Parla Sir Lindsay Owen-Jones: «Parola d’ordine concretezza»

Si conosceva l’ammontare – 20 milioni di franchi – dell’investimento che il gruppo Amici dell’Aeroporto intendeva mettere sul piatto per il rilancio di Lugano Airport. Sui dettagli, invece, solo il Municipio fino ad oggi aveva avuto modo di approfondire il discorso. Sir Lindsay Owen-Jones, ex CEO del Gruppo L’Oréal, a capo della cordata suddivisa al 50% con Investindustrial (famiglia Bonomi), ci ha accolto ieri nella sua villa di Montagnola e ha deciso di scoprire, almeno in parte, le carte del suo progetto per lo scalo.
«Vogliamo rilanciare l’aeroporto e la sua attività partendo da due premesse: promettere troppo non significa automaticamente fare meglio. Inoltre bisogna evitare la gara di promesse che non hanno probabilità di essere mantenute. Non nascondo che all’inizio c’è stata anche una forte motivazione e un interesse a livello personale, ma poi è nata la convinzione di voler continuare a garantire a questa città e a questo territorio una finestra aperta sul mondo. Lugano non può non avere uno scalo adeguato! È un servizio per tutta la comunità, e deve essere un servizio pubblico».
L’interesse di Investindustrial (come per altre aziende) è legato ai posti di lavoro in Ticino: 50 dipendenti qualificati, per i quali volare è una necessità. Poi vi è l’interesse personale di poter disporre di una pista d’atterraggio per aerei privati. «Per me la presenza di un aeroporto è una conditio sine qua non per continuare a vivere in Ticino, ma questo discorso riguarda ovviamente anche altri uomini d’affari e non solo. Da qui l’idea di un progetto realistico e sostenibile, che potesse permettere di collegare Ginevra con velivoli di piccola capacità, ma in grado di garantire un collegamento e un servizio impeccabili. E anche Berna, la capitale da cui la Svizzera italiana si sente spesso distante». Partiamo allora proprio dai voli di linea. La cordata intende affidarsi, come noto, alla compagnia lussemburghese Luxaviation. L’idea è di operare a corto raggio con dei piccoli aerei – modello King Air – da 10 posti. «Dipende cosa si intende per piccoli», sottolinea l’uomo d’affari, che aggiunge: «Si tratta di un modello scelto in base allo studio compiuto sui dati di occupazione dei velivoli negli ultimi anni ad Agno. Ebbene, si utilizzavano aerei da 60 posti occupati al massimo da 20 passeggeri. Se la domanda, nel tempo, dovesse crescere, potremmo sempre aumentare la frequenza, oppure far capo a velivoli più capienti».

Partire con prudenza
Un concetto, quello del «partire con prudenza», che conferma la politica dei piccoli passi e della sostenibilità che caratterizza il pensiero della cordata su più fronti. Ma restiamo ai voli di linea: «Chi dovesse salire su un King Air - prosegue sir Lindsay Owen-Jones - avrà a disposizione un servizio non inferiore a quello di un vero jet privato. Certo, pochi posti faranno sì che le tariffe non possano essere proprio popolari. D’altronde, il target principale è quello di chi vola per lavoro, uomini d’affari e manager, che non possono permettersi di rimanere due giorni a Ginevra solo per un meeting di poche ore. In ogni caso, attraverso potenziali contributi erogati dalla Città, il servizio potrebbe diventare interessante anche per altre fasce della popolazione ticinese». Si parla, al momento, di circa 300 franchi a tratta, ma per ora è appunto solo una proiezione. «Gli aerei che intendiamo utilizzare permettono anche un minor impatto ambientale. Consumano infatti molto meno e fanno poco rumore: perfetti per una realtà come Lugano Airport».
L’acqua che filtra dal tetto
L’aeroporto avrà tuttavia bisogno anche di investimenti immobiliari. Di un vero e proprio restyling. «Quando ci hanno invitato a fare un sopralluogo non nascondo di aver provato una buona dose di tristezza. Pioveva, e per terra erano stati posati dei secchi d’emergenza per raccogliere l’acqua che filtrava dai tetti». Gli Amici dell’Aeroporto intendono dunque intervenire realizzando un nuovo terminal e degli hangar che diano allo scalo funzionalità, strutture necessarie e anche un’immagine fresca e moderna. «Trasparente» afferma ancora sir Lindsay Owen-Jones, richiamando a una chiarezza anche a livello d’investimenti. «Già. Vorremmo investire complessivamente 20 milioni di franchi. O almeno ci piacerebbe. Ma non so se ci riusciremo. Ben inteso, non per mancanza di fondi, ma perché la storia di Lugano Airport è segnata dalla difficoltà di realizzare qualcosa di concreto. Negli ultimi 10 anni non è stato costruito nemmeno un metro quadrato». Questo a causa di scontri politici, opposizioni e ricorsi, ma anche del fatto che chi ha gestito lo scalo ha in fondo sempre sperato che a investire fossero le compagnie aeree, come ai tempi di Crossair.
