Pubblico&Privato

Pacato e sorridente, ma la nonna lo portava all'asilo «al guinzaglio»

Con il liberale radicale Alex Farinelli inauguriamo la serie di Pubblico&Privato con alcuni dei candidati al Consiglio degli Stati in vista delle elezioni federali del prossimo 22 ottobre
© CdT/Gabriele Putzu
Gianni Righinetti
08.09.2023 06:00

Alex Farinelli mi attende al Ristorante della Posta a Comano, all’interno c’è già un cittadino del Paese che conosco da anni, mi saluta e Farinelli rimane spiazzato: «Ma come, questo è il mio Comune e tu fai come fosse casa tua», afferma con una vigorosa stretta di mano e un ampio sorriso. Ecco, questo è il benvenuto a «casa sua». «Comano è nel mio cuore e sono onorato di esserne sindaco dal 2016 dopo 12 anni in Consiglio comunale. È un Comune di campagna ma a due passi dalla città, una località che ti lega. Qualcuno magari parte per diversi motivi, ma poi rientra e questo è un dato oggettivo e significativo. Per rendere l’idea di come gira la ruota, ho avuto anche il piacere di pensionare la mia maestra delle elementari». Farinelli, classe 1981, parla della sua infanzia, con quel «carattere irrequieto, almeno fin verso i 13 anni, diciamo poco gestibile per i miei genitori. La nonna paterna mi portava all’asilo “al guinzaglio”, per il timore che scappassi via. Ecco, questo ero io nei miei primi anni. Poi, garantisco, lentamente sono migliorato. Man mano sono maturato, ho fatto il liceo, poi Economia a Zurigo e a Lugano. Con il tedesco non ho mai avuto un gran rapporto, ma per finire l’ho imparato, e questa estate sono stato un mese a lavorare a Zurigo per affinare un po’ lo switzerdütsch».

Il risotto nella cornice bernese

Sempre affabile, pare non arrabbiarsi mai, ha l’aria seria, di colui che potresti descrivere come il «secchione della classe», e invece? «Invece secchione non sono mai stato, ho studiato, ma faticato, forse semplicemente perché studiare non mi piaceva troppo». È una persona di compagnia, basta solo osservare come si muove a Palazzo federale. È in Consiglio nazionale solo dal 2019 e a saldo del periodo della pandemia pare un navigato parlamentare. Parla e gesticola. Una sua caratteristica? «Beh, in effetti è così, ma per quanto concerne la politica federale devo dire che mi piace, mi coinvolge ed è bello stare in contatto con molti colleghi. A Berna siamo un po’ una comunità, durante le sessioni rappresentiamo sì partiti e sensibilità diverse, ma alla fine siamo tutti sulla stessa barca, se ti sai comportare nessuno ti osserva dall’alto al basso. Poi la maggior parte dei parlamentari non rientra al domicilio alla sera e allora nascono simpatiche compagnie». A Farinelli piace giocare a tennis o darsi un po’ alla palestra: «Ma non disdegno un buon piatto e un bicchiere di vino. Non per nulla abbiamo creato il gruppo del risotto e a me ogni sessione spetta il piacere di cucinarne uno a base di prodotti della stagione». Insomma, una sorta di Masterchef del Parlamento federale: «Ma, no, siamo un piccolo ma affiatato gruppo».

