Sanità

Nella Svizzera italiana due terzi delle persone pensano di cambiare cassa malati nel 2026

Lo scorso anno, il 21% ha cambiato cassa malati e questa tendenza è in accelerazione – Ma non basta: il 46% si dichiara pronto a rinunciare all'obbligo di assicurazione malattia
©Chiara Zocchetti
Ats
05.08.2025 08:04

(Aggiornato) In base a un sondaggio di Bonus.ch, il 66% degli abitanti della Svizzera italiana prevede di cambiare cassa malattia per il 2026, in vista di una nuova stangata dei premi. E quasi la metà mette in discussione l'obbligatorietà della assicurazione sanitaria di base.

Lo scorso anno è effettivamente passato a un altro assicuratore il 21% degli interpellati, a fronte del 17% a livello nazionale. Complessivamente l'83% di chi ha richiesto una nuova offerta ha motivato la decisione principalmente con il desiderio di risparmiare, afferma oggi in una nota il portale di confronto online che in maggio - quando l'aumento stimato dei premi malattia l'anno prossimo era compreso tra il 4% e il 6% - ha interrogato in rete oltre 4'500 persone in tutto il paese.

Mentre nella Svizzera italiana una quota record dei due terzi ha dichiarato l'intenzione di optare per una nuova compagnia, in Romandia il tasso scende al 32%. Ancor più renitenti gli interpellati nella Svizzera tedesca: più di otto persone su dieci non prevedono di disdire la propria assicurazione. Negli ultimi due anni, viene ricordato, il Ticino è stato il cantone più colpito dall'aumento dei premi, con un incremento medio del 10,5%.

Dal sondaggio emerge pure che quasi un terzo del campione sarebbe pronto a rinunciare all'obbligo di avere un'assicurazione sanitaria. La Svizzera italiana si distingue nettamente: il 46% della popolazione di questa regione sarebbe disposta a mettere in discussione il principio stesso dell'assicurazione malattia obbligatoria. La Svizzera romanda (27%) e la Svizzera tedesca (29%) mostrano un'adesione più forte al sistema attuale.

Bonus.ch ha anche invitato i partecipanti all'indagine a indicare l'unica misura che accetterebbero per ridurre i premi. Il 36% ha optato per il modello «medico di famiglia» come primo punto di accesso alle cure, relegando in secondo piano il ricorso diretto agli specialisti.

Solo l'11% accetterebbe un aumento della franchigia, il 10% prenderebbe in considerazione una consultazione prioritaria presso un farmacista autorizzato, il 9% opterebbe per la chiusura di alcuni ospedali, il 6% accetterebbe una riduzione delle prestazioni e il 4% sceglierebbe un aumento dell'aliquota percentuale di partecipazione alle spese.

Un dato significativo è che il 23% delle persone interrogate rifiuta qualsiasi misura proposta per l'abbassamento dei premi. La riluttanza a scendere a compromessi è più marcata nella Svizzera italiana (27%) che in quella romanda (25%) e quella tedesca (20%).

Stando a un altro sondaggio sul tema pubblicato sempre oggi da comparis.ch e che in giugno ha coinvolto 1’029 persone in tutte le regioni della Svizzera, l'idea di ridurre l'offerta dell'assicurazione di base e di esternalizzare le prestazioni alle assicurazioni complementari, nonostante i premi elevati, viene respinta dal 51,8% degli intervistati.

Soprattutto le donne (56,4% contro il 46,9% degli uomini) e la generazione di oltre 56 anni (60,3% contro il 44,7% dei giovani tra i 18 e i 35 anni) sono favorevoli al mantenimento dello status quo. «Nessuno vuole rinunciare e nessuno vuole pagare di più. È un dilemma», afferma l'esperto di comparis.ch Felix Schneuwly, citato in un comunicato.

Già ora quasi il 40% della popolazione svizzera ha la sensazione che l'assicurazione di base non copra tutte le esigenze, un tasso che tra i romandi (50%) supera quello degli svizzerotedeschi (35%). Tenendo conto delle fasce d'età, tra i 36-55enni il 45,9% vede lacune, rispetto al 31,9% di chi ha più di 56 anni. Inoltre, le economie domestiche con figli (45,8%) percepiscono lacune di copertura molto più spesso rispetto a quelle senza figli (37%). «Ciò è probabilmente dovuto alle correzioni della posizione dei denti non coperte dall'assicurazione di base», spiega l'esperto.

«Anche se nell'ultimo decennio le prestazioni dell'assicurazione di base sono state costantemente ampliate e hanno causato un aumento dei premi, una percentuale considerevole della popolazione non sembra soddisfatta. È una contraddizione», afferma Schneuwly.

Il 78,8% degli intervistati ha così già stipulato almeno un'assicurazione complementare e il 47,5% vuole ampliare la propria copertura. L'interesse è maggiore tra i 18-35enni (50,3%) rispetto agli «over 56» (40,3%). Non sorprende che le persone con un livello di istruzione elevato (53%) e le economie domestiche con un reddito superiore a 8'000 franchi al mese (58,9%) mostrino un interesse superiore alla media.

In effetti i «premi elevati» sono percepiti come il principale ostacolo alla stipula di un'assicurazione complementare dal 62,1% degli intervistati, peraltro in tutte le fasce di reddito, seguiti dai controlli sanitari prima di un eventuale contratto e dalle malattie pregresse con il 32,3%. Tra le persone che non hanno una copertura complementare, il 34,8% ritiene che l'esame dello stato di salute sia un grande ostacolo. Tuttavia, in questo gruppo la stragrande maggioranza rinuncerebbe a pagare un premio di rischio più elevato per ottenere comunque la copertura assicurativa adeguata.

Nel complesso, la prestazione complementare che riguarda il comfort in ospedale è considerata la più importante. Al secondo posto si trovano i metodi di cura alternativi come la naturopatia e l'omeopatia. Seguono prestazioni come occhiali e lenti a contatto. L'importanza dei sussidi per le cure dentistiche occupa il quarto posto nella scala di importanza e aumenta notevolmente con l'età degli intervistati.