Lugano affamata di bitcoin

«Quale futuro digitale desideriamo?» si chiedeva Lugano lo scorso novembre nell’ambito della Terza Giornata Digitale. Una risposta chiara giunge con il «PlanB» presentato ieri dalla Città al Palazzo dei Congressi di fronte a più di 1.100 persone (biglietti esauriti in una settimana). «B» sta per bitcoin ma anche per blockchain, la tecnologia sottostante alla regina delle criptovalute. Come spiega il sindaco Michele Foletti, la Città da anni si impegna per offrire alla popolazione sempre più competenze digitali: un’esigenza che ha visto una forte accelerazione con la pandemia. Inoltre da tempo esplora il potenziale della blockchain. L’obiettivo è più che ambizioso: far diventare Lugano la capitale europea del bitcoin. «Ci sono già tante realtà sul territorio che lavorano con le criptovalute. Perché quindi non creare una comunità a Lugano fatta di cittadini, aziende e istituzioni che lavorano con e sulle blockchain? Con lo stesso spirito di Lugano Living Lab, cioè quello di mettere le tecnologie al servizio delle persone nella loro vita quotidiana».
Il progetto PlanB si basa su un accordo tra la Città e la società dietro alla criptovaluta tether (tecnicamente una stablecoin, cioè garantisce il cambio 1:1 con il dollaro in ogni momento) e si articola su tre livelli principali. Il primo è la creazione di una formazione specifica (CAS) con il coinvolgimento di USI, SUPSI e Franklin dedicata a professionisti e studenti in ambito informatico. Il secondo è la creazione di un fondo per sostenere le start-up del territorio attive nelle tecnologie blockchain. Infine, la Città ha deciso di accettare bitcoin e tether come pagamento per qualsiasi servizio comunale. Tether s’impegnerà, con un consorzio di aziende, a finanziare 500 borse di studio per il nuovo CAS. Inoltre è tra i principali finanziatori del fondo per le start-up, che «lavoreranno per aiutare le aziende sul territorio ad utilizzare la tecnologia blockchain», spiega Paolo Ardoino, capo della tecnologia di tether. Il fondo per ora punta a raccogliere fra i due e i tre milioni di franchi. Durante la serata pubblica di presentazione si è parlato anche di un fondo da decine di milioni per le start-up del settore.
Uno sforzo importante
Se l’orizzonte temporale per portare il PlanB a pieno regime e verificarne i primi benefici è di circa tre-quattro anni, non è chiaro quanto la Città investirà in questo progetto in termini di risorse finanziarie e umane. «Da anni Lugano investe in tecnologia – spiega Foletti –. Ad esempio con le iniziative a favore dei commerci come prenota.Lugano.ch e il sistema dei LVGApoints. Il municipio sta effettuando un investimento monetario ma anche in formazione dei cittadini. Ora il primo passo è adeguare i sistemi di pagamento del Comune per poter accettare le criptovalute». Per Ardoino, «il ruolo giocato da Lugano è cruciale soprattutto per lo sforzo che effettua per portare la tecnologia blockchain sul territorio».
Dall’istruzione alle banche
I benefici sono molteplici. Abbiamo già citato l’educazione di luganesi e aziende ticinesi a una nuova tecnologia, così come lo sviluppo di nuove competenze in loco. Diventare l’hub europeo del bitcoin significherebbe anche avere un atout ulteriore per attirare aziende e capitali. «Da quando abbiamo lanciato l’evento, parecchie società ci hanno contattati perché stanno pensando di investire qui» spiega il sindaco. Ci potrebbero essere benefici anche per il turismo, aggiunge Ardoino, come nel caso di El Salvador: «Dopo che il bitcoin è stato accettato come moneta legale, il turismo là è aumentato del 30%». Infine, per Foletti, non è escluso che lo sviluppo di un ecosistema attorno alle criptovalute possa giovare alla piazza finanziaria. «Le tre maggiori banche svizzere sono fredde sul tema – ammette il sindaco – ma abbiamo già avuto contatti con istituti più piccoli». Come per i costi, però, la Città non si è ancora data degli obiettivi in termini di benefici del PlanB: monetari o a livello di gettito e posti di lavoro.
Meglio di Zugo (e di Chiasso)
In Svizzera c’è già una cryptovalley: è a Zugo, conta circa 500 aziende e 3.000 dipendenti. La Città però non si lascia intimorire: «A Zugo le aziende vanno per motivi fiscali, ma le persone vivono fuori dal cantone – spiega Foletti –. Lugano invece vuole mettersi al servizio dei cittadini e diventare un attrattore per aziende e talenti». In Ticino c’è poi Chiasso, che da qualche anno offre la possibilità di pagare le tasse in bitcoin. «Sì, ma è un importo molto limitato, 1.000 franchi: scomodo per il contribuente. Poi questa non è un’operazione di marketing, bensì del web 3.0. Una realtà a cui vogliamo preparare i cittadini prima che gli si schianti contro».
E i rischi?
Ogni tecnologia porta con sé dei rischi. Essendo le criptovalute molto volatili, per aggirare il rischio legato al cambio i pagamenti in bitcoin o tether effettuati per i servizi della Città verranno convertiti immediatamente in franchi.
La società Tether Limited negli scorsi mesi è finita sotto la lente delle autorità americane con l’accusa di mancanza di trasparenza su alcune coperture finanziarie. Alla fine ha pagato una multa di 40 milioni di dollari. «Si è trattato di un patteggiamento senza ammissione di colpa» precisa Arduino.
C’è poi il rischio di attacchi informatici, che colpiscono aziende e istituzioni. «Siamo attenti da anni – spiega Foletti –. Certo, non bisogna mai abbassare la guardia». E il rischio di riciclaggio, ben noto a chi tratta le criptovalute? «In Svizzera c’è una regolamentazione seria – ribatte il sindaco – che né vieta le criptovalute, né le promuove in modo scriteriato. Se fossero così pericolose, la Finma non le avrebbe permesse». «Anche con il contante si ricicla – nota Arduino –. E poi, con quello che è successo in Canada e adesso in Ucraina, le criptovalute stanno dimostrando di essere uno strumento che garantisce la libertà finanziaria delle persone: un valore che ben si sposa con la Svizzera». Infine resta il rischio che la scommessa della Città lasci la popolazione freddina. «Non credo! Il pienone a Palacongressi fa bene sperare, così come l’interesse che hanno già mostrato tante società per Lugano, anche a livello internazionale. Crediamo molto in questa tecnologia» conclude Foletti. La Città intanto intende organizzare, per il 26-28 ottobre, il Lugano Bitcoin World Forum: un’altra prima mondiale.
In parole povere
Cos’è il bitcoin?
È una moneta digitale che i suoi possessori conservano in portafogli virtuali. La possono utilizzare per effettuare pagamenti a chiunque li accetti (negozi, società, fra poco anche la Città di Lugano) o per trasferire denaro ad altri utenti. Oppure la possono semplicemente conservare sperando che il suo valore aumenti: un valore che è il mercato a stabilire.
E la blockchain?
È una specie di registro digitale condiviso che facilita il processo di catalogazione di vari beni. Questi possono essere tangibili (case, automobili, soldi, terreni) oppure intangibili (proprietà intellettuali, brevetti, copyright, marchi, transazioni commerciali in tutte le loro tappe). In pratica, qualsiasi cosa che abbia un valore può essere registrata, rintracciata e scambiata con altre persone su una rete blockchain.
Il vantaggio è quello di ridurre
i rischi e i costi (non servono intermediari) per tutte le parti interessate.