Omicidio alla pensione La Santa, chiesti 17 anni di carcere e l’espulsione

(Aggiornato alle 12.07) Erano venuti alle mani già due volte nei giorni precedenti l’omicidio. E la seconda la gerente della pensione La Santa di Viganello aveva chiamato la polizia, che era intervenuta per separarli. Avevano promesso che non l’avrebbero fatto più, che avrebbero fatto pace. Poi però, la sera del 17 dicembre, al La Santa viene chiamata l’ambulanza e i soccorritori, in una delle stanze, trovano il corpo ormai senza vita di un uomo. È di Matteo Cantoreggi, 35 anni, ed è chiaro che è stato picchiato a sangue. Anche perché, il sangue, è ovunque. Nella sua stanza, nel corridoio della pensione e nella camera di un altro ospite (un austriaco di 36 anni).
Un altro ospite. Appunto. È con lui che Cantoreggi era già venuto alle mani nei giorni precedenti. Ed è lui in aula oggi, accusato di assassinio. Imputato unico, anche perché l’altra persona presente - arrestata la notte stessa - è poi deceduta durante l’inchiesta.
È iniziato stamattina il processo per quei tragici fatti. Ed emergono di nuovo domande importanti. Come mai tre persone in assistenza, con gravi problemi di tossicodipendenza e di alcolismo (o entrambi), sono state collocate nella stessa struttura non controllata con il rischio - come appunto successo - che i tre si trascinassero a fondo a vicenda. «Mangiavamo, bevevamo (alcol) e fumavamo (marijuana) assieme», ha confermato l’austriaco.
Ma come mai quei litigi? Come mai quel 17 dicembre una persona ha perso la vita? «In realtà - ha spiegato l’imputato - eravamo amici. O quasi amici». Perché prendersi a calci e pugni per tre volte in pochi giorni allora? Le risposte spiegate dall’imputato sono state un po’ vaghe. «Era lui che iniziava. Io rispondevo. Poi facevamo pace».
Quel giorno, il 17 dicembre, i tre in effetti passano diverso tempo insieme. L’austriaco aiuta perfino quella che poi sarebbe diventata la sua vittima a pulire la stanza. E vanno assieme a far la spesa. Attorno alle 19.30 i tre salgono nella stanza dell’imputato. Nasce un nuovo diverbio. «Ha cominciato a tirarmi dei calci sugli stinchi», ha spiegato l’austriaco, «e io ho risposto con dei pugni». Tanti pugni. Sei o sette almeno. Cantoreggi perde i sensi, e perde tanto sangue. L’austriaco lo afferra per una sciarpa e - come mostrato da un video proiettato in aula - lo trascina per il corridoio mentre è svenuto, tirandogli un calcio nel ventre, e lo sposta nella sua camera lasciandolo sul pavimento, sulla schiena.
L’austriaco e l’altra persona tornano in stanza, si bevono una birra, e si mettono a pulire con un mocio. Poi, dopo diversi minuti, vanno a controllare Cantoreggi. Lo mettono sul letto, girandolo sul fianco «per evitare che soffocasse nel suo sangue». Ricostruzione che non convince l’accusa (la procuratrice pubblica Valentina Tuoni), convinta che la vittima sia stata spostata solo quando si sono accorti che non aveva più polso.
Chiesti 17 anni di carcere e l’espulsione per 15 anni
La procura pubblica ha chiesto 17 anni di carcere e l’espulsione per 15 anni. «La colpa è gravissima. Ha ucciso per futili motivi, per dimostrare la sua supremazia su di lui, dimostrando disprezzo totale della vita altrui. Ha colpito Cantoreggi con pugni e ginocchiate mentre era inerme, già svenuto. Lo ha lasciato sul pavimento per 20 minuti. Lo ha lasciato morire. E quando si è accorto che non aveva più polso ha chiamato l’ambulanza. Ma ci ha messo 2 minuti a farlo. Perché? Non perché gli importasse di Cantoreggi, che era già morto, ma per modificare la scena del crimine».