«Non è il momento di pensare alle scorte»

La guerra in Ucraina scatena la paura. «Negozi di confine presi d'assalto dai ticinesi per le scorte», titolava allarmata solo un paio di giorni fa una testata italiana (forse esagerando). Le scorte. Un film già visto, quando la minaccia della pandemia stava decollando e l'unica soluzione per frenare contagi e morti era il semiconfinamento. Accumuliamo finché siamo in tempo, dev'essere il pensiero nella testa di molti. Almeno di quelli che, spaventati anche dal repentino rialzo dei prezzi, fanno incetta di alimentari non deperibili. Una sorta di «cassaforte di sopravvivenza» da tenersi ben stretta. Per i tempi più bui. Con lo spettro di una Terza guerra mondiale, di un disastro nucleare o chissà cosa. Chernobyl è proprio dietro l'angolo. Un nome che mette i brividi. Oggi contesa tra Russia e Ucraina. Ma c'è anche chi compra generi di prima necessità per poi mandarli a chi ne ha bisogno, civili che cercano di scappare dalle bombe di Putin. E che, da un giorno all'altro, si trovano in mezzo al nulla. Senza un tetto. Gli unici vestiti sono quelli indossati. I documenti, qualche soldo, magari il cellulare...
Ticinesi preoccupati e solidali, appunto. Le iniziative per aiutare le vere vittime di questo conflitto nel cuore dell'Europa si moltiplicano. Ma la fiducia nel futuro vince, almeno nella Svizzera italiana. Elisabetta è una delle tante persone che affollano Piazza Grande a Locarno. Le sue parole riassumono bene lo stato d'animo di chi guarda il conflitto da Occidente: «È molto triste», dice la signora, gentilissima, con un leggero accento tedesco. «Sono preoccupata del fatto che questa guerra possa peggiorare ed estendersi. Ma non credo che siamo già arrivati a questo punto, al dover correre nei negozi per fare man bassa dei generi alimentari. La guerra finirà. I russi non arriveranno fino a noi. Perché se dovesse succedere, si muoverebbero gli americani». E poi sarebbe la fine per tutti.
Verso l'imbocco del ciottolato, Cristel sta guardando una bancarella. Lei conosce molto da vicino qualcuno che si è fatto «prendere la mano»: «Sì, una di queste persone è proprio mia madre!», esclama. «È molto allarmata, sta acquistando delle scorte. Ma non solo, insiste anche sul fatto che pure io dovrei fare come lei! Ha preso un po' di tutto, molta pasta. Salse, cibo in scatola... Dice che ci sarà persino una carenza di grano. Capisco, ma non bisogna allarmarsi adesso. D'altronde in passato, vicino a noi, ci sono state guerre. Quindi non vedo tutta questa necessità», dice la giovane.
Esperienza leggermente diversa per Sandra, giurista e ora mamma: «Non ho fatto scorte e non conosco nessuno che le sta facendo. Sono tranquilla e non mi preoccupo delle conseguenze dirette su di noi. Nessuno mi ha riferito di temere la carenza di generi alimentari o altro». Qualche passo più avanti c'è Laura, ragazza alla pari in una famiglia di Ascona. La giovane è del canton Argovia e parla in tedesco, mettendo qua e là qualche parola in italiano: «La mia famiglia ha paura per la guerra, ma dicono che in Svizzera va tutto bene, anche perché siamo neutrali. Non dobbiamo fare scorte di cibo, non ce n'è motivo. Piuttosto, dobbiamo aiutare gli ucraini. Semmai, dobbiamo acquistare alimenti per loro, non per noi stessi».
Alfonso, ricercatore di Basilea a Locarno per motivi di studio, definisce «isteria» la corsa agli acquisti allo scopo di accumulare eccedenza in casa propria. «Sì, già vista prima e durante la pandemia. Penso che questo comportamento sia stimolato e pilotato dai media. Posso però dire che, nella mia cerchia di amicizie, non conosco persone così influenzabili. So però che ci sono state delle persone che hanno letteralmente razziato negozi di alimentari».


A Bellinzona, intanto, Diego sta rientrando al lavoro percorrendo il Viale della Stazione. «Ho sentito dire che il grano potrebbe scarseggiare, stiamo vivendo anche l'aumento dei prezzi della benzina. Già oggi ho visto che era quasi a 2 franchi e 30. Insomma, le conseguenze si stanno facendo sentire», dice l'impiegato di commercio che lavora nelle ferrovie. «In ogni caso, credo non ci sia quell'allarme che obbliga a comportarsi in maniera tale da accumulare scorte. Vivo la vita normalmente, come sempre. Speriamo solo che la situazione si fermi».
In Piazza del Sole, anche Rosa – casalinga – dice di non conoscere nessuno che abbia corso agli acquisti. «Ci mancherebbe! Perché se dovessimo arrivare a quel punto saremmo veramente messi male», esclama. Come non darle torto... Kushrim, invece, dice di aver già visto comportamenti allarmanti: «Ho notato che c'è chi fa scorta di farina, forse per la paura di rimanere senza nulla o per l'aumento dei prezzi. Anche se, in realtà, potrebbe benissimo trattarsi di un acquisto compiuto per scopi umanitari, generi di prima necessità che saranno poi spediti alle persone che ne hanno bisogno, tutti coloro che stanno scappando dall'Ucraina e dagli scenari di guerra». Il giovane, mentre tiene d'occhio il suo pargolo nel passeggino, sostiene di non aver fatto scorte. «Ma quando c'è stata la pandemia ci eravamo mobilitati. Certo che è davvero un brutto colpo. Eravamo usciti dalla pandemia, ora c'è questa guerra. Speriamo di poter tornare alla normalità».


Linda, fiduciaria che sta accompagnando la sua bimba, sostiene l'importanza di mantenere un pensiero positivo: «Non credo ci sia la necessità di razziare i negozi. Peggio di così, la vedo dura. Confido nell'intelligenza e nella diplomazia di tutti».
Sulle rive del Ceresio, invece, Mira – operatrice socioassistenziale – sta consultando il cartello del menu di un ristorante godendosi una bella giornata di sole. «Scorte di cibo? No, non conosco nessuno che le ha fatte. Però ne ho parlato con alcune persone. L'idea c'è, ci si è posti la domanda. La risposta? È meglio non pensarci troppo, a questa situazione. Sperando che vada tutto bene. Il fatto stesso di andare a prendere delle scorte vorrebbe dire essere già lì mentalmente, già con la testa in modalità ‘conflitto bellico’. La psiche vuole difendersi e farci evitare di pensare di essere già arrivati a quel punto».
Anche Abuzer, massaggiatore medicale, sottolinea come non sia il caso di accumulare scorte di cibo. «Vedo molte persone tutti i giorni, si parla degli aumenti delle materie prime, della benzina, del cibo. Ma nessuno si è mai veramente passato all'azione. Almeno fino a oggi. Dobbiamo sforzarci di portare avanti la vita quotidiana come sempre».
In Piazza della Riforma Roberta, segretaria, qualcuno che pensa sia meglio correre ai ripari lo conosce: «È una persona che ha timore di non trovare più nulla sugli scaffali nel giro di poco tempo. La situazione? Certo, mi preoccupa molto. Ma non temo che ci possa essere un pericolo per i nostri rifornimenti a livello di generi alimentari», conclude la giovane.