La riflessione

Non chiamatela protesta, ma...

Il mondo sanitario lancia una giornata di sensibilizzazione per denunciare la crescente pressione sulle condizioni di lavoro Franco Denti (OMCT): «Il corpo curante è unito» – Tra i temi caldi: i costi sanitari non coperti dalle tariffe, la burocrazia e la carenza di personale
©Gabriele Putzu
Francesco Pellegrinelli
26.03.2024 20:11

Non chiamatela protesta. «In piazza scendiamo per sensibilizzare la popolazione sui molti temi che affliggono il sistema sanitario svizzero e ticinese».

Secondo l’Ordine dei medici - promotore della giornata di sensibilizzazione che si terrà il prossimo 17 aprile in Piazza Governo a Bellinzona - la pressione sul mondo sanitario è diventata insostenibile: «Ci rivolgiamo direttamente alla popolazione perché la politica è sorda e incapace di fornire le risposte adeguate», ha detto il presidente dell’Ordine Franco Denti, sottolineando la compattezza del corpo sanitario nell’aderire alla giornata.

Le lunghe giornate di lavoro, la burocrazia crescente, il forte carico emotivo e la carenza di personale sono solo alcuni dei motivi all’origine dell’insoddisfazione che colpisce il corpo medico e sanitario, ha spiegato Denti, il quale non ha esitato a parlare di «malessere» dovuto a una serie di condizioni lavorative che rendono sempre meno allettante la professione. «Il tasso di abbandono è molto elevato e la pandemia non ha fatto che peggiorare la situazione».

I costi che lievitano

Nodo centrale: i costi sanitari del settore ospedaliero e degli studi medici che continuano ad aumentare. «Le ragioni sono molteplici e spesso sfuggono al controllo. I cambiamenti demografici, il progresso tecnologico e le nuove terapie portano a un aumento dei costi», ha ricordato Denti. Il quale senza mezzi termini ha dichiarato che «ormai si lavora sotto costo. L’ente pubblico, le cliniche private e gli studi medici lavorano con tariffe non più adeguate». Un problema poco conosciuto in Ticino, ma che condiziona sempre di più l’attività dei professionisti del settore. «La risposta del Cantone all’aumento dei costi sanitari è stata l’abbassamento delle tariffe (il cosiddetto valore del punto Tarmed, ndr)». I volumi delle prestazioni però sono cresciuti. «Il rischio è che l’elastico si spezzi». Un’immagine forte per un concetto illustrato anche dal presidente dell’associazione delle cliniche private ticinesi (ACPT) Giancarlo Dillena: «In Svizzera godiamo di un elevato livello di assistenza sanitaria, spesso dato per scontato. Tuttavia, dietro questo livello di eccellenza, c’è un mondo di specialisti che si trovano sempre più sotto pressione e che necessitano urgentemente di condizioni di lavoro adeguate». È fondamentale cambiare prospettiva: il settore sanitario non dovrebbe essere considerato semplicemente un costo, ha ribadito Dillena, «ma piuttosto un ambito in cui le persone si impegnano a garantire la qualità delle cure fornite». Il rischio, come detto, è l’elastico che si spezza, dando luogo a forme di sanità alternative, a due velocità, come in altri Paesi dove solamente chi paga ha accesso alle cure migliori.

La burocrazia che imbriglia

Altro tema: la crescente burocrazia che imbriglia il lavoro degli operatori del settore. «La durata massima della settimana lavorativa di 50 ore negli ospedali è regolarmente violata», ha commentato dal canto suo il presidente dall’Associazione dei Medici assistenti e dei capiclinica (ASMACT), Davide Guinzoni. «Mediamente il personale con un grado di occupazione del 100% lavora più di 56 ore a settimana». Un’ampia porzione di tempo, però, la dedicano a compiti burocratici e amministrativi: «Della giornata lavorativa di undici ore, un medico in formazione dedica al massimo due ore alla cura diretta del paziente. Il resto del tempo è impiegato per riempire le carte necessarie per ottimizzare il rimborso delle spese, più che per garantire la continuità delle cure verso il medico curante», ha detto Guinzoni. Dal canto suo, Dillena ha spiegato come la burocrazia alimenti la falsa illusione di una maggiore sicurezza: «In realtà, maggiore è la burocrazia, maggiori sono i rischi di ritardi e minore è l’efficienza operativa». In questo contesto, non sorprende che negli ospedali e nelle case di cura vi sia una sempre maggiore carenza di personale curante, ha aggiunto Denti. «Nel 2023 un medico su due in Svizzera aveva più di 50 anni; uno su quattro più di 60 anni. Contemporaneamente, il numero dei medici stranieri è aumentato da circa 9.700 nel 2013 a 16.600 nel 2023». E ancora: «L’aumento della necessità di ricorrere a personale specializzato dall’estero ricorda che i medici formati in Svizzera non sono sufficienti». Eppure, ha ribadito Dillena, nelle università si introduce il numero chiuso e in alcune specializzazioni si fissa un tetto massimo all’esercizio medico. «Sono barriere cha allontanano gli studenti dalla formazione, quando in realtà dovremmo fare di tutto per incentivare l’interesse per questa professione». Il problema è il ricambio generazionale, ha concluso Denti, ricordando come alla giornata aderirà una larga cerchia di associazioni: l’associazione Ticino di fisioterapia (Phisioticino), l’associazione dei tecnici di sala operatoria (ASP TSO), la federazione svizzera delle levatrici (FSL-TI).