel dettaglio

Ben quattordici mozioni, si diceva. La prima delle quali riprende una storica rivendicazione ticinese riguardante la perequazione intercantonale. Il movimento propone di dare incarico a un istituto esterno di valutare tutti i parametri della perequazione affinché il Governo e la Deputazione ticinese alle Camere federali siano pronti per la prossima revisione della perequazione (prevista nel 2025). Anche la seconda mozione guarda alla Berna federale, chiedendo al Governo di farsi promotore presso la Deputazione affinché la Confederazione e le ex-regie federali creino in Ticino posti di lavoro almeno in proporzione alle persone italofone presenti in Svizzera.

La terza mira ad attrarre in Ticino importanti aziende dal grande valore aggiunto. E lo fa chiedendo al Governo di far elaborare da un ente esterno un indicatore che permetta di individuare queste aziende virtuose, incentivandole poi a trasferirsi in Ticino attraverso diverse misure; abbassandone ad esempio i costi di formazione, oppure pensando anche a premi fiscali.

Infine la quarta mozione, l’ultima del capitolo «condizioni quadro», chiede al Governo di analizzare il sistema fiscale e dei sussidi in modo da evitare che il lavoro a tempo pieno sia disincentivato rispetto a quello a tempo parziale. In alcuni casi, come fatto notare da Roncelli, capita che lavoratori rinuncino al «tempo pieno» poiché con un reddito più elevato perderebbero aiuti sociali oppure perché l’aumento delle imposte vanificherebbe l’aumento dello stipendio.

Si è poi passati al tema della formazione. La quinta mozione chiede al Governo un aggiornamento sulla promozione del sistema duale (l’apprendistato), la quale va rafforzata. La sesta, invece, propone che il Cantone si faccia promotore di reti di aziende formatrici. E questo in particolare per via del fatto che la struttura economica ticinese è formata in gran parte da piccole e medie imprese, per le quali è sovente difficile diventare aziende formatrici. Si chiede dunque di valutare la possibilità di creare enti esterni che fungano da appoggio alle aziende per la formazione dei giovani apprendisti. La settima mozione, poi, chiede di migliorare e rafforzare l’orientamento professionale affinché esso sia più rivolto al futuro.

Si è poi passati al terzo macro-tema, quello della mancanza di manodopera, per il quale è stata presentata una mozione. Essa chiede l’istituzione di un fondo «pubblico-privato» (un tema sul quale ha insistito molto Mirante, secondo cui la collaborazione fra Stato, aziende e sindacati dovrebbe essere molto più forte) affinché ci sia una migliore coordinazione per offrire percorsi mirati verso le nuove competenze richieste dal mercato.

L’ultimo tema, come detto, è stato quello della disoccupazione. Su questo fronte le diverse mozioni presentate sono concentrate in particolare sugli uffici regionali di collocamento, la cui efficacia è stata criticata da Albertini in più occasioni. A mancare, è stato detto, è la concretezza. E gli URC vengono spesso visti come uffici di consulenza e di controllo. In questo senso una mozione propone la creazione di uffici cantonali di reinserimento, i quali dovrebbero concentrarsi unicamente sul reinserimento attivo dei disoccupati. Un’altra mozione propone il potenziamento degli URC, costituendo un team di persone dedicata, nuovamente, al reinserimento professionale. Viene poi chiesta anche una maggiore digitalizzazione di questi servizi, così come una minore burocrazia per i datori di lavoro che si rivolgono a questi uffici.

Apertura al confronto

Tante proposte, dunque, per un problema molto complesso. Con la consapevolezza che l’iter parlamentare non sarà facile. Motivo per cui, con una certa dose di realismo, i tre granconsiglieri si sono appellati alle altre forze politiche. «Non abbiamo l’ambizione di risolvere noi tutti i problemi del Ticino. Ma il nostro auspicio è che queste proposte possano fungere da spunti di riflessione e, soprattutto, che riportino e rilancino in Parlamento e in Governo il tema del lavoro, che è il problema numero uno del cantone», ha rilevato Mirante. «Magari in Parlamento o in Commissione - ha aggiunto - si troveranno soluzioni migliori. Ciò che ci preme è che si torni a parlare di lavoro». Concretamente, ha poi spiegato Roncelli, «è nostra intenzione trasmettere tutte le mozioni agli altri partiti, per chiedere loro se vogliono firmarle. E se sarà necessario, ci sederemo al tavolo con chiunque». Già, perché - ha chiosato Roncelli - siamo a bordo di un Titanic che punta dritto a un iceberg: se non vogliamo che le future generazioni scappino dobbiamo darci tutti, Parlamento e Governo, una svegliata. L’auspicio è che ci si renda conto che siamo di fronte a un’urgenza».