Mamma, papà e l’Alfa Romeo

È tempo di metterci in cammino, in direzione del Colle di San Bernardo, non una faticaccia, ma il caldo asfissiante rende la salitina un poco più ardua, ed è tempo di fare due chiacchiere sulla famiglia: «Mio padre, Francesco, è stato meccanico ai tempi dell’Alfa Romeo con sede ad Agno ed è lì che ha conosciuto mamma Sandra. Quando la sede ticinese è stata chiusa ha fatto l’ispettore delle concessionarie Alfa in Romandia. Ricordo che era spesso via, ma quando tornava ci portava dei dolci. Poi fortunatamente ha potuto lavorare 25 anni per la città di Lugano tornando vicino alla famiglia. Io sono il figlio di mezzo, siamo tre maschi con Nicola e Oliviero». Qualche aneddoto? «Beh, si litigava spesso e si faceva tanto casino. Poi le vacanze con i nonni rigorosamente a Cervia, che però ci tenevano al massimo due alla volta. Mi pare evidente il motivo». Il suo rapporto con lo sport? «Mai eccellente, mi piaceva, ma senza fanatismo o sogni, giochicchiavo a calcio ma con due piedi sinistri, poi il nuoto nella Società Lugano e la corsa d’orientamento. Dalla stessa tornavo spesso con la bocca viola dai mirtilli mangiati lungo il tragitto. Penso di avere dato l’idea di quanto ero convinto dell’attività». Ciliegina sulla torta? «Tre anni da esploratore nell’AGET Lugano, una bella esperienza e tanti bei ricordi».

Quelle estati a pesare la frutta

«Sono figlio di lavoratori e il lavoro, anche da studente, mi è sempre piaciuto, anche perché mi permetteva di guadagnare da me e per me qualche franchetto. Credo faccia parte del processo di crescita e responsabilizzazione. Mi permetteva pure una mia piccola ma importante indipendenza, senza dover ogni volta chiedere ai miei genitori. A 15 anni sono stato d’estate alla Migros, poi alla Manor di Vezia, dove sono stato per 10 anni a lavorare da studente, il sabato e nelle vacanze». Un impegno certamente per un ragazzo, con quali compiti? «Inizialmente pesavo frutta e verdura, non era ancora il tempo del fai da te di oggi e poi tante altre cose in negozio».

La chiamata di Walter Gianora

Siamo sul colle e la squadra di operai del Comune è al lavoro per la festa di San Bernardo è tempo di affrontare il capitolo «politica». «In famiglia non si mangiava pane e politica, anche se mia nonna era piuttosto sfegatata per il PLR, non perdeva un solo comizio. A casa Farinelli vige il principio della libertà d’espressione e di militanza, uno dei miei fratelli è simpatizzante MPS. E va bene così. Il mio interesse per la politica si è sviluppato in particolare dalle elezioni cantonali del 1999 quando ho iniziato a seguire i dibattiti elettorali in tv». Poi è arrivato l’avvicinamento al movimento giovanile e, come si suol dire, «da cosa nasce cosa». «Lavoravo alla Corner con un contratto a termine e Walter Gianora, in procinto di diventare presidente, mi ha avvicinato per il ruolo di segretario. Ho accettato e oggi sono felice di quell’esperienza, forse troppo breve, ma tengo a dire che Walter è una persona squisita, trasparente e buona. Forse troppo buona per il mondo della politica». La ruota gira ed è l’ora di Rocco Cattaneo: «Rocco è un amico e mi spiace abbia deciso di lasciare la politica federale, ma lo capisco e lo stimo. È stato il presidente del cambiamento nel PLR, ricordo che quando mi svegliavo la mattina temevo sempre di trovare qualche sua frase forte sulla stampa, erano anni piuttosto turbolenti, ma alla fine lui è riuscito a cambiare passo, a dare spazio ai giovani. Il lunedì mattina, prima di andare al lavoro a Bellinzona, passavo da Rivera, ma mai senza aver dapprima chiesto alla sua collaboratrice come era “il meteo” sul Ceneri. Rocco, l’uomo del fare, affabile, disponibile e generoso, non gradiva perdere tempo. Un vero imprenditore prestato alla politica». Poi nel 2015 l’elezione in Gran Consiglio e la discussione nel gruppo parlamentare per il ruolo di capogruppo. «In pole position c’era Bixio Caprara, altri proponevano me. Ci siamo incontrati e schiettamente, con poche parole, lui mi ha detto che sarebbe toccata a me, ma sono grato che abbia anche deciso di fare il mio vice. Non scontato dato che era in predicato di essere il numero uno. Ma un grande gesto di umiltà e spirito di servizio». Le Federali del 2019 hanno poi permesso a Farinelli di consolidare le sue posizioni in Ticino prima di andare a Berna in Consiglio nazionale nel ruolo di più votato in assoluto: «Ma questa è storia, in politica conta sempre il prossimo appuntamento con le urne».

