Processo

Passerella di periti sul delitto di Gordola

Parlano gli esperti nella prima udienza d’appello per la morte del 44 enne mendrisiotto nel 2017 all’uscita della discoteca La Rotonda
©CHIARA ZOCCHETTI
Mauro Giacometti
11.03.2022 19:18

Quattro perizie a confronto per stabilire la dinamica e le cause di una morte improvvisa quanto assurda, quella di un uomo, padre di famiglia, che stava uscendo da una discoteca dopo un’allegra serata passata con gli amici. È iniziato oggi al Pretorio di Locarno il processo d’appello sul drammatico decesso del 44.enne del Sottoceneri all’uscita della discoteca La Rotonda di Gordola nell’aprile del 2017. Difeso dall’avvocato Yasar Ravi non era alla sbarra - assente giustificato - l’allora 21.enne condannato in prima istanza a cinque anni di reclusione per omicidio colposo, anziché intenzionale come chiedeva la pubblica accusa. Dopo un paio di rinvii e una superperizia richiesta direttamente al dottor Antoine Roggo, dell’Università di Berna, la presidente della Corte d’Appello Giovanna Roggero-Will ha convocato in aula tre specialisti per definire ancor più chiaramente le modalità e le cause della morte del 44.enne, travolto e caduto a terra per un colpo subito alla base del collo, rivelatosi poi letale, provocato da un pugno o una spallata mentre si apprestava ad uscire dalla discoteca. Un’udienza interlocutoria, dunque, senza dibattimento e ricostruzione in aula dei fatti, convocata dalla giudice Roggero-Will anche per rispondere alle richieste di un’ulteriore perizia medico-scientifica avanzate dal procuratore pubblico Arturo Garzoni e dall’avvocato di parte civile Diego Olgiati.

Cause naturali
A provocare la richiesta di un ulteriore esame di un esperto sono state le risultanze della «superperizia» del dottor Roggo secondo le quali la lacerazione dell’arteria vertebrale sinistra, che determinò il decesso del 44.enne, non fu verosimilmente di origine traumatica. La dissezione dell’arteria, sostenne lo specialista bernese nel rapporto consegnato alla Corte nel giugno dello scorso anno, sarebbe da ascrivere ad un’alterazione patologica del vaso sanguigno della vittima. Insomma, poco importa se venne o no sferrato un pugno, peraltro sempre negato dall’imputato sia durante l’inchiesta che nel corso del processo di primo grado: secondo lo specialista dell’Università di Berna il drammatico decesso del 44.enne, morto qualche ora dopo il ricovero in ospedale, sarebbe da ricondurre a cause naturali manifestatesi indipendentemente da quanto accadde nell’atrio della discoteca in quel 22 aprile 2017.  

TAC e autopsia
È toccato inizialmente al radiologo Marco Palmesino, che ai tempi effettuò al Civico la TAC sul 44.enne, prima e dopo il suo decesso, confermare sostanzialmente che gli esami rivelarono un’infrazione della corticale ossea nella regione del «clivus» (ossicino del cranio), microfrattura che provocò poi la dilatazione dell’arteria e l’emorragia. Palmesino ha ribadito che la lettura e l’elaborazione della TAC rivelava sia la microfrattura che la variante anatomica riscontrata da Roggo. Quindi la patologa Luisa Andreello, chiamata anch’essa a confermare i risultati dell’autopsia, eseguita insieme al dottor Antonio Osculati (deceduto nel 2020), ha sostenuto ieri in aula che la causa della morte fu un colpo, probabilmente un pugno, che provocò un traumatico «colpo di frusta» nella vittima. E a proposito dell’alterazione patologica dell’arteria sinistra del 44.enne, riscontrata anche in sede di autopsia, secondo la patologa non poteva considerarsi come causa della sua morte, avvenuta ha ribadito ieri in aula per un evento traumatico.  

«Una diga rotta»
Nel pomeriggio è stato ascoltato dalla Corte anche un ulteriore perito, incaricato dal procuratore pubblico Arturo Garzoni durante l’inchiesta e poi sentito in aula nel processo di primo grado. Si tratta del dottor Ennio Pedrinis che nell’aula delle Assise criminali, davanti alla Corte presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, evidenziò per primo la presenza e l’importanza della dissezione presente nel «clivus» della vittima. Pedrinis ha contrastato fermamente le conclusioni del dottor Roggo, ribadendo che la lacerazione dell’arteria, lunga circa 4 millimetri, può essere avvenuta solo in presenza di una torsione improvvisa per un colpo ricevuto da tergo. «È come una diga che s’è rotta», ha efficacemente sintetizzato il patologo, ribadendo anch’egli che la variante anatomica dell’arteria della vittima non avrebbe inciso nella fatalità dell’evento traumatico: «Circa l’80% delle arterie umane ha calibri diversi, conformazione che non determina alterazioni acute come nel caso esaminato», ha spiegato Pedrinis.

La decisione
Ora, dopo gli approfondimenti medico-scientifici portati in aula, la Corte si pronuncerà sull’esigenza o meno di una nuova perizia oppure se iniziare il dibattimento e giungere ad una sentenza. Una decisione nel senso o nell’altro è attesa per la settimana prossima. Certo è che nel caso venga richiesto un ulteriore esame dell’incarto da un esperto, dibattimento e sentenza slitteranno ancora di qualche mese.