Truffa

Orologi e macchinone con i crediti COVID-19

A processo domani a Lugano l’imprenditore italiano residente in città che avrebbe ottenuto illecitamente gli aiuti poi utilizzati per acquisti di lusso: rischia fino a 5 anni - Alla sbarra anche un economista ticinese e un contabile
Sarebbero false le informazioni fornite per ottenere i crediti da 600 mila franchi. © CDT/PUTZU
Chiara Nacaroglu
09.12.2020 06:00

Si aprirà domani, giovedì 10 dicembre, davanti alla Corte delle Assise criminali di Lugano il primo processo relativo a una truffa legata ai crediti COVID-19 in Ticino. Auto sportive, hotel di lusso, orologi costosi, viaggi: questi gli ingredienti della «bella vita» condotta dall’imprenditore italiano, un 47.enne di origini saudite residente a Lugano, che domani sederà sul banco degli imputati. L’uomo – che si trova da poco più di quattro mesi in regime di esecuzione anticipata della pena - era finito in manette a fine giugno perché sospettato di aver fornito false informazioni al fine di ottenere due crediti COVID-19 e di aver utilizzato il denaro, in totale oltre 600.000 franchi, per far fronte a spese personali volte a mantenere il suo stile di vita agiato e non per gli scopi previsti dall’Ordinanza sulle fideiussioni solidali, ovvero le esigenze di liquidità corrente.

Lunga la lista dei reati di cui è accusato: truffa, falsità in documenti, amministrazione infedele aggravata, esercizio abusivo della professione di fiduciario, infrazione alla Legge federale sull’assicurazione per la vecchiaia e i superstiti e a quella sulla previdenza professionale. A mente del procuratore pubblico Daniele Galliano, titolare dell’inchiesta, con parte del denaro ottenuto l’uomo avrebbe acquistato una Range Rover da quasi 60 mila franchi e una decina di orologi di lusso del valore di circa 90 mila franchi. L’uomo rischia fino a 5 anni.

Il quarantasettenne non sarà da solo sul banco degli imputati. Insieme a lui anche un 51.enne economista svizzero residente a Lugano che, secondo l’accusa, avrebbe agito congiuntamente nella messa in atto della truffa e della falsificazione di documenti. I due avrebbero fatto carte false per ottenere i prestiti COVID-19 presentando alle banche i dati contabili «taroccati» verso l’alto di due società con sede a Lugano amministrate dal 47.enne. La prima richiesta risale a fine marzo e riguarda una società anonima (SA) che, si legge sul registro di commercio, dal 2018 offre servizi di consulenza ed intermediazione nel campo della consulenza aziendale in Svizzera e all’estero. La seconda risale invece a inizio aprile e concerne una SA che si occupa di tecnologia e comunicazione nell’ambito dell’energia in Europa, Medio Oriente e Africa. I due prestiti, da 300 mila franchi l’uno, sono stati ottenuti da due diversi istituti di credito.

Tra gli imputati figura infine anche una terza persona che, nel suo ruolo di contabile di una delle società sopraccitate, avrebbe agito in correità con i due nella falsificazione dei documenti.

Ma perché il 47.enne ha deciso di approfittare proprio dei crediti legati all’emergenza coronavirus per finanziare i suoi vizi? Sembra che l’uomo si fosse trovato in difficoltà finanziaria l’anno scorso quando una banca aveva disdetto la linea di credito di una delle sue società a causa dell’assenza di documentazione comprovante il bilancio. Insomma, secondo gli inquirenti l’italiano (e insieme a lui il 51.enne ticinese) aveva tentato di truffare la banca falsificando i conti già l’anno scorso. Nel 2019, però, i controlli effettuati avevano portato alla chiusura del credito. La situazione di emergenza, con migliaia di richieste di aiuti, un tempo relativamente breve per esaminarle e la Confederazione a garantire i crediti, era ancora lontana.

Una ventina i casi in Ticino

In Ticino, le sospette truffe sulle quali si è chinato il Ministero pubblico per approfondire la legittimità della richiesta di crediti sono state finora una ventina. I furbetti in questione avrebbero tentato di appropriarsi di cifre che vanno da alcune migliaia di franchi a oltre 100 mila, arrivando ai 600 mila franchi al centro del processo di domani.

Stando alle cifre diramate qualche giorno fa dal Controllo federale delle finanze - l’organo superiore di vigilanza finanziaria della Confederazione – a livello nazionale gli abusi sono quintuplicati. Delle 136.434 garanzie di aiuti concesse ne sono già state esaminate 133.053 per un valore complessivo di 16,4 miliardi di franchi. Di queste, 4.646 - che corrispondono a 1,2 miliardi di franchi - sono state trasmesse alla Segreteria di Stato per l’economia con il sospetto di un abuso. Nel rapporto precedente erano invece stati aperti «solo» 859 incarti (sui 115.300 esaminati fino ad allora) sui quali sono stati ritenuti necessari ulteriori accertamenti.

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