Lugano, sprichst du Deutsch? Più o meno

LUGANO - «Sprechen Sie Deutsch?» domanda il turista. «J...a, ein bisschen» risponde Lugano. Quel «sì» un po’ titubante è il riassunto del nostro piccolo reportage in città per vedere come se la cavano gli operatori turistici con i clienti che parlano tedesco. Non pretendevamo di stabilire il livello medio delle loro conoscenze linguistiche – per quello servirebbe un campione strutturato, noi abbiamo semplicemente seguito la giornata di un ipotetico visitatore, parlando solo tedesco – volevamo mettere in luce un aspetto cruciale per chi è attivo in questo settore e di riflesso per tutta Lugano. Perché il rilancio passa anche da lì.
Sono le 8 di un lunedì d’agosto e dopo un giretto in città è il momento di fare colazione. In un ristorante italiano veniamo accolti dal sorriso stampato sul viso di un cameriere e quando si tratta di ordinare ci sembra di giocare al mimo: c’intendiamo solo a gesti, ma alla fine le nostre richieste vengono soddisfatte: un succo d’arancia e un cornetto. Niente male come inizio. E come dimostrazione che una lacuna linguistica non è la fine del mondo: con la volontà e un po’ di fantasia si può capire e farsi capire, almeno per lo stretto necessario. Non va esattamente così quando alle 9 ci fermiamo in un bar per bere un caffè freddo. «Ich möchte gern einen kalten Kaffee». Risposta: uno sguardo interrogativo. Ripetiamo il desiderio in francese, ma noi non siamo fortunati e la cameriera sembra spazientita. L’ultima carta è l’inglese, anche se «cold coffee» potrebbe trarre in inganno vista l’omofonia fra «cold» e «caldo». Come non detto: l’espresso ci viene servito bollente. Accortasi del malinteso, la ragazza chiede scusa e si congeda.
Un kebab con l’intuito
La colazione non era molto sostanziosa e presto sentiamo di avere il classico buco nello stomaco. Nell’aria si sente profumo di kebab ed è impossibile non seguirlo. Contrariamente alle nostre previsioni, l’uomo dietro al bancone capisce il significato di «ohne Zwiebeln» (senza cipolle) pur non parlando una parola di tedesco e dopo un breve scambio di gesti il panino viene preparato esattamente come l’avevamo chiesto. Calmati i morsi della fame, ci ricordiamo che dobbiamo ancora trovare un posto per passare la notte. Ci attira l’insegna luminosa del Punto Città, anche se teoricamente non è un ufficio turistico. In ogni caso il personale se la cava egregiamente indicandoci sulla cartina una serie di hotel, con tanto di opzioni low cost. Preso l’albergo, passiamo allo shopping. In un negozio di vestiti, la nostra necessità di comprare dei «lange und leichte Hosen» (pantaloni lunghi e leggeri) non viene decifrata immediatamente. «Nein Deutsch», dice la commessa con un mezzo sorriso, poi ha un’illumazione: «Hosen? Ah sì, pantaloni!». Scampato il pericolo, ci mostra gentilmente tutto l’assortimento.
Somting tu drinc
Tra una cosa e l’altra si è avvicinata l’ora di pranzo. Accomodati al tavolo di un ristorante del centro, notiamo di non essere gli unici a rivolgerci al cameriere in lingua straniera. Lui, che deve aver spesso a che fare con una clientela estera, chiede cortesemente di conferire in inglese anziché in tedesco o francese. Qualche volta ci possiamo pure adattare, no? Raggiunto l’accordo riescono tutti a comunicare senza problemi, pur con l’inevitabile accento italiano applicato alla lingua inglese: «Du iu uont olso somting tu drinc?» (vuole anche qualcosa da bere?). Noi qualcosa da bere ce lo prendiamo più tardi, dopo una passeggiata sul lungolago. La gola secca ci porta a un bar. Sarà anche l’occasione per carpire qualche informazione sui luoghi e le cose da fare più interessanti a Lugano. È vero, ci sono gli uffici turistici, c’è Internet, ma è risaputo che la «gente del posto» può dare ottimi consigli. Quindi, «Was muss man in Lugano unbedingt besuchen?» (cosa bisogna assolutamente visitare a Lugano?). Come accaduto per il «cold coffee», la risposta della barista è un grande punto di domanda. Dopo qualche secondo di silenzio e imbarazzo, passiamo al francese. «Eh insomma, il francese...». D’accordo, proviamo con l’inglese. Ormai è una sequenza collaudata. Capirsi rimane arduo, ma una cosa è certa: le vette dei monti Brè e San Salvatore meritano assolutamente una visita.
