Gran Consiglio

No risicato alle quote rosa nell'amministrazione cantonale

Il Parlamento per una manciata di voti ha bocciato la mozione «30% almeno! Un passo avanti concreto nella parità tra donna e uomo»
©Chiara Zocchetti
Paolo Gianinazzi
15.03.2022 19:57

«Quote rosa sì, oppure quote rosa no?». È attorno a questo quesito che si è sviluppato questo pomeriggio il lungo dibattito del Gran Consiglio sulla mozione, presentata nel 2019 dal deputato socialista Raoul Ghisletta, «30% almeno! Un passo avanti concreto nella parità tra donna e uomo».

L’atto parlamentare targato PS chiedeva, appunto, di assicurare una presenza di almeno il 30% per il «sesso svantaggiato» nell'amministrazione cantonale e i diversi enti sussidiati dallo Stato. Ora, come detto la discussione in aula - a tratti anche accesa - si è concentrata sul concetto delle «quote rosa». E il Parlamento si è sostanzialmente spaccato in due parti. Tantoché, per finire, la mozione è stata bocciata per una manciata di voti: 43 contrari, 38 favorevoli e 1 astenuto.

Il dibattito
«La mozione propone semplicemente di introdurre un obiettivo minimo» e questo perché «è nell’interesse del cantone disporre di quadri dirigenziali caratterizzati dalla parità di genere: ciò contribuisce in modo importante alla ricchezza di vedute», ha sottolineato Ghisletta in apertura del dibattito. Ma poi, entrando nel merito dei due rapporti commissionali sul tavolo del Parlamento (quello di maggioranza contrario alla mozione e quello di minoranza favorevole), il dibattito si è subito spostato sul concetto di «quote rosa».

Come donna, sono sempre stata contro le quote rosa
Lara Filippini, UDC

«Come donna, sono sempre stata contro le quote rosa. Perché ritengo che per raggiungere la vera parità dobbiamo essere valutate alla pari di uomo, per le nostre competenze e qualità, non perché siamo donne. Quando saremo guardate come persone, e apprezzate per quello che possiamo portare, allora ci sarà la vera parità», ha esordito la relatrice del rapporto di maggioranza, la deputata dell’UDC Lara Filippini. E non va dimenticato, ha aggiunto, che il Cantone è già attento su questa tematica ed è già stato fatto parecchio. Ad ogni modo, ha evidenziato Filippini, siccome « mancano dati per avere un’analisi seria sul tema della parità di genere, tramite il rapporto bocciamo la richiesta della mozione ma allo stesso tempo chiediamo al Consiglio di Stato di raccogliere i dati in un rapporto decennale affidato alla delegata per le pari opportunità». Una raccolta di dati che, ha concluso la democentrista, «servirà per correggere il tiro, oppure forse per accorgersi che il problema non c’è...».

Se oggi siamo qui a parlarne è perché concretamente non si è fatto molto
Daria Lepori, PS

Di parere opposto, la relatrice del rapporto di minoranza, la socialista Daria Lepori: «Se oggi siamo qui a parlarne è perché concretamente non si è fatto molto». Anzi, ha sottolineato la deputata, oggi in Ticino «c’è una situazione di evidente disparità». E sul tema delle «quote rosa» ha spiegato che con queste proposte le donne «non chiedono privilegi, bensì di correggere la realtà odierna, che vuole l’uomo a guidare società». Insomma, le «pari opportunità oggi sono solo sulla carta» e quindi occorrono dei correttivi.

Non è inserendo una percentuale che si risolve il problema di fondo
Alessandra Gianella, PLR

Al centro dello scacchiere politico, il PLR si è schierato contro la mozione, sostenendo il rapporto di Filippini. La capogruppo Alessandra Gianella, premettendo che «la verità non sta solo da una parte», ha spiegato che sì, «i dati dimostrano che l’equilibrio di genere non è ancora stato raggiunto». Tuttavia, «non è inserendo una percentuale (ndr. una quota rosa) che si risolve il problema di fondo».

Diversa l’opinione di Nadia Ghisolfi (PPD) che ha posto l’accento sul fatto che quel 30% non rappresenta una quota rosa: «Nessuna di noi vuole il posto solo perché è donna. Ma al contempo nessuna di noi vuole che gli si tolga il posto solo perché è donna. Semplicemente non vogliamo essere discriminate. E quel 30% non è una quota rosa: stiamo parlando di una misura adeguata, una misura positiva, di democrazia paritaria».

Da parte della vice-capogruppo della Lega, Sabrina Aldi, sono invece giunte critiche alle «quote rosa», definite uno «strumento non adatto a raggiungere lo scopo». Anzi, ha aggiunto la deputata, «da donna ritengo le quote rosa offensive: il rischio di venire sminuite perché elette in quota rosa resta alto». E per Aldi occorre quindi «agire a monte del problema», ad esempio sul congedo parentale e sugli asili nido e sulle scuole, i dopo scuola, e il lavoro part-time. E questo perché, «la scelta tra lavoro e famiglia è una scelta che nessuna donna dovrebbe essere costretta a fare».

Dal canto loro, i Verdi, pur restando critici sullo strumento delle «quote rosa», hanno sostenuto il rapporto di minoranza. «Le quote rosa - ha affermato il deputato ecologista Andrea Stephani - per quanto non ci piacciano, sono comunque uno strumento controverso per raggiungere un obiettivo condiviso».

Alla fine, però, come detto per una manciata di voti il Parlamento ha preferito bocciare la mozione, approvando il rapporto di maggioranza.