L'architetto

Mario Botta sullo stabile EFG: «Le funzioni degli edifici cambiano negli anni e il loro riuso risponde a nuove esigenze storiche»

La posizione del progettista del palazzo dell'ex Banca del Gottardo, che potrebbe trasformarsi nella «cittadella della Giustizia» ticinese, votazione permettendo
© CdT/Chiara Zocchetti
Prisca Dindo
26.05.2024 18:30

18 novembre 1988. A Lugano viene inaugurato qualcosa di nuovo e imponente. È la Banca del Gottardo dell’architetto Mario Botta. È rivestita in granito rosso e grigio, lungo un’importante arteria di collegamento tra il centro città e l’urbanizzazione novecentesca che si estende verso nord. Si affaccia su viale Stefano Franscini con quattro corpi di fabbrica scanditi dai vuoti delle corti retrostanti. Scriverà Mario Botta «a cantiere ultimato l’architetto si separa dalla sua creazione… che non potrà più né modificare né controllare» lasciandola a una vita propria per il suo futuro.

Botta con Robert Frank nel 1989 a Lugano. © FERNANDO GARZONI
Botta con Robert Frank nel 1989 a Lugano. © FERNANDO GARZONI

La matrice di ogni progetto

«Ci differenziamo» era il motto coniato per la Banca del Gottardo da Fernando Garzoni, il primo presidente del Consiglio d’Amministrazione.

In effetti lo stabile affacciato su viale Stefano Franscini non era come tutti gli altri; «Bisognava realizzare un edificio che desse l’impressione dello spirito giovane e dinamico dell’istituto, che sapesse emergere e sovrastare in quanto sede centrale, che potesse creare un nuovo centro di interesse nell’ambito della città» scrivevano le cronache in quei giorni di grandi festeggiamenti.

Quattro alti torrioni alternati da spazi esterni semipubblici, ci sono voluti cinque anni per vederlo finito; «Mi ispirai alla città, che è la matrice di ogni progetto. Le quattro testate che ho disegnato, sono nient’altro che volti che riprendono il ritmo costruito delle edificazioni novecentesche già presenti in città».

Una banca diversa

Il complesso bancario che accoglieva seicento impiegati era il primo in Svizzera a vantare un ristorante e una galleria d’arte aperta al pubblico. Del resto la Banca del Gottardo aveva il vento in poppa a quei tempi.

A presenziare una delle prestigiose mostre d’apertura fu nientemeno che Robert Frank, lo svizzero naturalizzato considerato tra i grandi fotografi del Ventesimo secolo. Un caro amico del Presidente Garzoni.

Ora a distanza di 40 anni la Banca del Gottardo è svanita con tutti i suoi fasti e lo stabile potrebbe cambiare destinazione. Da banca a cittadella della giustizia. Volontà popolare permettendo.

«Le mura durano più degli uomini»

Una metamorfosi che non disturba l’architetto Mario Botta, anzi. «È normale, la vita delle opere architettoniche è molto più lunga di quella degli esseri umani; quindi, le funzioni di un edificio cambiano - direi piacevolmente - nel corso della storia; questa è la realtà delle città». Il prossimo 9 giugno, se dalle urne uscirà un sì al credito approvato dal Gran Consiglio, si dovranno modificare gli spazi pensati dall’architetto per bancari e clienti, trasformandoli in aule e uffici per giudici e procuratori.

Una ricchezza urbana

«Le mura durano più degli uomini - aggiunge l’architetto - e un riuso risponde alla stratificazione storica della città che diviene un’ulteriore ricchezza urbana. Pensiamo ai molti luoghi di culto trasformati in luoghi di lettura oppure in biblioteche. È normale che nel processo di invecchiamento, gli edifici trovino delle destinazioni alternative rispetto a quelle originali».

L’esperienza perugina

L’architetto ticinese si è già cimentato in trasformazioni di spazi così radicali. Ultimamente, è stato impegnato a Perugia per una rigenerazione urbana.

«Mi hanno chiamato chiedendomi un progetto per trasformare l’insieme delle costruzioni nate come carceri nel centro storico in un polo della giustizia. Un cambiamento radicale che per me è risuonato subito interessante, anzi: la ritengo una sfida etica azzardata, un progetto interessante visto che si rovesciano le parti degli utenti degli spazi: le corti utilizzate dai prigionieri per l’ora d’aria diventeranno sale di giustizia. Trovo l’operazione molto intelligente: invece di costruire nuovi spazi si dà nuova vita a strutture obsolete; con nuove funzioni sociali all’interno della città».

Lo spazio non manca

Il complesso dell’ex banca del Gottardo, che sorge poco lontano dal centro storico non è certo obsoleto. L’intervento non riguarderà l’esterno della struttura, bensì l’interno.

«Lo spazio per costruire aule penali e uffici all’interno del volume non manca di certo, - conclude l’architetto - basti pensare che al piano terra, già esistevano aree espositive con una sala di proiezione, un ampio ristorante e la hall per gli sportelli».

«Nel disegnare allora mi ispirai alla città, che è la matrice di ogni progetto Lo spazio per costruire aule penali e uffici all’interno del volume non manca.

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