Prospettive

Lungolago di Lugano pedonale: bello, bellissimo, ma impossibile

L’ingegnere del traffico Gianni Brugnoli smorza sul nascere l’entusiasmo di un «quai» completamente pedonale – «Al momento non esiste alcun itinerario alternativo per spostare le 22.000 auto che lo attraversano ogni giorno»
Una vista aerea del quai luganese. (Foto Pedrazzini)
Giacomo Paolantonio
30.12.2018 15:22

È un sogno meraviglioso, di quelli ricorrenti, la pedonalizzazione totale del lungolago di Lugano, di cui si discute da almeno mezzo secolo. Negli ultimi anni, complice la significativa diminuzione dei veicoli in transito lungo le rive del Ceresio dopo l’avvento del Piano Viabilità del Polo Luganese (PVP), il dibattito è destinato a riprendere quota. Infatti dal 2016 a oggi sono state presentate in Consiglio comunale almeno una decina di atti sul tema. Per il Municipio di Lugano i tempi sono maturi affinché si prenda una decisione, che non dovrebbe tardare, stando a indiscrezioni (si veda la scheda sotto). Tuttavia il parere dell’ingegnere del traffico Gianni Brugnoli lascia poche speranze per una soluzione in un futuro prossimo. Secondo l’ingegnere, che è attivo in molti dossier caldi per la viabilità cantonale, a meno che non si progettino interventi costosi e invasivi, togliere le auto dal lungolago sarebbe insostenibile per l’intera viabilità del distretto, visto che è già ampiamente satura. Tra le tante cose, l’ingegner Brugnoli si è occupato di progetti come il potenziamento dell’autostrada A2 tra Lugano e Mendrisio, il progetto tram-treno del Luganese, la circonvallazione Agno-Bioggio, il piano viario di Locarno, il progetto del lungolago di Paradiso, i nuovi autosili e la viabilità del Comune di Morcote.

