Ticino

Niente soglia di sbarramento: il Parlamento dice no al 3%

L’iniziativa costituzionale presentata dal deputato Paolo Ortelli (PLR) è stata bocciata dal plenum
© CdT / Gabriele Putzu

Cambiare le regole del gioco, in democrazia, è da sempre e un po’ ovunque un tema molto delicato. In Ticino, poi, storicamente le riforme che miravano a cambiare il sistema elettorale hanno avuto vita difficile. E, soprattutto, hanno sempre scaldato gli animi dei partiti e della politica più in generale.

Non a caso, in Gran Consiglio, l’iniziativa costituzionale presentata nel 2023 dal deputato Paolo Ortelli (PLR), che proponeva una soglia di sbarramento per accedere al Parlamento pari al 4%, ha nuovamente acceso gli animi del plenum. Alla fine, però, i numeri hanno dato ragione ai contrari. La maggioranza dell’aula - con 46 voti contrari, 34 favorevoli e 1 astenuto - ha infatti mostrato il pollice verso. E, dunque, il popolo non avrà l’ultima parola sull’argomento. Le regole del gioco in Ticino (per ora) non cambieranno.

I favorevoli

In aula, come vedremo, il dibattito si è concentrato soprattutto su due visioni diametralmente opposte: da una parte, la minoranza (poi vincente) ha difeso il diritto dei cosiddetti «partitini» a essere anch’essi rappresentati in Parlamento; dall’altra, la maggioranza (poi perdente) ha sottolineato la necessità di un cambiamento per preservare l’efficacia dell’azione politica di fronte alla crescente frammentazione.

Il primo a prendere la parola è stato l’iniziativista, Paolo Ortelli (PLR), il quale ha posto l’accento sull’inefficacia della situazione attuale: «La realtà è che oggi il nostro sistema garantisce sì una rappresentanza estesa, certo, ma che non si traduce in efficacia politica». Detto con parole diverse, la situazione odierna «ostacola la costruzione di visioni comuni e rende sempre più difficile trovare compromessi». In breve: «Più personalizzazione, meno progettualità. Più scontro, meno dialogo». Si tratta, per Ortelli, «di conseguenze che non possiamo più ignorare». L’iniziativista ha poi insistito su un punto centrale: approvare l’iniziativa in aula, essendo una proposta di modifica della Costituzione cantonale, avrebbe semplicemente dato la possibilità ai cittadini di esprimersi al riguardo. In tal senso, ha chiosato, «questo tema è troppo importante per essere chiuso con un voto tra quattro mura. Apriamoci al confronto vero e attendiamo con fiducia l’esito del voto popolare».

A sostegno della proposta, con un controprogetto per una soglia del 3% (sostenuto da PLR e dalla Lega e una minoranza dell’UDC), è poi intervenuta la co-relatrice di maggioranza, Simona Genini(PLR). «La democrazia non solo deve discutere, deve anche decidere. E se non ci riesce, si svaluta», ha esordito. La deputata ha quindi ricordato che già in altri cantoni vige una soglia di sbarramento. «Sono forse anti-democratici?», si è chiesta in maniera ironica. Per Genini, dunque, l’introduzione di un quorum rappresenta una «risposta responsabile a un problema reale, poiché riteniamo non più sostenibile un sistema che garantisce accesso al Parlamento con poco più di mille schede». In altre parole: «Rafforzare la democrazia significa permetterle di funzionare» e con questa proposta «son si toglie la a voce nessuno, bensì si restituisce al Parlamento la capacità di prendere decisioni durature». Stessa linea anche per l’altro co-relatore, il leghista Andrea Censi: «Il punto cruciale della questione è sotto gli occhi di tutti: il Parlamento è bloccato, le decisioni non arrivano e i rallentamenti soffocano i lavori di quest’aula». È evidente, per Censi, «che non possiamo più andare avanti così». E, dunque, «c’è un solo modo per sbloccare la situazione: lasciare che sia il popolo a decidere». Poiché, ha ricordato il deputato leghista, «oggi non votiamo sull’introduzione di una soglia, ma sulla possibilità di far scegliere i cittadini».

