Lupo

Nuova stagione, vecchie paure: «Si preannuncia un anno fotocopia»

A fine mese gli allevatori apriranno le stalle e porteranno al pascolo le greggi – Nel settore però la preoccupazione è grandissima – Armando Donati: «Il numero degli avvistamenti è in crescita, temiamo che quest’anno le predazioni possano superare il record del 2022»
©Gabriele Putzu
Francesco Pellegrinelli
13.03.2023 06:00

«Fra qualche settimana gli animali usciranno al pascolo, e gli allevatori si troveranno a gestire un problema irrisolto». Armando Donati è presidente dell’Associazione per la protezione del territorio dai grandi predatori. «Il numero degli avvistamenti sta crescendo, in ogni regione: Blenio, Leventina, Valla Morobbia, Vallemaggia e Luganese. Nei primi due mesi del 2023, le segnalazioni ufficiali, tramite sms, sono state una ventina. Lo scorso anno erano appena tre».

Numeri che sollevano più di un interrogativo alla luce di una stagione, quella passata, che ha rappresentato un punto di svolta, anche politico, sulla questione lupo. «C’è stata una presa di coscienza collettiva. Il Consiglio di Stato, nel passato e fino al 2021, ha sempre avuto una posizione minimalista orientata alla convivenza». Dopo le grandi proteste dello scorso anno, qualcosa invece è cambiato. «Da una parte, però, Vallese e Grigioni hanno fatto la voce grossa con Berna, ottenendo risultati concreti, il nostro Governo, invece, si limita a dire che occorre allentare i criteri per l’abbattimento».

Di qui, appunto, la frustrazione alimentata dal crescente numero di predazioni. «Lo scorso anno sono state quasi 300». Sul numero di lupi presenti in Ticino, invece, non c’è grande chiarezza, rincara Donati: «Lo scorso anno si diceva una ventina. Aspettiamo, però, il rapporto dell’Ufficio caccia e pesca per il 2022». Rapporto che, invece, Vallese e Grigioni hanno già pubblicato. «Qui, i lupi sono aumentati enormemente. In Vallese, sono passati da 36 a 51 esemplari. Diversi lupi, però, non sono stati identificati, e i guardacaccia ritengono che siano molti di più. Nei Grigioni, invece, sono stati accertati 11 branchi per un totale quasi 100 esemplari».

«Misure insufficienti»

Cosa chiedono quindi gli allevatori ticinesi? «Innanzitutto che si ammetta, una volta per tutte, che le misure di protezione imposte dalla legge - ossia i recinti, l’obbligo di chiudere gli animali in stalla durante la notte e i cani da gregge - non sono sufficienti». Il riferimento di Donati va soprattutto agli alpeggi impervi dove queste misure, semplicemente, non possono essere impiegate. «Ci sono territori dove non si possono tendere recinti e dove la soluzione del cane da gregge non è percorribile». Di qui, appunto, la richiesta formulata dagli allevatori a livello federale: «Si dovrebbe consentire l’abbattimento preventivo».

La consultazione sulla revisione parziale dell’ordinanza sulla caccia, che agevola l’abbattimento dei lupi, si è appena conclusa. «La soglia di danno determinante per abbattere singoli lupi passerà da 10 a 8 predazioni di capi di bestiame da reddito», spiega Donati che subito aggiunge: «Occorre tuttavia essere sicuri che sia stato il lupo; che gli animali fossero protetti; e che l’attacco sia opera di un singolo lupo e non di un branco». Senza queste condizioni, l’ordine di abbattimento cade. «La presenza crescente del lupo impone un cambio di strategia», aggiunge Donati. «L’abbattimento preventivo, nonché i tiri di difesa, in talune situazioni, devono essere concessi». Secondo Donati, le sfide dell’economia alpestre si reggono su queste due modifiche di legge. Diversi allevatori stanno infatti riflettendo sull’opportunità di proseguire con l’attività: «Si chiedono se, economicamente, vale ancora la pena».

Convivenza obbligata

«La preoccupazione nel settore è grandissima», commenta da parte sua Federico Tettamanti, titolare di Studio Alpino. «Rispetto all’anno scorso non è cambiato assolutamente nulla. Anzi, la situazione è peggiorata». In Italia, la presenza del lupo è stata certificata in quasi 3 mila esemplari, «se parli con i responsabili, però, ti diranno che i lupi sono sottostimati in modo massiccio». In Ticino, con le dovute proporzioni, la situazione non è dissimile. «I timori sono leciti». Fino a qualche anno fa prevaleva l’idea di una convivenza possibile, aggiunge Tettamanti. «Oggi, la sensibilità sul tema è cambiata, complice anche il numero crescente di avvistamenti e capi predati». La società, insomma, ha preso coscienza di un fenomeno che negli anni si è manifestato con maggiore impeto. «Anche tra gli ambientalisti, o almeno tra una parte di essi, è passata l’idea che una regolamentazione corretta del lupo, su base scientifica, sia necessaria». E ciò nella convinzione che «ormai ci troviamo nella fase della convivenza obbligata. Il lupo è tornato e, giustamente, non possiamo più estinguerlo». Tuttavia, per salvaguardare la cultura alpestre - dice Tettamanti - vanno presi alcuni provvedimenti: «In questo senso, la misura dell’abbattimento preventivo si pone come giusta e necessaria». L’entrata in vigore della nuova legge, però, non è imminente, ammonisce Tettamanti: «Il 2023 rischia di essere un anno fotocopia. La revisione parziale dell’ordinanza della caccia, le cui modifiche invece entreranno in vigore già la prossima estate, attenueranno il problema senza tuttavia risolverlo».

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