Nel Luganese ci sono quattro sindaci «storici» che hanno deciso di dire basta

Comunque vada l’imminente voto, la cintura luganese ne uscirà profondamente mutata. Tanti sindaci di lungo corso hanno infatti deciso di lasciare la carica. In attesa di capire chi calzerà le ampie scarpe, abbiamo contattato i quattro «decani» a mo’ di arrivederci, facendo loro le stesse tre domande. Ecco cosa ci hanno risposto.
Roberto Lurati, Canobbio
Decano dei sindaci del Luganese, Roberto Lurati lascerà la carica dopo ben 32 anni: «È una decisione che ho preso da molto tempo e che pertanto non mi trova impreparato, anche se non ne ho ancora preso piena coscienza dato che ho ancora parecchi impegni di Municipio e pubblici. Sono comunque tranquillo e sto facendo tutto quanto possibile per lasciare il Comune in ordine e pronto per essere ripreso senza scossoni». Comune del cui stato oggi Lurati va particolarmente fiero: «Canobbio non è mai stato ricco, ma in questi anni si è trasformato in un paese bello da vivere, con servizi efficienti, alta qualità di vita e dove la comunità, grazie anche alle tante associazioni, ha ancora il piacere dell’incontro». Diversi poi i progetti portati a termine che ricorda con piacere: «La gestione dello spazio pubblico, la casa per anziani, il parco sportivo del Maglio, la pista ciclabile, eccetera». Quanto al momento più difficile, il pensiero di Lurati va ai tempi in cui aveva l’autogestione in casa, al maglio sul Piano della Stampa: «In quegli anni ho ricevuto minacce e ci sono stati giorni in cui mi sono sentito solo, ma grazie alla famiglia e agli amici ho potuto condividere il peso e nel tempo imparare che se agisci nel giusto le cose prima o poi trovano la soluzione migliore».
Marco Balerna, Lamone
«Non sono sicuro di aver ancora ben realizzato la decisione presa, benché credo arrivi al momento più opportuno - dice Marco Balerna, sindaco di Lamone da vent’anni. - Per ora la routine non è cambiata, anzi devo ancora evadere tutte le ultime pendenze. Di certo non sento la pressione del rinnovo dei poteri, mentre vedo i colleghi un po’ più nervosi (ride, ndr)». Ciò di cui va più fiero è l’aver contribuito a creare un clima di lavoro «sano, sereno e produttivo, che è alla base di ogni progettualità»: «Non è stato facile, ci è voluto del tempo e mi sono dovuto mettere in discussione io per primo. Ma credo di aver raggiunto un bel traguardo, perché invece di spendere energie per litigare le si investono in propositività. Si discute, ma non si polemizza. Guardando ai progetti posso citare la nuova Scuola dell’infanzia, in fase di ultimazione. Oltre alla sua funzione intrinseca, grazie anche all’annesso parco pubblico permetterà una riqualificazione di pregio dell’intero comparto in cui è inserita, dando ancor maggior senso all’attesa per la sua edificazione, preceduta da anni di austerità per garantirne la sostenibilità finanziaria». Il momento più difficile per Balerna coincide con una vicenda dolorosa, cioè la lunga malattia che aveva colpito l’ex segretario comunale Francesco Crivelli, deceduto nel 2016: «Sono stati anni difficili sia a livello umano che lavorativo».
Giovanni Bruschetti, Massagno
Per Bruschetti, sindaco di Massagno per cinque legislature, il momento più impegnativo è stata la gestione del Comune durante la pandemia. «Siamo stati tra i primi a decidere di chiudere gli sportelli, dopo lunghe e anche sofferte discussioni con i nostri funzionari dirigenti, con una collettività che chiedeva aiuto e risposte che potessero soprattutto rassicurare. Lì ho capito davvero cosa vuol dire avere la responsabilità di 240 dipendenti comunali e l’impatto ed il ruolo che effettivamente avevano nei confronti della nostra popolazione. È stato impegnativo ma anche per questo formativo e gratificante». Bruschetti cita poi il periodo 2010-2012 caratterizzato da tre referendum. Spicca la ristrutturazione delle scuole di Nosedo «che allora doveva essere solo un edificio su cui era urgente intervenire e oggi è diventato un pezzo importante del nostro comune». Ma non solo: «In quei due anni si sono lanciati, ampiamente discussi e decisi temi determinanti per il futuro e lo sviluppo di Massagno, con conseguenti realizzazioni che ne hanno determinato l’attuale assetto». Bruschetti si è dimesso dalla carica già da qualche mese. «Ora guardo al voto con la consapevolezza e la riconoscenza di aver potuto vivere un’esperienza straordinaria che mi ha arricchito e appassionato. Ho sempre cercato di servire al meglio il mio Comune, con dedizione e passione, attraverso un rapporto particolare con popolazione e amministrazione comunale. Con le dimissioni ho riconsegnato una Massagno ormai alla soglia dei 7.000 abitanti, con oltre 70 milioni di investimenti in opere pubbliche, con una solida situazione economico-finanziaria, ampie potenzialità di sviluppo e importanti progetti pronti per essere portati a compimento da chi mi succederà».
Andrea Pellegrinelli, Capriasca
Anche Andrea Pellegrinelli, sindaco di Capriasca da sedici anni, cita la pandemia come il momento più difficile dei suoi anni in carica, per il non sapere esattamente cosa stava succedendo e quindi come gestire la situazione. Un’altra nota dolete viene invece dagli esiti della proposta di riforma Ticino2020, tesa a rivedere i compiti tra Cantone e Comuni, che Pellegrinelli ha vissuto anche da membro del Comitato strategico: «La riforma era nata dal desiderio di fare ordine e ridare responsabilità ai Comuni ma nei fatti le norme legislative introdotte nel frattempo e l’attività della stessa amministrazione cantonale stanno trasformando i Comuni in una sorta di sportello cantonale con sempre minor potere decisionale». Sul fronte delle soddisfazioni, invece, c’è quello di aver formato se non la Capriasca, i capriaschesi: «Io stesso a fine anni Novanta mi consideravo ancora soprattutto di Cagiallo. Oggi ne resto patrizio, ma mi sento innanzitutto capriaschese: non era scontato. Al momento dell’aggregazione Capriasca era un’idea molto vaga di Comune che era riuscita a mettere assieme realtà che fino ad allora vivevano separatamente una accanto all’altra, senza un’identità comune forte. In questo quarto di secolo credo che l’abbiamo cucita assieme». Anche Pellegrinelli sta vivendo gli ultimi giorni con emozioni intense, ma senza rimpiangere la decisione presa: «Vivo un incrocio di stati d’animo: c’è il sollievo per essere sgravati da una serie di compiti, a fare ordine si ritrovano vecchie cose dimenticate e riemergono un sacco di ricordi. Ma psicologicamente ero pronto da tempo a lasciare, e lo faccio sentendomi sereno e tranquillo».