«Non erano sprovveduti»: tre condanne per truffa

Un sistema criminale ben articolato in cui i tre imputati si suddividevano compiti e responsabilità, oppure un agire poco ingegnoso (da «strusoni», come si è sentito in aula) che ha dato vita a truffe «dalle modalità piuttosto semplici create mettendo una crocetta al posto sbagliato su un formulario», come ha detto l’avvocato Giuseppe Gianella che difendeva uno degli uomini alla sbarra? Per il giudice Siro Quadri, che presiedeva la Corte delle Assise criminali che si è riunita anche oggi per il secondo giorno di processo a carico di tre uomini – due gemelli di 47 anni e un 55.enne, tutti italiani ma residenti in Svizzera – non c’è dubbio: «Un disegno criminoso c’era, si trattava di una vera organizzazione con una struttura propria all’interno della quale ognuno aveva un ruolo». E ancora: «Non erano semplici osservatori o spettatori, come due di loro hanno cercato in particolare di far credere, ma erano coinvolti in un’organizzazione che non poteva funzionare tramite una sola persona». I tre si sono macchiati, a vario titolo, dei reati di truffa aggravata e falsità in documenti. Ma in fondo non è una sorpresa, perché gli imputati hanno ammesso buona parte delle accuse che gli venivano mosse. O meglio, due di loro lo hanno fatto (ci torneremo in seguito).
Tra il 2020 e il 2022
L’inchiesta condotta dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli ruotava attorno all’attività di un’officina di Novazzano. Un garage all’interno del quale, tra la primavera del 2020 e il mese di novembre del 2022, sarebbero state organizzate e portate a termine, secondo l’accusa, una trentina di truffe ad assicurazioni (creando danni fittizi o gonfiando danni già presenti sulle auto al fine di ottenere il pagamento da parte delle assicurazioni), ma non solo, perché secondo quanto emerso dall’inchiesta gli imputati avrebbero prestato il fianco a un’organizzazione criminale dedita alla truffa detta del rip deal, noleggiando delle auto a chi commetteva le truffe. Le pene proposte, già ieri, nei loro confronti erano comprese tra 27 e i 30 mesi: di questi 6 da scontare per i fratelli e 8 nei confronti del 55.enne.
Pochi sconti
La sentenza pronunciata nel tardo pomeriggio di oggi è stata preceduta dalle arringhe dei difensori di due degli imputati: Gianella per il 47.enne residente a Glarus e gerente della società che gestiva la carrozzeria di Novazzano, e Benedetta Noli per il 55.enne che lavorava per la carrozzeria (il terzo difensore, Niccolò Giovanettina, ha parlato ieri). «Il mio cliente era un dipendente che faceva semplicemente quello che gli veniva chiesto», ha sottolineato Noli, non prima di aver precisato: «L’attività non è stata aperta con il proposito di commettere delle truffe, ma per esercitare il normale lavoro di un’officina meccanica. Non per niente su 130 sinistri circa trattati, le potenziali truffe sono poco più di 30». Per il suo assistito Noli ha domandato una pena da contenere in 24 mesi, sospesi (o che il carcere da scontare non superi la carcerazione preventiva).
Più netta, invece, la riduzione di pena richiesta da Gianella. L’avvocato ha infatti invocato l’assoluzione del suo assistito da sostanzialmente tutte le accuse (solo due truffe non sono state contestate). Malgrado il 47.enne risulti gerente della società, «non aveva capacità decisionale, non era informato sui lavori che entravano in officina. Veniva in Ticino una volta alla settimana per cambiare aria su consiglio della sua psichiatra che lo aveva in cura per una depressione». Per Gianella colui «che faceva che disfaceva e che quando non c’era lavoro lo creava come lui sa fare» è il 55.enne. Giovanettina per il secondo fratello aveva domandato una pena massima di 6 mesi.
Tornando alla sentenza, la Corte ha sostanzialmente confermato l’atto d’accusa condannando il 55.enne a una pena di 24 mesi, di cui 6 da espiare, e i due gemelli a rispettivamente 28 mesi di cui 6 da espiare e 20 mesi sospesi, in ragione dei diversi ruoli avuti nelle truffe (e di una condanna precedente). «Il primo fratello non era un semplice pizzaiolo, il secondo non era un vecchietto che osserva i cantieri come è stato detto in aula e il 55.enne non era un semplice dipendente, ma era decisionista. Non erano tre sprovveduti», ha riassunto Quadri.