Gran Consiglio

Nomine in Magistratura: i partiti esclusi non ci stanno

UDC e Verdi rivendicano una rappresentanza in seno alla Giustizia – Soldati: «Il discorso va allargato anche a chi non si riconosce in una forza politica» – Noi: «C’è qualcuno che ha tutto l’interesse a non cambiare nulla» – Durisch: «Poteva essere l’occasione per un gesto di apertura, ma così non è stato»
Se ne riparlerà, forse, nella prossima legislatura.
Nico Nonella
31.03.2022 21:38

Un magistrato entrante di area PLR per un uscente in quota PLR. Per la sostituzione del procuratore pubblico capo Arturo Garzoni, dimissionario dal 31 maggio, la Commissione giustizia e diritti ha scelto di non stravolgere il sistema di ripartizione politica delle cariche. E lo stesso è stato fatto (in parte) per gli altri due concorsi: quello per la nomina di un giudice d’Appello (al posto di Franco Lardelli è stata proposta Sonia Giamboni: entrambi sono di area PPD) e del presidente dell’Ufficio del giudice dei provvedimenti coercitivi (per sostituire il presidente dei giudici di garanzia Maurizio Albisetti Bernasconi, in quota PPD, è stata proposta la gpc Ursula Züblin, di area PLR). Tutti d’accordo? Non esattamente. In attesa del voto in Gran Consiglio di metà aprile, si può dire che in Commissione le visioni sono contrastanti.

Sul tavolo c’è la richiesta avanzata già diversi mesi fa da UDC e Verdi di aprire la ripartizione partitica delle cariche della Magistratura anche ai partiti non di Governo che fanno gruppo in Gran Consiglio. Democentristi ed ecologisti, appunto. «Non ho sottoscritto alcun rapporto e non lo farò anche in futuro», spiega al CdT la deputata Roberta Soldati (UDC). Il motivo? «Da parte dei partiti di Governo non sembra esserci la volontà di aprire alle altre forze politiche, così come avviene a livello federale». Al di là dei numeri in Parlamento, per Soldati il discorso va allargato ai professionisti che non si riconoscono in alcun partito e che loro malgrado si vedono costretti a rinunciare a postulare la loro candidatura proprio a causa del “Manuale Cencelli”: «Un grande problema è il fatto che non ci sono aspiranti magistrati esterni. Non è una questione di poca attrattività della carica, ma è legata alla necessità di doversi associare a un partito. E, va da sé, finire in fondo alle varie liste d’attesa. È qualcosa di svilente». Per la parlamentare democentrista non va inoltre sottovalutato come alle ultime elezioni cantonali oltre il 19 percento delle schede fosse senza intestazione: «Logica vuole che la maggioranza delle posizioni nella Giustizia non dovrebbe essere associata a un partito». A rivendicare una rappresentanza, come detto, ci sono anche gli ecologisti. «La richiesta di rivedere il sistema di nomina allargandolo a tutti i partiti che fanno gruppo è sul tavolo da diversi mesi, e il discorso potrebbe pure essere esteso a tutte le forze politiche presenti in Gran Consiglio», ricorda il deputato Marco Noi. «Evidentemente c’è qualcuno che ha tutto l’interesse a non cambiare nulla». Per i partiti di Governo, prosegue l’esponente ecologista, «fare un passo indietro implica una perdita di potere». Ecco dunque spiegata la mancata firma dei rapporti : «Quando ti trovi a sottoscriverne uno in cui sei coinvolto nella decisione lo fai, qui sei completamente tagliato fuori. Però quando lo scarto tra due candidati è ridotto, ecco che i sei voti dei Verdi in Gran Consiglio fanno comodo…». «Non abbiamo gli strumenti per far passare le nostre proposte», riconosce Noi. «Ma a questo punto è giusto che le altre forze politiche che ci escludono si assumano la responsabilità politica di questa decisione».

Negli scorsi mesi, lo ricordiamo, il PLR aveva proposto di affidare la nomina dei magistrati a un Ufficio presidenziale della Procura (nominato dal Gran Consiglio). Una soluzione che però non convince le opposizioni: «Non risolverebbe nulla visto che non toglie l’elemento politico e anzi deresponsabilizza il Parlamento e non fa altro che spostare il problema da un’autorità all’altra», commenta Soldati. «Questa proposta significa una sola cosa: stringere ancora di più il monopolio sui posti in Magistratura e dunque renderla meno democratica e trasparente», taglia corto Noi.

Ma che margini ci sono, concretamente, per un’apertura a Verdi e UDC? Qualcosa si muove in casa socialista: «A oggi il sistema dovrebbe cercare di rappresentare al meglio le varie sensibilità all’interno della Magistratura e deve essere aggiornato in base ai cambiamenti della società», afferma il capogruppo del PS Ivo Durisch. «Attualmente Verdi e UDC non sono rappresentati, mentre è un dato di fatto che in seno al Ministero pubblico il PLR è sovrarappresentato. Sarebbe stata l’occasione giusta per fare un gesto di apertura, ma così non è stato». Insomma, se ne riparlerà verosimilmente non prima della prossima legislatura. «Vedremo, ma al momento mi sembra un alibi».