Sicurezza stradale

Ma voi comprereste un’auto che va al massimo a 180 km/h?

Dopo Volvo, anche Renault e Dacia limiteranno la velocità massima dei propri veicoli - «Ma la disattenzione in Svizzera fa più vittime» afferma Laurent Pignot, portavoce del Touring Club Svizzero
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Marcello Pelizzari
05.05.2021 16:50

Un anno fa, la notizia era passata (quasi) inosservata. Complice, va da sé, la pandemia. Volvo, rinomata casa automobilistica svedese, aveva compiuto un ulteriore passo verso la sicurezza. Un passo deciso, per certi versi controcorrente. Tutti i nuovi modelli, recitava il comunicato stampa, avranno una velocità massima di 180 chilometri orari. Urca. L’obiettivo? «Contribuire a eliminare completamente i casi di lesioni gravi e decessi in incidenti stradali». Un primo annuncio, in questo senso, era stato fatto addirittura nel 2019.

Nei giorni scorsi, invece, a limitare la velocità sono stati Renault e Dacia. Stesso numero (180) e medesimo sentimento: bisogna «ridurre drasticamente il numero di incidenti gravi». Chissà cosa direbbe, oggi, Filippo Tommaso Marinetti. Il poeta e scrittore italiano, fondatore del movimento futurista, esaltava il progresso e di riflesso la velocità. E proprio all’automobile aveva dedicato versi clamorosi.

Statistiche in aumento

In Svizzera, statistiche alla mano, le vittime di incidenti stradali nel 2020 sono aumentate: 227 in totale, 40 in più rispetto all’anno precedente (+21,4%). Nel dettaglio, sono aumentate altresì le vittime della velocità: 41 morti, infatti, sono imputabili al piede troppo pesante. Erano 30 un anno prima. A livello percentuale parliamo di un +36,7. Le cifre, insomma, aiutano a comprendere meglio le strategie adottate da Volvo e Renault. «Evidentemente, però, è troppo presto per dire se queste scelte avranno o meno un impatto sulle statistiche» dice Laurent Pignot, portavoce del Touring Club Svizzero. Né, al momento, è dato sapere se le vendite di modelli «limitati» stanno andando bene. «Noi, come Touring, accogliamo favorevolmente ogni dispositivo e ogni tecnologia capaci di contribuire alla sicurezza stradale». Tradotto: meglio, molto meglio avere automobili meno performanti. «Però, ribadisco, sul discorso dei 180 chilometri orari non abbiamo al momento abbastanza elementi per stilare un bilancio. È interessante, tuttavia, notare come la velocità venga trattata dagli stessi costruttori».

Maledetta distrazione

In effetti, quantomeno a livello svizzero, se parliamo di incidenti mortali o feriti gravi «la velocità c’entra relativamente» prosegue Pignot. «La credenza popolare è che invece sia in cima alla lista delle cause, mentre nella maggior parte dei casi a incidere sono la disattenzione o il mancato rispetto delle distanze di sicurezza». E ancora: «La velocità, lo dicono le statistiche, è una voce importante nelle statistiche. Ma, appunto, la disattenzione provoca più morti. O anche il mancato rispetto di una precedenza. Non a caso, noi come Touring da anni sensibilizziamo i nostri soci e l’opinione pubblica proprio sulla disattenzione. Con questo, è ovvio, non voglio dire o sostenere che la velocità non sia un problema. Allo stesso tempo, però, non è il solo elemento da tener presente né può essere l’unico colpevole».

Il senso della velocità

Al di là della voglia (eccessiva?) di sicurezza di Renault e Volvo, è bene considerare l’orizzonte entro il quale può muoversi un automobilista. La domanda, banale, è sempre la stessa: ha senso offrire modelli capaci di prestazioni super quando basta poco, pochissimo per infrangere le norme della circolazione, in Svizzera come all’estero? «La scelta dei costruttori in questione, è vero, potrebbe essere dettata dagli attuali limiti. In Europa, ma direi nel mondo. Sono considerazioni che probabilmente i costruttori hanno fatto». E pazienza se Renault ha deciso di escludere, dal suo piano strategico per la sicurezza, il brand sportivo Alpine. Una piccola, ma significativa, incoerenza.

Le decisioni di Volvo e, in seguito, del gruppo Renault hanno ovviamente sollevato dubbi, polemiche, questioni. C’è chi ha tirato in ballo la libertà del cittadino e chi, visto il momento storico, adesso preme perché si scenda addirittura a 110 o 130 chilometri orari. Ma c’è, soprattutto, un discorso di educazione stradale a monte. Correre su un’autostrada deserta, di per sé, potrebbe non essere un problema. Né un pericolo. Non quanto la guida sotto effetto di droghe, alcol o, venendo alle parole di Pignot, tenendo occhi e mano sullo smartphone. Come la mettiamo?