«Serve capitale, subito»
«Da un punto di vista del business – spiega l’ex CEO di L’Oréal – ci converrebbe forse investire di più. Ma è una cosa che si potrà fare in futuro; quando saremo riusciti ad investire nell’aeroporto i primi 20 milioni, saremo allora in una dinamica di crescita». Quel che è chiaro – sottolinea ancora sir Lindsay Owen-Jones – è che serve al più presto una ricapitalizzazione dello scalo. Questo passo è da compiere immediatamente per far fronte agli interventi urgenti: oltre al terminal da sistemare, l’asfalto è da rifare (tranne quello della pista) mentre il sistema di distribuzione del carburante va sostituito, così come buona parte degli impianti tecnici».
Il personale
Il piano per il personale e i conseguenti posti di lavoro sono poi un tema centrale per la cordata, che intende confermare tutti i dipendenti attualmente sotto contratto (16 unità a tempo pieno) e assumerne altri 11 pure «full time» per far fronte alle nuove richieste e all’ampliamento dei servizi. Senza dimenticare che la riattivazione dei voli di linea potrà portare ulteriori figure professionali ad Agno.
«Collaborare? Difficile»
Nei prossimi mesi il Municipio di Lugano dovrà dunque scegliere tra il progetto Owen-Jones/Bonomi e quello di Marending-Artioli & Partners. C’è eventualmente la possibilità – come auspicato dall’Esecutivo – che i due gruppi possano collaborare? «Ho l’impressione - ci spiega - che il Municipio, più che una collaborazione, suggerisca proprio una fusione tra le due cordate, questo per non dover escludere uno dei progetti. È però oggettivamente difficile, per non dire impensabile, che due impostazioni e due business plan così diversi possano in qualche modo confluire in un’unica soluzione progettuale».
Le differenze
«A fronte - sottolinea sir Lindsay Owen-Jones - delle nostre 27 unità a tempo pieno in totale (nel business plan sono previsti 2,75 milioni), la cordata Artioli se abbiamo bene inteso vorrebbe mantenere solo poche unità e cedere a un operatore esterno gran parte del personale e dell’attività. Inoltre noi abbiamo una società unica, in cui versiamo i soldi. Lì vi saranno tutti gli investimenti che realizzeremo, per complessivi 20 milioni, tutti i ricavi e i costi (primo fra tutti il personale). Tutto molto trasparente e chiaro, facile da verificare: una solida società unica. Nel progetto Artioli, a quanto ci consta, la società di gestione ha pochi attivi, pochi ricavi e pochi costi e i soci rimangono proprietari di altri “moduli immobiliari” in cui investono, da soli o con altri, e che poi restano fuori dalla società di gestione, alla quale vengono messi a disposizione creando flussi di capitali nelle due direzioni. Non sono critiche ma differenze oggettive».
I vantaggi per la Città
C’è poi un aspetto centrale, che riguarda il canone d’affitto che il gruppo che si aggiudicherà l’aeroporto dovrà versare alla Città per l’utilizzo della superficie. «Inizialmente si era parlato di 100.000 franchi, ma è un aspetto su cui non mi focalizzerei troppo. Il vero vantaggio di una privatizzazione riguarda il fatto che Lugano non dovrà più farsi carico degli stipendi (oggi 1,7 milioni l’anno), delle spese, degli investimenti e delle perdite dello scalo, che in futuro potrebbero ripresentarsi».
«Cemento e ancora cemento»
Parlare di aeroporto ed ecologia potrebbe sembrare un ossimoro, eppure sir Lindsay Owen-Jones mostra una sensibilità per l’ambiente e per la sua sostenibilità quasi sorprendente. «Lo devo ad una delle mie grandi passioni, la vela. Il momento più bello di una regata è proprio quando, uscendo dal porto, si spegne il motore ed è il solo vento, la natura, a spingerti in mare aperto. Si parla tanto di aeroporti, tra favorevoli e contrari, ma vi immaginereste cosa sarebbe oggi quell’area del Vedeggio senza lo scalo? In molti credono che diventerebbe un campo di patate. Io, visto quanto accade in Ticino e in particolare a Lugano negli ultimi tempi, dove si costruisce molto malgrado un calo demografico, credo che sulla pianura di Agno vedremmo solo una cosa: cemento, cemento e cemento».