L'ombra della camorra dietro una società di Paradiso

Il 21 marzo 2019 Salvatore Tamburrino ammazza a colpi di pistola la moglie a Napoli e subito si costituisce. Una delle prime cose che racconta agli inquirenti è dove si trova Marco Di Lauro, a capo dell’omonimo clan camorristico e ricercato da 14 anni. Era lui a curarne la latitanza, e del clan era il cassiere. Diventa, in altre parole, collaboratore di giustizia, e ben presto svela anche tutti gli altri segreti del clan. Gli inquirenti italiani lo ritengono affidabilissimo. Fra le altre cose, racconta di quel suo cugino con un negozio di telefonini a Napoli che lavorava bene, e che aveva saputo far fruttare i soldi del clan, specializzandosi poi nelle frodi carosello e aprendo e gestendo società all’uopo. Almeno una di esse in Ticino, a Paradiso per l’esattezza, di cui è stato gerente (con residenza a Dubai) dal 2019 al 2022. Questa è una delle diverse società ticinesi, almeno cinque, che emergono dalle carte relative alla nuova tornata d’arresti lo scorso giugno nell’inchiesta Moby Dick (di cui diremo meglio fra un attimo). Carte che il Corriere del Ticino ha potuto consultare e che mostrano la centralità di Lugano e della Svizzera nella vicenda. Tutte e cinque le società sono ad esempio oggi gestite da una stessa fiduciaria (o da persone a essa afferenti) di Paradiso che ha di recente spostato la sede legale a Zugo. Ma soprattutto, uno dei due capi della presunta associazione a delinquere e sospettato di aver architettato la gigantesca frode carosello - un 50.enne italiano - ha risieduto formalmente a Lugano fra il 2010 e il 2021 e ancora al momento del suo arresto faceva la spola fra il suo appartamento in città e Milano.
«Reinvestiva capitali illeciti»
Torniamo al cugino del pentito di Camorra. Si tratta di un 49.enne napoletano che avrebbe messo «a disposizione del sodalizio fraudolento numerose complesse strutture societarie costituite anche attraverso il reinvestimento di capitali illeciti del clan camorristico Di Lauro». Fra di esse, la società con sede a Paradiso che si occupa, quantomeno a statuti, di e-commerce. Società di cui, secondo le emergenze investigative, gestiva le comunicazioni sociali e i pagamenti. Il 49.enne era stato arrestato già a fine 2024 ma poi scarcerato per un vizio di forma. Pochi giorni dopo il rilascio era stato controllato con il fratello all’aeroporto di Ginevra in partenza per Dubai. Con sé aveva una carta di credito riconducibile a una società ceca e intestata all’amministratrice unica della fiduciaria con sede fino a pochi mesi fa a Paradiso. Anche la società ceca, sospettano gli inquirenti, era di fatto amministrata dal 49.enne. Ha una succursale a Paradiso la cui direttrice è la fiduciaria.
Il sequestro a Cefalù
È bene precisare che gli organi della fiduciaria di Paradiso non risultano a questo stadio quali indagati nell’inchiesta Moby Dick. Oltre alle due citate, amministrano però almeno altre tre società nominate nelle carte d’inchiesta. A una con sede a Manno si rivolge un altro degli indagati in cerca di un lavoro «ben remunerato», «per cessare la mia collaborazione illecita» con un’altra galassia di società di comodo a Roma che gli fruttava 10.000 euro al mese. Un’altra società di Manno è citata per aver ritardato una trattativa con una delle principali società cartiere italiane. Una terza, con sede a Paradiso, è invece implicata nel sequestro del residence turistico Baia degli Ulivi a Cefalù, in Sicilia. Residence riconducibile a una società italiana, controllata dalla società di Paradiso, controllata a sua volta da una società di Singapore. Gli aventi diritto economico, stando all’inchiesta, sarebbero i due capi dell’intera frode carosello. Il patrimonio immobiliare corrisponderebbe circa a 2,5 milioni di euro, e sarebbe parte dei proventi della frode.
Le istruzioni dal carcere
E veniamo al 50.enne italiano residente a Lugano a capo del presunto sodalizio e tuttora in carcere, che ha in parte ammesso le sue responsabilità, pur ridimensionandole parecchio. Si legge nelle carte: «Ha reso dichiarazioni del tutto inconsistenti circa l’entità e l’allocazione dei profitti illeciti accumulati e dirottati su giurisdizioni favorevoli. Nel contempo è riuscito a veicolare istruzioni dal carcere alla compagna e al padre per trasferire e mettere in sicurezza il patrimonio illecitamente accumulato. Intento dell’uomo, del resto, era rendere dichiarazioni sufficienti per giungere a una rapida conclusione patteggiata del processo a suo carico, con relativa scarcerazione, al fine di poter riprendere nuovamente il business, così come era già riuscito a fare in passato, in occasione della precedente carcerazione preventiva per fatti analoghi risalente al 2010». Il 50.enne, infatti, aveva patteggiato già a fine 2023 a Milano 4 anni di carcere per reati tributari sostanzialmente riferibili ai medesimi fatti. Nei mesi immediatamente seguenti gli inquirenti hanno poi appreso la reale portata della presunta frode, da cui l’inchiesta Moby Dick, una delle più grosse e importanti della breve storia della Procura europea. E, a proposito della compagna del 50.enne, una 48.enne russa attualmente ai domiciliari a Milano, da segnalare che lo scorso anno le era stato pignorato un appartamento a Castagnola per tasse e multe non pagate. Lei è accusata in particolare di riciclaggio, per aver aiutato il compagno dal carcere a mettere al sicuro il proprio patrimonio.
