Maltrattamenti al nido: i dubbi dopo lo choc

Quella dei presunti maltrattamenti all’asilo nido di Taverne è una vicenda delicata. Anzi, delicatissima. Lo è in primis per l’età delle presunte vittime e il senso di smarrimento dei loro genitori, ma lo è anche per il sentimento che ha generato in molte mamme e molti papà in Ticino. «Se non posso essere certo che mio figlio sia al sicuro in un luogo che ha proprio la sicurezza e la cura come scopi, quali certezze mi rimangono?», è una delle riflessioni che abbiamo sentito più spesso in questi giorni da parte di chi ha figli o li sta aspettando. Di certo, per ora, ci sono le ipotesi di reato nei confronti di due educatrici della struttura - una 41.enne portoghese, ex responsabile educativa, e una 24.enne svizzera - finite in manette negli scorsi giorni: coazione, lesioni semplici, vie di fatto e violazione del dovere di assistenza o educazione. Al momento si parla di strattonamenti, modi bruschi e utilizzo di linguaggio inappropriato. Tra le famiglie coinvolte, tre hanno deciso di cambiare struttura e stanno cercando un’alternativa. Come ci spiega Marco Galli, a capo dell’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani (UFAG), tre sono anche le famiglie che si sono rivolte al Servizio per l’aiuto alle vittime di reati. Inoltre, oggi è in programma un incontro tra UFAG, ATAN e l’associazione del nido per garantire ulteriore supporto.
Competenze e deleghe
Non è ancora chiaro, invece, se l’asilo si sia costituito accusatore privato nei confronti delle due ex dipendenti o se abbia intenzione di farlo. Sembra di sì, ma la responsabile amministrativa - da noi contattata - fa sapere di non voler rilasciare dichiarazioni fino alla conclusione dell’inchiesta. Inchiesta che dovrebbe anche far luce sul ruolo dei vertici della struttura (composti da due responsabili amministrative e dalla presidenza del comitato dell’associazione che gestisce l’asilo) nella segnalazione dei presunti abusi. Come anticipato, il nido è in mano a due famiglie. Proprio di una di queste fa parte l’educatrice 24.enne, che ha stretti legami di parentela con una delle due direttrici amministrative e con una delle persone ai vertici del comitato. La direttrice in questione svolgerebbe funzione di contabile, mentre il presidente del comitato avrebbe delegato alcune competenze all’altra direttrice (con la quale è lui ad avere legami stretti di parentela), come la gestione dei rapporti con l’UFAG. Legami familiari che, seppur consentiti dalla legge (è specificato solo che chi è alle dipendenze del nido non può far parte del comitato dell’associazione che lo gestisce), fanno riflettere sul rischio di eventuali conflitti di interesse e sulle modalità di controllo. Anche per questo l’UFAG, sottolinea Galli, «promuove la pratica di aprire il comitato di associazioni del genere, ad esempio a genitori che frequentano il nido e a membri del Comune, con lo scopo di renderlo più competente: tante associazioni hanno accolto e messo in pratica questa raccomandazione, altre no». E il nido di Taverne fa parte della seconda categoria.
Era andata diversamente
Nel 2015, quando era emerso un caso di maltrattamenti da parte di un’educatrice in un nido di Cadempino, il ruolo della direttrice della struttura era stato centrale. Era stata lei a denunciare la maestra in seguito alla segnalazione di alcuni colleghi dell’educatrice (a Taverne sarebbe stato un genitore), che l’avevano sorpresa mentre stava maltrattando un bimbo. La donna era stata condannata a 6 mesi sospesi per tre casi di maltrattamento. Dopo l’emergere del caso, l’UFAG aveva organizzato una «vigilanza straordinaria» all’asilo. Insieme alla promozione della qualità e alla formazione, la vigilanza è lo strumento di controllo e prevenzione nelle strutture. In base all’Ordinanza sull’accoglimento di minori a scopo di affiliazione, i rappresentanti dell’UFAG effettuano infatti controlli ogni due anni per verificare il rispetto dei requisiti di legge e il funzionamento dell’asilo nido. Si tratta di visite annunciate («per incontrare più collaboratori e non stravolgere la quotidianità dei nidi» si legge nelle Linee guida pubblicate dal DSS), ma come funzionano? Risponde Marco Galli: «Vengono esaminati il grado di formazione del personale, l’organizzazione dei turni, le procedure pedagogiche, eccetera. La vigilanza viene attuata sul posto con l’osservazione delle pratiche educative e lo svolgimento di colloqui; dopo la visita viene fornito un resoconto dettagliato della situazione che comprende aspetti positivi, eventuali richieste e raccomandazioni. Il tutto si conclude con un colloquio con la direzione e i rappresentanti dell’associazione». Una struttura può poi essere messa sotto un regime di vigilanza straordinaria. «Questo accade - continua - dopo una segnalazione da parte di un genitore o di un collaboratore e, a dipendenza di cosa viene rilevato, chiediamo correttivi oppure segnaliamo il caso alla polizia». Nel nido di Taverne, spiega, la «vigilanza ordinaria avveniva regolarmente». Di più, al momento, Galli non ci può dire. Restano quindi delle domande aperte sull’efficacia dei controlli così come sono organizzati oggi, in particolare sulla loro frequenza e sul fatto siano annunciati. Se ne sono occupati anche i granconsiglieri del MPS che, in un’interpellanza, chiedono quando sia stato effettuato l’ultimo controllo, se dopo gli arresti la struttura sia stata posta sotto sorveglianza speciale e se non sarebbe meglio effettuare vigilanze a sorpresa e non annunciate. Infine, chiedono informazioni sul ruolo delle associazioni che gestiscono gli asili nido in materia di vigilanza.