Mi hai rovinato la macchina! Invece è una truffa

È conosciuta come «truffa del falso incidente» o «truffa della strisciata». Chiamatela come volete, ma fate attenzione perché è presente anche alle nostre latitudini. Lo sa bene Franco (nome di fantasia) un cittadino di Lugano che è stato vittima del raggiro appena fuori Como e ha voluto raccontarci la sua disavventura.
È una sera di fine febbraio, sono le sette e Franco sta guidando la sua macchina targata Ticino sull’autostrada A9, poco prima dell’uscita per Como centro, in direzione sud. Ha abbastanza fretta, lo aspetta un appuntamento, ma una volta superate le gallerie dopo la dogana deve arrendersi alla coda creata da un cantiere. Le corsie diminuiscono e si stringono. Si procede a singhiozzo, incolonnati e appaiati. Ad un certo punto, «sbam!». Un botto.
«Sul momento ho pensato che il mio specchietto avesse colpito quello di un’altra auto, oppure di aver preso un sasso - racconta la vittima dell’inganno - Poi vedo il conducente dell’auto dietro di me che inizia a lampeggiare furiosamente, mi affianca e fa segno di fermarsi». Onorando il suo senso civico, non appena riappare la corsia d’emergenza, Franco accosta. Dall’altra vettura, una piccola Suzuki grigia, scende un signore di mezza età dall’aria modesta e con un forte accento campano. Il suo tono è gentile. «Mi ha rovinato la macchina... A bordo c’è il mio bambino che si è spaventato. Vede qui?». Franco non capisce come ha potuto non accorgersi di niente: gli sembrava di aver circolato normalmente sulla sua corsia. «Vede i segni?» insiste l’uomo di fronte a lui. Effettivamente l’auto di Franco ha un’ammaccatura fresca.
L’errore decisivo
Convintosi che forse, anche se continuava a sembrargli strano, aveva urtato davvero quella macchina, il conducente luganese entra nell’ottica di firmare una constatazione amichevole. «Non stiamo qui però - taglia corto il signore della Suzuki - andiamo più avanti che c’è una piazzola». Così fanno e Franco segue la piccola auto grigia uscire dalla A9 e raggiungere un piccolo parcheggio in una zona fuori mano, lontano dal traffico e dalle persone. È forse l’errore più grave, perché qui la situazione cambia.
Per iniziare, il presunto danneggiato non vuole la constatazione amichevole: «No, sa, io faccio il camionista e ho appena avuto un altro incidente. Se il mio capo viene a sapere che è successo ancora, finisco nei guai. Guardi - aggiunge - mio cognato è carrozziere: se vado da lui saranno duecento euro, facciamo cento a testa e la chiudiamo così». Franco apre il portafoglio e l’uomo davanti a lui, scaltro, nota che dentro ci sono ben più di cento euro. «A quel punto il suo tono è cambiato. È diventato aggressivo e ha cominciato a incalzarmi con richieste sempre più alte». I cento euro diventano quattrocento. Franco glieli dà.
Prima la paura, poi la rabbia
Leggendo qualcuno penserà: «Ma perché? Non poteva mandarlo a quel paese?». Franco si è fatto le stesse domande ed è furioso per non essere riuscito a reagire diversamente, ma per capire dobbiamo metterci nei suoi panni. È solo, in un’area di sosta dove nessuno può vedere né sentire niente; l’uomo davanti a lui è minaccioso e per quanto ne sa Franco potrebbe anche avere in tasca un coltello, o una pistola. E usarli. Ecco l’errore di cui parlavamo: accettando di spostarsi in quel posto isolato, la vittima si è messa in una situazione d’inferiorità psicologica e l’individuo che aveva di fronte lo ha sfruttato a suo vantaggio, incrementando il bottino della truffa.
«In pratica è stata un’estorsione - conclude Franco - So di aver sbagliato, ma ero in difficoltà e volevo evitare problemi, liberarmi da quella situazione. Avevo paura, sì. Adesso invece c’è soltanto la rabbia. Spero almeno che la mia storia possa essere d’aiuto ad altre persone». E l’ammaccatura sulla macchina? In alcuni casi entra in gioco un complice che dà una botta passando (magari in moto in mezzo alla coda?) in altri i truffatori lanciano un sasso o altri oggetti che creano l’effetto desiderato. Comunque decida di comportarsi, la vittima subisce un danno. Già, che rabbia.