Maestra manesca? Non proprio

BELLINZONA - A un anno e poco più dai fatti e a cinque mesi e mezzo dal decreto d'abbandono emesso nei suoi confronti (decisione cresciuta in giudicato), è sempre sospesa la maestra della scuola dell'infanzia di Cadenazzo finita a suo tempo sotto inchiesta per presunti comportamenti maneschi su un bambino. Come appreso negli scorsi giorni dal Corriere del Ticino, contro la misura cautelativa decisa dal Municipio (e confermata dal Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport) nella prima metà del febbraio 2015 la stessa insegnante ha interposto ricorso al Consiglio di Stato. La censura – che non ha effetto sospensivo – è tuttora pendente. E pertanto la donna non ha potuto fare ritorno in classe nonostante la procuratrice pubblica Pamela Pedretti abbia concluso, l'autunno scorso, che non vi erano gli estremi per chiedere una condanna.
La docente ritiene ingiusto ed esagerato il provvedimento adottato nei suoi confronti dall'Esecutivo. Che nel frattempo ha ricevuto il rapporto, elaborato da una speciale commissione, sull'inchiesta amministrativa aperta a carico della donna. Indagine, ricordiamo, che era stata «congelata» in attesa della conclusione della procedura avviata dal Ministero pubblico al quale l'autorità politica aveva trasmesso l'incarto. Dal dossier, stando alle informazioni in nostro possesso, non emergerebbe niente fuori dall'ordinario. Il sindaco Flavio Petraglio e i colleghi ne hanno discusso di recente con le parti in causa ed entro l'inizio di aprile il caso dovrebbe essere definitivamente chiuso. Tutto era partito, ricordiamo, dalle segnalazioni di due madri, secondo le quali l'insegnante avrebbe avuto degli atteggiamenti sopra le righe nei confronti di uno dei loro figli. La procuratrice pubblica Pamela Pedretti non aveva però ravvisato niente di penalmente rilevante.
La maestra (che aveva ottenuto il sostegno di 15 mamme) ha intanto querelato per diffamazione le due madri che le avevano puntato il dito contro.