Omicidio di Morbio Inferiore: l’imputato rimane in prigione

Rimangono chiuse le porte del carcere per il 68.enne che la mattina del 26 novembre scorso uccise la cognata in un’abitazione di via Campo Sportivo, a Morbio Inferiore. Lo rimangono malgrado l’uomo abbia chiesto l’immediata scarcerazione. La richiesta però, è più volte stata respinta. L’ultima decisione in tal senso è del Tribunale federale, a cui il 68.enne della regione ha indirizzato un ricorso dopo che la Corte dei reclami penali del Tribunale d’appello il 22 maggio aveva respinto un suo reclamo contro la proroga della carcerazione preventiva decisa dalla procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis. La sentenza è del 22 luglio.
Il motivo per cui l’imputato – accusato di assassinio, subordinatamente di omicidio intenzionale – domanda la scarcerazione non è direttamente legato ai fatti che gli vengono rimproverati: «In concreto – si legge nella sentenza –, il ricorrente non contesta la sussistenza di gravi indizi di reato a suo carico. Egli postula tuttavia la sua immediata scarcerazione in quanto "non imputabile", come emergerebbe chiaramente dalla perizia psichiatrica redatta dal perito giudiziario». Una perizia che, non si nasconde nella sentenza, la procuratrice pubblica vorrebbe far ripetere (o meglio nominare un secondo perito), ma questo non è tema del presente reclamo (bensì «oggetto di un’altra contestazione dinanzi alla Corte dei reclami penali»).
Nessuna eccezione
Nella recente sentenza il Tribunale federale conferma sostanzialmente le conclusioni a cui è giunta la Corte cantonale. Ma non prima si sottolineare che «la sussistenza e il grado di imputabilità penale come pure l’adeguatezza della sanzione alla colpa rispettivamente la relativa oggettività devono essere esaminate dal giudice del merito. Il caso è diverso quando eccezionalmente già nella procedura di controllo della carcerazione è chiaro che non può entrare in considerazione né una pena né una misura privativa della libertà». Ma questo non può essere considerato un caso eccezionale in quanto «la situazione non appare chiara»: come stabilito dalla Corte cantonale ad oggi non si può escludere «né una condanna né una misura».
Ma cosa ha concluso il perito? «Che "con verosimiglianza preponderante, la capacità di agire conformemente alla pur scemata (in misura lieve-media) capacità di valutare il carattere dell’atto era totalmente soppressa dalla violenta scarica emotiva". Di conseguenza, il perito ha ritenuto che il ricorrente ha agito in uno stato di capacità di valutare scemata in modo lieve-medio e di incapacità di agire, motivi per cui "dal punto di vista psichiatrico-forense dev’essere considerato non imputabile"».
Conclusioni che però per le Corti cantonale e federale non bastano: «Lo stesso perito ha più volte sottolineato nel suo referto di essersi approfonditamente confrontato "con le difficoltà (di valutazione) che casi di questo tipo indiscutibilmente pongono al perito", ciò che impone anche alle autorità giudiziarie chiamate ad esprimersi sulla sua carcerazione una certa cautela». Il ricorso, sentenzia il TF, è respinto.