Scuola

«Non facciamo sconti, l’asticella è sempre lì»

Il direttore del DFA Alberto Piatti risponde alle critiche mosse dal presidente VPOD docenti Adriano Merlini sulle nuove modalità di accesso alla formazione di insegnante: «I diplomi rispettano i vincoli posti a livello intercantonale, non proponiamo scorciatoie»
Al centro della discussione, la qualità dell’insegnamento. © cdt/gabriele putzu
Francesco Pellegrinelli
09.12.2021 06:00

«Non facciamo sconti a nessuno. Né tantomeno stiamo abbassando l’asticella dell’insegnamento nelle scuole ticinesi. I requisiti per intraprendere la formazione di maestro di scuola elementare o per diventare docente di scuola media sono regolamentati dalla Conferenza intercantonale dei direttori della pubblica educazione (CDPE). Sono requisiti che valgono per tutta la Svizzera».

Basterebbe questa semplice premessa, secondo il direttore del Dipartimento formazione e apprendimento (DFA) della SUPSI, Alberto Piatti, per replicare alle argomentazioni del presidente della VPOD docenti, Adriano Merlini, secondo cui (vedi edizione del 3 dicembre) il DFA avrebbe allentato le maglie con l’obiettivo di sopperire a una cronica penuria di insegnanti. A cominciare, per esempio, dai maestri di scuola elementare.

Formazione dei maestri
Il nodo della discussione, in questo caso, riguarda le modalità di accesso alla formazione di maestro per chi ha una maturità professionale o specializzata. Dallo scorso giugno, infatti, in accordo con il DECS, il DFA ha introdotto una via supplementare, indigesta a Merlini.

Accanto al tradizionale corso passerella (che da un ventennio circa consente di rientrare in un percorso formativo universitario), da giugno il DFA ha previsto anche un corso di formazione complementare interno alla stessa scuola. Il problema quale sarebbe? Secondo Merlini, questo percorso non garantirebbe il medesimo profilo qualitativo. Inoltre, ci troveremmo di fronte a un chiaro conflitto d’interessi: «In questo caso, il DFA stabilisce le credenziali necessarie per accedere ai suoi corsi».

Nulla di più fuorviante, replica Piatti: «Il nostro corso di formazione complementare presenta meno ore della passerella citata da Merlini, in quanto noi prepariamo lo studente affinché possa intraprendere una formazione specifica, quella di maestro. Mentre il corso passerella, prepara lo studente affinché possa accedere a tutte le formazioni universitarie». In ogni caso, prosegue Piatti, la procedura di ammissione per accedere alla formazione vera e propria di maestro è la medesima per tutti.

La procedura di ammissione
«Ogni anno abbiamo un numero di posti limitato. E quindi tutti gli studenti devono sottoporsi a una procedura di ammissione preliminare. Indipendentemente dal titolo di cui dispone lo studente. Può avere una maturità liceale, o una maturità professionale o specializzata. In entrambi i casi la procedura di ammissione è la medesima. Lo studente con maturità liceale che viene ammesso, inizia direttamente il bachelor. Gli studenti con maturità professionale che vengono ammessi, invece, iniziano il corso di formazione complementare». Al termine del quale dovranno sostenere degli esami. «Se li passano, possono iniziare il bachelor. In caso contrario, vengono rimandati». Quanto al presunto conflitto d’interesse, Piatti taglia corto: «È normale che l’esame di ammissione venga svolto dalla scuola che accoglie lo studente».

Nelle scuole medie
Un altro capitolo delicato riguarda il settore medio, confrontato - a dire di Merlini - con un’altra riorganizzazione piuttosto infelice. Per accedere alla formazione di docente di scuola media, oggi, infatti, ci vuole un bachelor nella disciplina che si desidera insegnare. Ecco, allora, la novità, introdotta da settembre dal DFA. Per quelle materie dove c’è penuria di docenti - matematica e tedesco - il DFA accanto al corso pedagogico e didattico, che vale per tutti, fornisce anche dei moduli disciplinari, con l’obiettivo di recuperare i crediti formativi necessari all’insegnamento di quella materia. «Una scorciatoia pericolosa», secondo Merlini.

«Un docente per insegnare 10 deve conoscere 1000. Il DFA si occupi di pedagogia. Lasciamo la formazione alle università». Secca, ancora una volta, la replica di Piatti: «Anche in questo caso, ci rimettiamo ai requisiti della CDPE che fissa le regole, sia d’ingresso, sia per insegnare una specifica materia. L’idea per cui sia il matematico ad insegnare la matematica, il geografo la geografia, non risponde alla realtà delle cose. Alle Medie non è più così da tempo. Lo è stato in passato quando era richiesto un master». E cosa risponde a Merlini quando dice che occorre sapere 1000 per insegnare 10? «Se la CDPE richiede 100 per insegnare quella specifica materia, noi chiediamo 100. Il sistema svizzero pone questi requisiti e noi li rispettiamo. In alcun modo abbiamo optato per una scorciatoia. Non in Ticino dove si rispettano i requisiti CDPE». Senza contare, conclude Piatti, che i corsi disciplinari sono tenuti da professori universitari. «Il DFA non ha fatto altro che portare in Ticino moduli formativi che altrimenti gli studenti avrebbero dovuto seguire altrove».