Giro di vite

Maxi-multe per la targa svizzera se vivi in Italia

Il decreto sicurezza di Salvini va a colpire più duramente i residenti che circolano con auto «estero-vestite» per evitare bollo e sanzioni - Un esperto spiegava al CdT come società fittizie elvetiche siano utilizzate proprio a questo scopo
(foto CdT)
Red. Online
11.01.2019 13:33

MILANO - C’è una prima vittima delle nuove norme in vigore dal 2019 contro i «furbetti» della targa estera in Italia. A Milano, ai primi di gennaio, il conducente di un’auto con targa rumena si è visto infliggere una maxi-multa da 712 euro e il fermo amministrativo del veicolo. L’automobilista sanzionato avrà sei mesi di tempo per mettersi in regola con la re-immatricolazione del mezzo, altrimenti scatterà la confisca del veicolo. Le nuove norme fanno parte del decreto sicurezza del ministro dell’Interno Matteo Salvini, che va a colpire più duramente chi acquisisce tramite una società fittizia la residenza fiscale all’estero per ottenere una targa straniera, circolando comunque in Italia. La cosiddetta «estero-vestizione» è spesso utilizzata infatti per evitare revisioni, multe, bollo auto o avere prezzi agevolati sulle tasse del veicolo. La nuova norma prevede che gli automobilisti residenti in Italia da oltre 60 giorni non possano circolare sul territorio nazionale con veicoli immatricolati all’estero. Per circolare con una targa straniera in Italia si potrà guidare un’auto di cui non si è proprietari, ma che sia in leasing, a condizione che il conducente abbia un rapporto di lavoro o di collaborazione con l’impresa estera che ha concesso l’auto, e che l’impresa abbia una sede in Italia. L’automobilista deve inoltre essere in possesso di un documento che attesti il contratto: in caso contrario dovrà pagare multe che vanno da 250 a 1.000 euro. Per quanto riguarda le targhe ticinesi, è molto difficile capire quanto il fenomeno delle «estero-vestizioni» esista effettivamente e in che misura. L’aggiunto e sostituto capo Sezione della circolazione Aldo Barboni, spiega infatti: «Non abbiamo il numero di veicoli suddiviso per eventuali detentori. Partiamo dal presupposto che pochi frontalieri hanno le targhe ticinesi, in quanto il loro veicolo staziona prevalentemente in Italia (questo secondo l’Art. 77 Ordinanza sull’ammissione alla circolazione di persone e veicoli OAC)». Aldo Barboni specifica che: «È considerato luogo di stanza il luogo dove di regola il veicolo è custodito durante la notte dopo l’uso. Qualora il luogo di stanza sia in Svizzera, il veicolo sarà dunque targato con targhe Svizzere». Inoltre «il richiedente deve anche dimostrare di avere un permesso di residenza (permesso C, B, L o G) oppure una proprietà immobiliare presso la quale il veicolo staziona».

In un’intervista pubblicata dal nostro quotidiano - si parlava dell’utilizzo delle società anonime svizzere fantasma, o fittizie (comprate per poche migliaia di franchi e mai ricapitalizzate) - il commissario capo Fabio Tasso, responsabile della Sezione reati economico finanziari (REF) della Polizia cantonale, parlava anche di questo aspetto. “Un altro utilizzo che si può fare delle società anonime elvetiche – ci aveva spiegato - è la sottoscrizione di contratti di leasing per l’intestazione di beni di lusso. Società che vengono create quasi solo con lo scopo di permettere all’azionista (nascosto dietro l’anonimato) di godere dell’utilizzo di beni di lusso, quali ad esempio autovetture molto costose”. La società sottoscrive un contratto di leasing, si intesta una macchina di lusso e l’azionista farà in modo di alimentare la società con il minimo indispensabile per pagare le rate del leasing e per coprire altre piccole spese societarie”. Queste società, non generando utili visto che non avranno utili significativi, fiscalmente non pagano nulla. Ma c’è di più. “L’azionista, residente all’estero, generalmente fa figurare nel suo Paese una situazione finanziaria precaria. Così facendo egli potrà liberamente circolare nel suo Paese con un bolide targato Ticino”. In barba a tutti, anche a eventuali suoi creditori, “giustificandosi spiegando che l’auto non è sua ma di una società di cui è solo un dipendente, non il proprietario”.