Destra o sinistra? «Si specula»

Come gran parte dei parlamentari di milizia, anche Farinelli ha una professione, nella fattispecie è vicedirettore della Società degli impresari di costruzioni, quindi un profilo attento all’economia? «Assolutamente sì, anche se poi su ciò che facciamo e diciamo ci sono sempre molte speculazioni». Ad esempio c’è chi sostiene che lei sarebbe piuttosto incline a guardare più a sinistra che a destra? «Lo ripeto, sono speculazioni. Certo ho sostenuto la legge sull’energia e su alcuni temi di società, come il matrimonio per tutti, mi sono schierato. Dare etichette? Fa parte del gioco e di certo non mi impressiono, men che meno cambio le mie idee di persona che mira a ragionare con la sua testa». E come interpreta la sua corsa al Consiglio degli Stati? «Ci ho pensato a lungo, il partito era interessato a me in questo ruolo e 1+1 ha fatto immediatamente 2. Ora si tratta di giocare questa partita, con determinazione ed umiltà, rispettando gli altri candidati. Io ci sono e sappiamo che il 22 ottobre sarà importante per il piazzamento in vista del secondo turno. Spero che sia una campagna fatta di temi e non di slogan o etichette affibbiate un po’ tanto per dire qualcosa. Le definirei etichette tentatrici».

È un momento particolare, qualche mese fa è terminata una relazione che durava da 5 anni, ma era complicata perché il mio compagno viveva all’estero, distante dal Ticino. Non dico che questo sia impossibile, ma è necessario avere una prospettiva di medio termine sul fatto che si possa costruire un futuro insieme

Il compagno e la famiglia

Cambiamo registro. Come va la vita a livello privato? «È un momento particolare - confida Farinelli – qualche mese fa è terminata una relazione che durava da 5 anni, ma era complicata perché il mio compagno viveva all’estero, distante dal Ticino. Non dico che questo sia impossibile, ma è necessario avere una prospettiva di medio termine sul fatto che si possa costruire un futuro insieme. Purtroppo non è stato così. Questo legame mi ha permesso però di aprirmi e affrontare la questione con i miei genitori che hanno compreso e accettato, conoscendo il mio compagno e facendolo sentire veramente parte della famiglia». Gli affetti sono sempre un tema delicato sui quali non bisogna mai essere invadenti. Ma perché ad un certo punto ha deciso di parlarne pubblicamente? «La decisione di parlarne pubblicamente (senza farne un tema centrale) è maturata con il tempo, non tanto per me ma anche perché mi sono man mano reso conto che è importante che anche delle persone pubbliche ne parlino, questo per aiutare a far passare il messaggio (in particolare per i giovani, ma in generale nella società) che questo deve diventare un “non tema” e che ognuno va valutato per ciò che fa e non per i suoi affetti».

Il polpettone di mamma Sandra

Il tempo vola ed è quasi ora di pensare al pranzo. Per l’occasione mamma Sandra si è messa in cucina e il menu promette bene: insalata, zucchine in carpione, polpettone della nonna cucinato dalla mamma con contorni e rotolo con marmellata fatta in casa. L’accoglienza è con un grande sorriso, l’aperitivo sul balcone con una vista ampia e profonda sul Luganese. Il candidato al Consiglio degli Stati ci mostra la sua camera da ragazzo, usata ora per altro per necessità di casa Farinelli. «Ma c’è ancora un segreto», ci dice. Scendiamo in quello che è ancora lo studio di lavoro di Farinelli. Alle pareti i cartelloni delle precedenti campagne, quelli con il viso fresco e il sorriso che vuole convincere alla crocetta. C’è per caso qualche ritocco grafico? «Ma no, è solo che ero più giovane» risponde senza esitare. Ma prima di mettersi a tavola c’è un altro membro della famiglia Farinelli da conoscere. Il cane Laika che fa festa a tutti, ma con eleganza e senza invadenza. In stile Farinelli.