Occupazione vista lago

Gli autogestiti sono tornati a occupare e questa volta hanno scelto un edificio privato abbandonato da anni sul sentiero di Gandria, proprio accanto al lido San Domenico: l’ex albergo Fischer. L’occupazione, annunciata da giorni e scattata ieri come da programma, sabato 7 ottobre nel primo pomeriggio, dovrebbe terminare oggi, domenica 8 ottobre, secondo quanto si apprende dal comunicato stampa divulgato nelle scorse ore. Fino a ieri i proprietari dell’edificio, stando a La Domenica, non hanno sporto denuncia per violazione di domicilio. Denuncia che implicherebbe di conseguenza un intervento della polizia. In altre parole, uno sgombero.
L’ex albergo Fischer è chiuso da anni. Comprato nel 2014 da un cittadino straniero residente nel Luganese avrebbe sofferto la mancanza di posteggi in zona. Conclusa la sistemazione dell’autosilo Riva Bianca, all’imbocco del sentiero di Gandria, le cose potrebbero però sbloccarsi. E l’albergo rilanciarsi.
Nel frattempo a entrare negli spazi dell’ex struttura ricettiva sono stati gli autogestiti. «Ci riprendiamo l’ennesima struttura abbandonata - hanno scritto in un comunicato - lasciata all’incuria e all’abbandono. L’ennesimo esempio di speculazione, privato questa volta, negato a una possibile collettività».
«Il dialogo è sempre aperto»
Con l’azione all’ex hotel Fischer il SOA il Molino torna dunque a rioccupare. Come aveva fatto lo scorso 30 giugno per alcuni giorni - fino al 4 luglio - nelle ex scuole di Viganello. Da dove se n’era andato dopo aver aperto un canale di dialogo con la municipale e responsabile Dicastero sicurezza e spazi urbani di Lugano, Karin Valenzano Rossi. Dialogo che, come scritto dal CdT lo scorso 4 ottobre, riportando le parole di Valenzano Rossi, sarebbe ancora aperto. «Vorrei poterlo portare avanti - ha detto la municipale - anche se capisco che i tempi non sono brevi».
Anche perché, sempre stando al Corriere del Ticino, il tema dell’autogestione potrebbe rimanere esclusivamente un dossier cittadino. Come già il Governo cantonale nell’estate di due anni fa, anche la Commissione sanità e sicurezza sociale del Gran Consiglio dovrebbe verosimilmente sposare questa linea, chiudendo definitivamente la porta alla proposta avanzata nel giugno 2021 dal deputato e oggi municipale luganese Tiziano Galeazzi in una mozione, in cui chiedeva al Consiglio di Stato «un’alternativa di localizzazione» che non fosse per forza di cose a Lugano.
Mancano spazi
È invece certo che gli autogestiti non sono gli unici a chiedere spazi in città. Anche i referenti de La Straordinaria, dopo l’esperienza più che riuscita allo sterrato della Gerra, hanno chiesto alle istituzioni comunali e cantonali di attivarsi con urgenza per risolvere «la grave mancanza di infrastrutture che ruotano fuori dai circuiti istituzionali». Un’esigen-za che si è tramutata in un documento d’intenti, promosso dall’Associazione Idra con proposte e considerazioni da parte del mondo culturale indipendente, che verrà prossimamente presentato al Municipio. Quella della Straordinaria non è però un’autogestione in senso stretto, ma piuttosto un’esperienza di cultura non istituzionalizzata in un luogo messo a disposizione dal Comune di Lugano, che l’ha anche patrocinata e finanziata e con una serie di regole ben precise.
Autogestiti e La Straordinaria hanno in co-mune però almeno una richiesta: l’entrare in possesso di uno spazio da gestire e condividere secondo i propri intenti. Ecco perché nel maggio scorso i simpatizzanti e gli aderenti delle due esperienze hanno sfilato assieme per le vie di Lugano, rivendicando il diritto di cittadinanza per le realtà culturali e sociali indipendenti. A quella manifestazione che aveva portato in strada mezzo migliaio di persone avevano aderito una settantina tra associazioni, collettivi, cooperative e personalità politiche e culturali.