I contrari

A contrastare l’iniziativa ci hanno poi pensato i co-relatori di minoranza, Giulia Petralli (Verdi) e Gianluca Padlina (Centro). «L’obiettivo della proposta è evidente», ha evidenziato Petralli: «Sbarazzarsi di chi dà fastidio ai grandi partiti. Di chi porta avanti sensibilità nuove». Per la deputata, infatti, l’iniziativa nasce dalla «nostalgia di un Parlamento in cui le sedie venivano occupate sempre dagli stessi partiti e nessuno metteva in discussione equilibri consolidati». Insomma, nasce dalla «paura di chi sente che il proprio consenso si sta sgretolando». Senza dimenticare che, approvando una soglia del 3%, si escluderebbe un’importante parte dell’elettorato, pari a circa il 9%. Dal canto suo, Padlina ha parlato di un «approccio oltraggioso nei confronti dei cittadini che hanno deciso di volersi fare rappresentare dai cosiddetti partitini». Ma non solo, ha pure lanciato una frecciatina agli «avversari»: «A pensar male si fa peccato, ma c’è il concreto sospetto che il fatto che a sostenere la proposta siano due partiti che alle ultime elezioni sono usciti sconfitti non sia un caso». C’è l’impressione, detto diversamente, che vogliano «assicurarsi in questo modo la possibilità di recuperare artificialmente qualche seggio». Sia Petralli che Padlina, poi, hanno fatto notare che non sono i «partitini» a rendere inefficace l’azione politica, poiché i grandi partiti, in realtà, possono contare su due terzi del Parlamento. A nome del PS, la deputata Lisa Boscolo ha poi sottolineato l’elemento della difesa delle minoranze: «Dare spazio a tutte le voci è prezioso e noi, come cantone di minoranza linguistica, dovremmo sapere bene che cosa significa». Contraria, poi, si è schierata anche la maggioranza del gruppo UDC. «Ogni voto ha lo stesso peso, anche quando non rafforza i partiti di Governo. Se il Parlamento è lento è perché manca troppo spesso la volontà di decidere », ha affermato il deputato Alain Bühler. La democentrista Lara Filippini (assieme al collega Andrea Giudici) ha invece difeso la soglia, sostenendo che l’introduzione di un quorum non rappresenterebbe «un dramma democratico» bensì un atto di «responsabilità politica».

I diretti interessati

Tutti i «partitini», ossia coloro che più avrebbero da perdere se fosse introdotta una soglia, si sono schierati compatti contro la proposta. «Dicendo di sì si manderebbe un messaggio anti-democratico. Vorrebbe dire cancellare la voce di 16 mila cittadini che hanno votato per i partiti minori», ha detto Amalia Mirante (Avanti con T&L). Introdurre una soglia al 3% «non risolve il problema, ma rischia di crearne uno più grande, ossia aumentare la sfiducia dei cittadini verso la classe politica». I «partitini», le ha fatto eco Maria Pia Ambrosetti (HelvEthica) «sono risorse, stimolano il confronto. Le difficoltà del dibattito sono legate ai contenuti», mentre per Maura Mossi Nembrini (Più Donne) la proposta di Ortelli «nasce dalla paura»: «Non sono i partiti minori ad aver portato alla disaffezione degli elettori, né sono loro a fermare i lavori in aula». Dure le parole di Massimiliano Ay (PC), secondo il quale «la frammentazione è una scusa bella e buona». L’obiettivo della proposta, ha aggiunto, «è bloccare il dibattito. Ma se bloccate l’opposizione ve la troverete fuori». Per Pino Sergi (MpS), invece, il «criterio della rappresentatività è sacro e ogni cittadino deve poter essere rappresentato». Infine, per Massimo Mobiglia (PVL), «anziché limitare la rappresentanza, bisognerebbe concentrarsi su come migliorare il coinvolgimento dei deputati che non siedono nelle commissioni. I lavori del plenum ne uscirebbero rafforzati».

Il consigliere di Stato Norman Gobbi ha ribadito la posizione del Governo, che si è rimesso al voto del Gran Consiglio esprimendo «prudenza» riguardo a un cambiamento di questo tipo. Gobbi ha infatti evidenziato che, se riforma deve essere, essa dovrebbe essere «più strutturata». In tal senso ha ad esempio ricordato che il Governo sta portando avanti riflessioni sull’eventuale adozione del sistema maggioritario per l’elezione dell’Esecutivo. «Una discussione che faremo, ma non adesso», ha chiosato.