Gelateria e LAC alla pari
Che giornata sarebbe senza una pausa-gelato? Appunto. Ad una gelateria affacciata sul Ceresio, ottenere «ein Eisbecher mit Kaffee und Beeren» (una coppetta al caffè e ai frutti di bosco) non è un problema: il tedesco è immediatamente capito senza dover ripetere nulla e la risposta arriva naturale, come fossimo sulle rive del lago di Brienz. Pensando a cosa fare la sera e attratti da quello strano edificio ricoperto di marmo verde, entriamo al LAC per chiedere lumi sui prossimi spettacoli. Come previsto, il plurilinguismo non è un ostacolo per chi lavora alle casse. Tutti i visitatori in quel momento sono svizzeri tedeschi e possono fare domande nella loro lingua madre. Noi poi, contagiati dall’atmosfera culturale, facciamo un salto in libreria. Al commesso abbiamo chiesto di trovare un manuale d’italiano per principianti. Si nota un po’ di imbarazzo, forse dovuto alla non perfetta padronanza del tedesco («Ehm... wir haben nicht viele», non ne abbiamo tanti), ma anche una grande disponibilità a soddisfare le nostre richieste. Si scusa perché il manuale più completo è in inglese, poi ne trova altri due in tedesco. Il sole volge al tramonto. Prima di cena (ringraziando il Punto Città) andiamo a riposarci un po’ in albergo. Appena entrati veniamo salutati con un «guten Abend!» (buonasera!). Messaggio ricevuto, anche qui il plurilinguismo è di casa. Sarà la stanchezza della giornata, sarà lo sforzo del districarsi fra varie lingue, sarà il kebab che presenta il conto al nostro stomaco... ma una volta sul letto le palpebre si fanno pesanti. Gute Nacht.
LE REAZIONI
Chi perdona e chi no
Noi l’esperienza del turista l’abbiamo simulata, ma cosa pensa chi lo è sul serio? «Da svizzere tedesche è molto difficile farsi capire a Lugano – dichiara un gruppo di amiche – ma non ci lamentiamo. In fondo anche il ticinese che va in Svizzera interna non ha possibilità di parlare italiano, è normale». Come abbiamo visto in molti casi si ripiega sull’inglese, ma la scorciatoia non è apprezzata da tutti. «A noi è capitato di sederci in un bar e il cameriere, sentendoci parlare tedesco, si è rivolto a noi in inglese – commenta una coppia in vacanza a Lugano – Alla nostra risposta in italiano è rimasto a bocca aperta. Ma come: abbiamo quattro lingue nazionali e non riusciamo a trovare un punto d’incontro?». Ci sono anche giudizi positivi. «Noi non abbiamo avuto nessun problema – osservano due amici – siamo qui di passaggio, però in questo bar abbiamo potuto ordinare parlando tedesco e siamo stati capiti». Dello stesso parere una coppia di donne, una proveniente dall’Australia e l’altra residente a Caslano, ma entrambe germanofone: «Sì, da questo punto di vista siamo molto soddisfatte – fa sapere la signora australiana – La Svizzera in generale è una meta molto ambita proprio per la sua flessibilità linguistica. In Italia, per esempio, questa flessibilità manca».
L’appello dell’ente
Il direttore di Lugano Region Alessandro Stella si dice abbastanza soddisfatto di quanto scaturito dal nostro reportage: «Sinceramente mi sarei aspettato risultati peggiori. Ad ogni modo, visto che il 60% del nostro turismo è svizzero e germanico, il livello di tedesco dovrebbe essere alzato, soprattutto nei bar e nei ristoranti. Negli alberghi c’è già più una tradizione a mantenere alta l’asticella. Poi c’è una grossa parte di turisti che non sa né il francese né il tedesco. Per questo ci orientiamo di più all’inglese, che in generale il germanofono conosce discretamente». Stella invita anche a considerare un altro aspetto relativo a chi opera nel settore: «Se fra i criteri d’assunzione ci fosse un certo livello di conoscenza del tedesco, il personale verrebbe a costare di più e occorrerebbe assumere frontalieri».