Natale alla Carità: La calma pacatezza dei generali in piena battaglia

L’atmosfera è quella di una plancia di comando, di una riunione di generali nel mezzo di una battaglia. Tutti coscienti che l’emergenza esiste, ma che va affrontata con calma pacatezza. A quell’appuntamento ci si riferisce con l’acronimo SMIM, una riunione di stato maggiore che riunisce tutti i responsabili di settore per fare il punto sulla situazione, per capire come si stanno evolvendo le cose e, se necessario, per mettere sul tavolo tutti gli adeguamenti. A dirigere i lavori è il direttore sanitario della Carità, il dottor Michael Llamas, affiancato dal direttor Luca Merlini. Sul pannello illuminato alle loro spalle scorrono dati e grafici. Si passano in rassegna bollettini, cifre, disponibilità di letti e di personale. Riferendosi, fra l’altro, anche agli altri istituti dell’Ente ospedaliero cantonale, con i quali vi è un canale di comunicazione sempre aperto. A volte fra il personale dell’istituto locarnese vi è anche qualche ospite esterno. Oggi è la volta di Sandro Foiada, direttore della clinica Hildebrand di Brissago, dove tanti pazienti dimessi dal Centro COVID della Carità seguono un periodo di riabilitazione. Più tardi si aggiungerà anche il dottor Nello Broggini, storico presidente del Circolo medico di Locarno, rappresentante dei tanti professionisti operanti sul territorio che collaborano quotidianamente con l’ospedale regionale.

Terminata la relazione generale, il dottor Llamas passa la parola ai rappresentanti dei vari settori e si scopre così quanti posti sono ancora disponibili sul tal piano oppure che nel pomeriggio si svolgerà una breve formazione su come comunicare a distanza con i familiari dei pazienti. Fra gli interventi anche quello dell’ingegner Luca Capella, responsabile del settore tecnico e alberghiero della complessa macchina ospedaliera. E anche della sistemazione «logistica2 del personale. Perché alla Carità – in queste settimane, così com’era successo durante la prima ondata – hanno affiancato i loro colleghi tanti medici e tanti infermieri provenienti da altre strutture dell’EOC. «E per loro – ci spiega Capella al termine della riunione – abbiamo dovuto trovare una sistemazione, un alloggio». Nella scorsa primavera era stato un solo albergo della città ad accogliere i rinforzi. «Oggi invece – prosegue il nostro interlocutore – sono più hotel distribuiti sul territorio regionale. Attualmente il personale attivo al Centro COVOD-19 vi occupa circa 200 camere». Un vero esercito della solidarietà, insomma. «Ci sono tanti dipendenti che provengono da altre regioni del cantone – chiarisce Capella -, ma anche personale nostro che abita in zone discoste o oltre frontiera. Persone alle quali, dopo turni di dodici ore, non possiamo chiedere di sobbarcarsi anche una lunga trasferta per il rientro». E proprio per andare incontro a chi passa in corsia la gran parte della propria giornata (o anche nottata) si è pure deciso di prolungare gli orari della mensa interna. Anche se, ed è comprensibile, spesso chi lavora alla Carità a fine turno preferisce mangiare fuori.

«Per cambiare un po’ aria – conclude il responsabile del servizio alberghiero -. Certo, la chiusura dei ristoranti non aiuta. Ma so di alcuni che già si sono industriati per far capo alle proposte da asporto. Ora speriamo solo che non siano gli alberghi a chiudere, perché allora sì che ci troveremmo in vera difficoltà».