Natura

L’ombra del lupo in Capriasca: attaccate altre due capre

Allevatori preoccupati - E i cani da protezione sono sempre in conflitto con gli escursionisti
Sempre al centro del dibattito. ©Shutterstock
Giuliano Gasperi
23.07.2020 19:42

Le analisi del DNA sono ancora in corso, ma i tre attacchi confermati dello scorso aprile fanno pensare che la firma sia la stessa: quella del lupo. Gli ultimi episodi si sono verificati sabato scorso sopra Bidogno e mercoledì sopra Gola di Lago. Vittime due capre: una è stata ferita gravemente, l’altra non ha avuto scampo. La prima bestia appartiene a Maurizio Minoletti, gestore dell’Alpe Rompiago. «Si tratta di un capretto d’allevamento. Un altro risulta disperso. Abbiamo subito un attacco già tre settimane fa e il Cantone ha appena scritto agli allevatori confermando l’accresciuta pressione da parte dei lupi della Morobbia».

Aspettando i risultati degli esami, si riaccende il dibattito sul da farsi. «La soluzione più ovvia è quella di eliminare il predatore. Ci sono i cani di protezione, ma abbiamo continui con gli escursionisti. Alcuni giorni fa l’ennesimo episodio: una ciclista è stata attaccata sulla strada per il Bar». In questi casi bisogna stare alla larga dal gregge, in modo che il cane non pensi di doverlo difendere. «Il problema - osserva Andrea Marzaro dell’Alpe Zalto - è quando le bestie sono in parte sopra e in parte sotto il sentiero. L’istinto è passare in mezzo, ma per il cane non esiste il sentiero. Capisco chi passeggia in queste zone e non si sente al sicuro: non è questa la soluzione».

C’è lo vede solo come un bell’animale. Anche per me lo è, ma non va bene averlo in circolazione in questa zona
(Andrea Marzaro)

Marzaro era il proprietario della capra uccisa mercoledì. «L’hanno trovata i guardiacaccia. Era giovane, probabilmente è rimasta staccata dal gruppo». Sul da farsi, Marzaro non vede molte possibilità. «Non sono favorevole ad abbattere il lupo, sono favorevole al fatto che tutti possano vivere. Chi dice che avere il lupo è una fortuna è perché vive in città e lo vede solo come un bell’animale. Anche per me lo è, ma non va bene averlo in circolazione in questa zona piccola e piena di aziende che vivono con la pastorizia». Alcuni invitano gli alpigiani a chiudere le capre nella stalla la sera, «ma salire dopo una giornata di lavoro, camminare per ore e andare a letto a mezzanotte, con la sveglia che suona alle quattro di mattina, non è fattibile».

È sempre un animale e mi spiacerebbe vederlo morire, ma come facciamo qui?
(Ramona Martini)

Sulla stessa linea Ramona Martini, che ha un’azienda agricola sui monti di Roveredo e che ad aprile ha perso due capre, più una ferita. «Le analisi hanno confermato che è stato il lupo. Ultimamente si muove in basso. Mi hanno consigliato le recinzioni, ma sono scettica: le mie capre sono sempre state libere». Perderle non è solo una questione economica (si va dai 300 franchi l’una) ma anche affettiva: «Chi non fa questo mestiere può vederle come delle semplici bestie, ma per me sono come persone, ognuna con la sua storia». Sono esseri viventi, come il lupo. «È sempre un animale, è vero, e io li amo. Mi spiacerebbe vederlo morire, ma come facciamo qui?».