Lugano: in vetrina poche idee contro la crisi

Il black friday di questa settimana aprirà la caccia agli acquisti natalizi, anche se qualcuno si è già mosso e ha messo a segno i primi colpi (cioè ha comprato i primi regali, non fraintendeteci). Per chi sta dietro i banconi, questo periodo dell’anno è quello che agosto è per gli albergatori. Come si stanno preparando i commercianti di Lugano? Immaginiamo che saranno impegnati ad allestire vetrine e studiare promozioni, ma il loro pensiero corre inevitabilmente oltre, verso quella massa invisibile che si chiama mercato e che negli ultimi anni, per vari motivi, ha regalato poche soddisfazioni. I clienti arriveranno o preferiranno fare acquisti altrove, cioè in altri luoghi o in altre dimensioni come quella di Internet?
Ginevra non ispira
Una spinta ai negozianti locali possono darla le agevolazioni che la Città ha introdotto l’anno scorso e che, salvo sorprese, dovrebbero essere confermate per quest’anno, ossia la gratuità dei bus in certi giorni e quella dei posteggi per chi fa compere. In più c’è l’uso gratis del suolo pubblico per decorazioni o installazioni. Basterà? L’impressione diffusa è che no, non sarà sufficiente: per contrastare le crisi servono idee nuove e vincenti. Una cinquantina di colleghi di Ginevra ci ha provato lanciando una piattaforma online (geneveavenue.ch) su cui vendere i prodotti dei rispettivi negozi fisici: una sorta di «Amazon regionale», se Jeff Bezos ci concede l’espressione. Se n’è parlato anche a Lugano, nel senso che la Divisione Sviluppo Economico della Città, lo scorso ottobre, ha promosso una serata in cui sono state presentate questa e altre soluzioni creative. L’idea era quella di dare uno spunto, di fare almeno scoccare una scintilla che innescasse qualcos’altro, ma finora non ci sono molti segnali in tal senso.
Internet in ogni caso
Perché la Geneve Avenue non ha fatto breccia? La Federcommercio Ticino, come spiega la sua presidente Lorenza Sommaruga, ha ricevuto diverse proposte di questo tipo, «ma a parere mio e di altre associazioni di negozianti, tali piattaforme sono ancora troppo difficili da gestire». «Ogni attività deve inserire molte informazioni – prosegue Sommaruga – e ciò richiede un tempo che i piccoli negozianti non hanno, anche perché la crisi li ha costretti a ridurre il personale». È poi una questione di tipologia della merce, «perché alcuni negozi vendono prodotti acquistati da fornitori che fanno a loro volta e-commerce, ma a prezzi inferiori». Obiezione accolta. Respinta, invece, se parliamo di prodotti artigianali locali: quelli non si possono trovare altrove. La presidente della Federcommercio crede comunque che quella digitale sia una via da seguire, magari iniziando da cose semplici come avere una pagina aziendale su Instagram. «Inoltre sarebbe utile avere un sito web che riunisca tutti noi commercianti e ci aiuti a veicolare le informazioni». La base di tutto, però, secondo Sommaruga, è un’altra. E qui non c’entra il mondo digitale. «Ognuno di noi deve fare molto bene il proprio mestiere, proponendo un ottimo servizio, fidelizzando i clienti, offrendo merce attuale e attrattiva e aprendo quando ci viene concesso di farlo». Un riferimento a chi non sfrutta le deroghe per alzare le serrande durante certi giorni festivi.
La doppia maglietta
La via ginevrina non convince nemmeno Paolo Poretti, presidente della Società commercianti di Lugano. «Un negozio online di questo tipo è difficile da organizzare. Pensiamo solo alla gestione del magazzino: se un utente acquista una maglietta online, il commesso non lo nota subito e poco dopo vende la stessa maglietta a un cliente del negozio fisico, ed era l’ultima rimasta di quella taglia, cosa succede? Diventa complicato. Bisogna anche fotografare e descrivere tutta la merce e, come detto, aggiornare continuamente le disponibilità». Come Sommaruga, Poretti è d’accordo che qualcosa a livello digitale debba essere fatto, ma questo qualcosa è ancora avvolto nella nebbia e le strategie per questo Natale, complessivamente, non dovrebbero essere molto diverse da quelle di un anno fa. «Noi negozianti siamo tutti pronti, ben disposti e per natura ottimisti – conclude Poretti – Poi chiaramente le scelte spettano ai clienti». Per sensibilizzarli è stata lanciata una campagna pubblicitaria. «A parte questo, possiamo farci poco».