Malversazioni milionarie, tutti condannati

Era il 2012, quando al Ministero pubblico della Confederazione giungeva una segnalazione dalla Direzione investigativa antimafia di Roma per riciclaggio di denaro. Denaro in odore di mafia. Inchiesta in cui veniva coinvolto Rocco Zullino, gestore immobiliare e direttore della filiale luganese della banca Hottinger (tecnicamente era gestore immobiliare esterno), oltre che il suo impiegato Alfonso Mattei e un napoletano, Eduardo Tartaglia. Il processo ai tre, di cui abbiamo atteso la sentenza prima di fare i nomi, si è tenuto nelle scorse settimane, e la sentenza del Tribunale penale federale, presieduto dalla giudice Fiorenza Bergomi, è stata pronunciata poco fa. Zullino è stato condannato a tre anni di carcere (24 mesi sospesi), Mattei a 18 mesi interamente sospesi e a una pena pecuniaria, e Tartaglia (che non ha presenziato al processo) a una pena pecuniaria sospesa. A favore di tutti è stata riconosciuta la violazione del principio di celerità e il lungo tempo trascorso dai fatti.
Da allora sono infatti passati dieci anni. E, soprattutto, da allora è caduta l’accusa di riciclaggio di denaro, ed è stato escluso che Zullino e Mattei abbiano avuto a che fare con la mafia. I tre sono stati condannati per altri reati, a vario titolo: Amministrazione infedele qualifica ripetuta, truffa ripetuta e falsità in documenti ripetuta. L’inchiesta si è insomma ridimensionata nel tempo.
Cosa ne è rimasto? Si tratta, in sostanza, di diversi reati commessi in ambito di gestione patrimoniale. Zullino è stato condannato per aver compiuto investimenti (disastrosi) in prodotti derivati o azioni rischiose contrariamente alla volontà dei suoi clienti, senza dar loro informazione di quanto fatto. Ha inoltre trattenuto ingenti retrocessioni che spettavano ai clienti stessi. Talmente tante che la giudice Bergomi ha notato che la sua società (prima Hottinger et Associés Lugano SA, poi RZ et Associés Lugano SA) stava in piedi grazie a esse: “L’incasso delle retrocessioni costitutiva la più importante fonte di reddito”. Zullino e Mattei hanno inoltre falsificato le firme di alcuni clienti sfruttando la fiducia di cui godevano presso banca Hottinger per creare bonifici atti a finanziare l’acquisto di questi prodotti (da cui le accuse di truffa e di falsità in documenti) o per scopi personali. Per quanto riguarda Mattei l’atto d’accusa è stato interamente accolto, mentre per Zullino vi sono stati alcuni proscioglimenti e abbandoni per prescrizione.
Zullino era poi accusato di falsità in documenti per due episodi in correità con Tartaglia, in relazione a un cliente e al Fondo edifici di culto dello Stato italiano. In entrambi i casi le modalità sono state simili: i clienti sono stati portati alla società di Zullino da Tartaglia e poi, tramite bonifici falsi, i soldi o parte di essi sono ben presto tornati in Italia a contanti tramite società di spallonaggio, presumibilmente nella disponibilità di Tartaglia. Per la vicenda FEC i due sono stati condannati in prima istanza sia a Roma che a Napoli, ma le sentenze sono state contestate e non sono ancora definitive. I due hanno provato ad argomentare che i soldi siano poi tornati al FEC stesso. Ma, ha detto Bergomi, “la Corte non comprende perché il FEC, ente dello Stato italiano controllato dal Ministero dell’interno, debba far confluire denaro in Svizzera e poi subito dopo rivolgersi a società di spallonaggio per farlo tornare in Italia”.
Il procuratore federale Stefano Herold chiedeva 4 anni per Zullino, 2 anni e 9 mesi per Mattei e 1 anno e 8 mesi per Tartaglia. Le difese massicce riduzioni di pena (2 anni per Zullino, pena sospesa per Mattei, proscioglimento per Tartaglia).