Ingegner Brugnoli, la domanda ormai è tornata d’attualità. Il lungolago si può chiudere alle automobili oppure no?
«Purtroppo la risposta è ’’no’’ e sottolineo purtroppo, perché è di stretta attualità anche l’ormai prossima realizzazione della prima tappa del tram-treno. Se si vorranno realizzare anche le altre tappe, in particolare l’asta verso il Pian Scairolo, sarebbe molto utile ridurre le automobili sulla riva del Ceresio, visto l’importante ingombro delle strutture tramvarie. Ma allo stato attuale è assolutamente inverosimile chiudere al traffico il lungolago di Lugano, per la semplice ragione che non esiste alcun itinerario diverso per spostare altrove le auto che lo attraversano ogni giorno. Questo benché, grazie all’apertura della galleria Vedeggio-Cassarate, il traffico in riva al Ceresio sia comunque drasticamente diminuito. Avere un lago, rispetto a una città qualsiasi, significa che quando si vuole chiudere una strada, invece di due alternative, ne abbiamo una sola. Nel caso di Lugano l’unica alternativa si chiama via Maraini, che tuttavia è una strada già assolutamente congestionata, stretta e nemmeno ampliabile».
Parliamo di cifre. Quali sono i volumi di traffico stradale che dobbiamo considerare?
«Oggi sul lungolago di Lugano passano circa 22.000 automobili al giorno, mentre per via Maraini ne viaggiano quasi altrettante: 21.000. Partendo dal modello di traffico cantonale, ho potuto fare la simulazione di che cosa accadrebbe se, per assurdo, si decidesse di sbarrare il lungolago durante un giorno feriale. Lungo via Maraini il traffico salirebbe a 31.000 auto, cioè 10.000 in più. A ciò bisogna aggiungere, col lungolago chiuso, altri 1.500 veicoli in più per via Sorengo-via Antonio Riva e addirittura 7.000 lungo l’autostrada. Delle cifre anche queste insostenibili per quegli assi».
Ma è davvero impossibile come può sembrare? In fondo, già oggi, capita che si chiuda il lungolago, per degli eventi...
«Si sbarra il lungolago per delle manifestazioni che si concentrano nel fine settimana, e nonostante questo gli abitanti di via Maraini hanno chiesto di limitare queste chiusure festive, perché ritengono che già così la situazione sia difficile. Si figuri in un giorno feriale. La mattina, anche col lungolago aperto, ci sono regolarmente code che partono da dentro lo svincolo di Lugano Sud e che arrivano quasi fino alla stazione FFS. La sera invece, il traffico che passa per Loreto arriva a intasare il tunnel di Besso, benché comunque quest’ultimo quartiere e Massagno abbiano beneficiato molto del tanto vituperato Piano della viabilità del Polo luganese (PVP)».
Per la zona della stazione FFS di Lugano, anche se l’iter procedurale è ancora in fase piuttosto embrionale, è ormai praticamente certa l’intenzione di costruire una strada definita ad anello. Non basterebbe questo intervento di potenziamento per chiudere il lungolago al traffico una volta per tutte?
«No, perché tale intervento andrebbe ad ampliare l’asse alternativo al lago unicamente tra il Tassino e la zona di Via Basilea. Dunque è troppo corto. L’unica vera possibilità per sfruttare la direttrice di Loreto era il progetto abbandonato già in fase di cantiere negli anni Sessanta del secolo scorso, di cui oggi vediamo ancora l’incompiuto cavalcavia Brentino, proprio all’uscita di Lugano Sud. Era stata immaginata un’imponente strada sopraelevata, con l’aggiunta di un tunnel che sarebbe dovuto sbucare nella valle del Tassino, che era figlia dell’epoca in cui c’erano ancora “l’euforia stradale” e una coscienza ambientale ed ecologica molto minori di oggi».
Mettiamo da parte l’asse della stazione FFS. Mi diceva che lungo l’autostrada A2, senza il passaggio accanto alle rive del lago, il traffico aumenterebbe di settemila automobili al giorno, cifra anch’essa improponibile. Tuttavia è notizia certa che la Confederazione ha accettato il principio di potenziare l’autostrada A2 da Lugano a Mendrisio. Sarebbe comunque un intervento utile anche per la chiusura del lungolago?
«Certo. Quei 7.000 veicoli in più al giorno potrebbero diventare sostenibili con la terza corsia dell’A2 se prolungata fino a Lugano-Nord, ma stiamo parlando del 2040 e resta valido quanto detto sopra per la viabilità ordinaria, che non sarebbe in grado di reggere il resto del carico generato dalla chiusura del lungolago».
Lei sa meglio di me che, ormai una trentina di anni fa, l’architetto Mario Botta propose di realizzare un tunnel subacqueo e anche un posteggio sotterraneo, che potrebbe essere risolutore. Lei che cosa ne pensa?
«Ritengo che vada sottolineato come quella proposta implicasse anche un cambiamento morfologico della riva del lago, cioè un ampliamento della passeggiata, che potrebbe arrivare a costare anche 50-100 milioni di franchi, per appena trecento metri di strada. Siamo sicuri che sia giusto mettere mano in maniera incisiva in un contesto di straordinario valore paesaggistico come il golfo di Lugano? Poi, per carità, ci sono i cinesi che costruiscono ponti di cinquanta chilometri sul mare...».
Ma non c’è perlomeno un esempio di un’altra città che Lugano potrebbe seguire?

«Lungo il lago di Locarno si è potuto fare molto grazie alla galleria Mappo Morettina, che in particolare ha sgravato Via Simen a Minusio. Ma se guardiamo a Como, sono decenni che si pongono le stesse nostre domande e neanche loro trovano una soluzione. Andando oltregottardo, è emblematico il problema di Ginevra, dove è altrettanto annoso il dibattito sulla “traversée de la rade”. Ci sono il lago Lemano, un fiume e la città che sta da entrambe le parti. Alternative plausibili non ce ne sono e forse non se troveranno mai, perché se ci fossero, sarebbero già state realizzate o perlomeno progettate. Vale anche per Lugano, che è una città piccola, ma coi problemi di quelle grandi».