Per le commesse pubbliche un giro di vite agli interinali

Dopo averci «provato» nel 2017. E dopo una sentenza del Tribunale federale, risalente al 2021, con cui la proposta era stata cassata (ma con importanti aperture al cambiamento), il Gran Consiglio tornerà presto – ossia a inizio ottobre – ad affrontare il tema del lavoro interinale, un fenomeno in forte crescita nel nostro cantone.
In questi giorni, infatti, la Commissione economia e lavoro ha sottoscritto il rapporto di Fabrizio Sirica (PS) che propone di avallare un’iniziativa parlamentare presentata dal deputato Claudio Isabella (Centro) assieme ad altri colleghi di PS, Lega, PLR, Avanti con T&L e Verdi, che ha un chiaro obiettivo: modificare la legge sulle commesse pubbliche per renderla più restrittiva «nei confronti delle aziende che fanno ampio uso di manodopera interinale».
Un paio di passi indietro
Ma prima di arrivare alla proposta, facciamo qualche passo indietro, fino al 2017, anno in cui il Gran Consiglio approvò una modifica della già citata legge, assimilando il lavoro interinale al subappalto.
Due anni più tardi, poi, il Governo modificò di conseguenza il relativo regolamento. E fin qui, tutto bene.
Qualche mese dopo (siamo nel luglio del 2019), l’associazione mantello delle agenzie interinali e altre sei singole agenzie inoltrarono ricorso al Tribunale federale, chiedendo di annullare le modifiche. E i giudici di Mon Repos, in sostanza, nel 2021 accolsero quel ricorso, annullando di fatto la parte delle modifiche che assimilava l’impiego di personale fornito da terzi (ossia il lavoro interinale) al subappalto.
Ma non è tutto. Sì, perché in quella stessa sentenza l’Alta Corte di Losanna fece un’importante apertura, scrivendo nero su bianco che l’accoglimento parziale del ricorso «non significa che il legislatore cantonale non abbia nessuna possibilità di limitare l’impiego di personale interinale».
Ciò, a condizione che le modifiche siano fondate «su criteri di idoneità o che siano di natura sociale e a condizione che venga rispettato il diritto nazionale e internazionale. E da qui, da questa apertura del Tribunale, nacque l’iniziativa recentemente approvata dalla Commissione economia e lavoro e che dunque presto approderà sui banchi del Gran Consiglio.
Il margine di manovra
L’Alta Corte nella sentenza non si era però solo limitata a dire che il legislatore avrebbe comunque potuto intervenire sulla legge. Chiariva infatti anche qual è, dal punto di vista pratico, il margine di manovra del Parlamento nel legiferare in tal senso.
Affermando, ad esempio, che «allo scopo di garantire una prestazione lavorativa di qualità, la legge può prevedere che il committente possa esigere che la ditta offerente sia stabile sotto il profilo del personale e che svolga la commessa impiegando personale dirigente che dispone di esperienza nel campo ed è alle sue dipendenze già da tempo». Oppure che, «allo stesso modo, può essere preteso dalla ditta aggiudicataria che la maggior parte dei lavoratori impiegati per portare a termine la commessa – anche in funzioni subordinate – siano già alle dipendenze della ditta e non siano invece assunti appositamente a tal fine».
Aperture che, sostanzialmente, vengono ora riprese nell’iniziativa, la quale nel dettaglio chiede che: il committente possa esigere dalla ditta offerente la stabilità sotto il profilo del personale impiegato e che la stessa svolga la commessa impiegando personale che dispone di esperienza nel campo ed è alle sue dipendenze già da tempo; la ditta aggiudicataria dell’appalto abbia la maggior parte dei lavoratori impiegati per portare a termine la commessa e che gli stessi siano già alle dipendenze della ditta e non siano invece assunti appositamente a tal fine; il committente abbia la facoltà di effettuare controlli del rispetto di quanto sopra indicato.
Dai numeri alla qualità
«La proposta – spiega l’iniziativista e presidente della Commissione economia e lavoro Claudio Isabella – da una parte è nata per proseguire quanto già deciso a livello politico nel 2017, dall’altra poiché, come dimostrano i numeri, abbiamo reputato necessario regolamentare l’utilizzo del personale più precario, cioè quello interinale».
E, «avendoci dato quest’assist (ndr. da parte del Tribunale federale), abbiamo pensato di utilizzare il margine di manovra indicato dai giudici per rendere la proposta conforme al diritto superiore e alla giurisprudenza».
Più in generale, guardando alla situazione dell’economia ticinese, «si tratta anche di permettere alle aziende che non fanno capo al lavoro interinale e che investono nel proprio personale (formazione posti di lavoro stabili, ecceterà) di poter gareggiare nei concorsi pubblici ad armi pari». Senza dimenticare, chiosa Isabella, l’aspetto della qualità, poiché «facendo capo a personale già impiegato in azienda ci si assicura che abbia maggior esperienza nel campo».