L’altra fiduciaria luganese
Finora gli inquirenti italiani, per quanto noto (il Ministero pubblico, da noi contattato non commenta la vicenda), sono arrivati in Svizzera tramite rogatorie. Con una di esse avevano bussato alle porte di un’altra fiduciaria di Lugano, con sede a Ruvigliana, per ottenere documentazione relativa a diverse società, fra cui una amministrata da un cittadino svizzero (ci torniamo). Anche il titolare di questa fiduciaria, un ex ispettore fiscale, non risulta indagato nell’inchiesta Moby Dick.
Il caso Visibilia
Ricordiamo, per concludere, che la titolare della fiduciaria di Paradiso è coinvolta da qualche mese in un altro caso giudiziario. Una società di gestione patrimoniale, di cui è presidente, è stata di recente commissariata dalla FINMA nel quadro di indagini sulla provenienza dei fondi con cui la stessa società stava per acquistare la maggioranza di Visibilia, una società della ministra italiana Daniela Santanché; acquisto poi sfumato anche in seguito al commissariamento.
Cos’è l’inchiesta Moby Dick
Fatture false per 1,3 miliardi di euro, un ammanco dalle casse dello Stato Italiano di oltre 600 milioni di euro e un profitto di 180 milioni. Sono questi i numeri della frode svelata dall’inchiesta denominata «Moby Dick» e che affonda una parte del suo giro in Svizzera, che sembra essere uno snodo fondamentale per questi fatti. La sospetta associazione a delinquere avrebbe in sostanza commerciato in Europa, tramite diverse società schermo, materiale tecnologico e informatico (ad esempio AirPods) senza dichiarare l’IVA, ottenendo così anche un vantaggio commerciale, potendo vendere la merce (finita soprattutto in Spagna) a prezzi più bassi rispetto ai concorrenti. Gli arresti degli inquirenti italiani (34 in carcere 9 ai domiciliari, su circa 200 indagati) sono avvenuti tra ottobre e novembre dello scorso anno, dopodiché un cavillo procedurale aveva fatto tornare alcuni indagati in libertà. A fine giugno una nuova ordinanza aveva riportato agli arresti 11 persone in precedenza scarcerate, aggiungendo nuovi particolari all’inchiesta licenziata a novembre 2024. Particolari di cui riferiamo nell’articolo principale. L’organizzazione si dipanava in Italia tra Milano, Roma, Napoli e la Sicilia e poi tra Spagna, Svizzera, Regno Unito, Dubai, Moldavia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Olanda, Bulgaria e Romania. Il sistema di frode all’IVA era complesso: nei 3 anni di indagini è emerso l’uso di oltre 140 società con l’ombra lunga di organizzazioni criminali come Cosa nostra e Camorra.
I milioni a Zurigo, la mafia a Martigny
Il sistema ben rodato, oltre il Ticino, ha toccato anche il resto della Svizzera. Ad esempio sui conti aperti presso una banca zurighese riconducibili a due società di Hong Kong e Singapore sono transitati fra il 2020 e il 2023 circa 44 milioni di franchi che si sospettano essere frutto della frode (sono stati sequestrati circa 180.000 franchi). Parte del denaro sarebbe poi confluita, tramite un vorticoso giro societario, nell’acquisto del residence sequestrato di Cefalù di cui si riferisce nell’articolo principale.
Un altro sequestro che riguarda la Svizzera è quello che concerne il complesso turistico Heron’s Bay di Marsala, che una inchiesta della Direzione distrettuale antimafia faceva risalire al boss Giuseppe Calvaruso, ex reggente del mandamento mafioso di Pagliarelli (Palermo), arrestato nel 2021 di ritorno dal Brasile e successivamente condannato a 18 anni. Le quote del complesso turistico erano in mano a una società di diritto italiano oggi in liquidazione. Il capitale sociale di quest’ultima risultava, dai documenti in possesso del CdT, sottoscritto da due società, una di diritto svizzero con base a Martigny e una di diritto cinese. La società individuata in Svizzera, anche questa oggi in liquidazione, risulta riconducibile a uno degli imprenditori della rete di Calvaruso. Anche questo imprenditore è stato arrestato in Brasile nell’agosto nel 2024.
Indagato anche un cittadino svizzero
Fra gli indagati vi è anche un cittadino svizzero residente a Soletta, titolare di una società oggi in liquidazione nel Canton Zugo e riferibile alla fiduciaria di Ruvigliana di cui si dice nell’articolo principale. Società che l’uomo, un 51.enne, ha messo «stabilmente a disposizione del sodalizio», come si legge nelle carte d’inchiesta. Tramite essa avrebbe stipendiato l’italiano 50.enne residente a Lugano, che risultava agente di tale società, con tremila euro al mese e mettendogli a disposizione una Porsche. Per gli inquirenti italiani il 51.enne «è stabilmente inserito nell’organizzazione criminale e partecipa a riunioni operative» con i due capi.