Ticino

Per le prostitute meno clienti e spese in aumento: «È cambiato tutto»

Dopo il boom degli anni d’oro, sono sempre meno i postriboli che riescono a rimanere aperti – I gerenti dei locali: «Andare avanti così non è facile»
©Ti-Press
Martina Salvini
11.01.2024 06:00

«Oggi, se avessi un gruzzoletto da parte, ci penserei bene prima di investire in questo settore». Non ha dubbi, il responsabile di uno dei più noti locali erotici di Chiasso: la ‘‘pacchia’’ è finita. Dopo il durissimo colpo agli affari inferto dalla pandemia, la prostituzione è entrata in crisi. Tanto in crisi da spingere alcuni locali a chiudere e molte ragazze a “traslocare” negli appartamenti della vicina Italia. «Va malissimo», conferma in effetti Anna, una giovane polacca che lavora nel Luganese e che abbiamo contattato attraverso un sito di incontri. «Non so dire quale sia la ragione, ma negli ultimi anni il fatturato è calato addirittura del 70% e ora sto pensando di trovare un altro lavoro». Che l’aria sia cambiata, viene confermato anche da Lara, che si è trasferita dalla Romania oltre 10 anni fa: «È tutto diverso. Io, ad esempio, nel corso degli anni ho lavorato sia negli appartamenti sia nei locali erotici e posso assicurare che non sono più i tempi di una volta». Sono calate le tariffe, racconta Lara, ma sono cambiati anche i clienti. «Io ormai mi sono creata un giro di uomini ‘‘fissi’’ e tiro avanti con quelli. Mi sono stancata degli sconosciuti: oggi nessuno paga più quello che dovrebbe. Pretendono sempre più prestazioni e vogliono pagare sempre meno». Anni fa, Lara guadagnava anche mille franchi al giorno. Soldi che le hanno permesso nel tempo di acquistare una casa in Italia e una qui, in Ticino. «Oggi capita invece che l’incasso giornaliero sia zero. Prima era impensabile». «Quando un’amica mi ha parlato di questo lavoro e di venire in Svizzera mi aspettavo di più», dice anche Sabrina, arrivata da circa un mese. «Non è un granché», ammette ora. «Venivo da una situazione finanziaria difficile e pensavo che avrei potuto mettere da parte più soldi. Invece arrivo a stento a guadagnare 2 mila franchi al mese e, tolte le spese per l’alloggio, i vestiti e il cibo, mi restano in tasca appena 300 franchi».

Chi chiude e chi cambia

Anche tra i gerenti dei locali si respira un certo malcontento. Nel corso degli anni, molti postriboli hanno chiuso definitivamente, altri hanno cambiato gestione. Nei primi anni Duemila, quindi prima dell’Operazione Domino che nel 2012 portò a una stretta nel settore, si contavano 35 postriboli e circa 600 prostitute. Oggi, secondo gli ultimi dati disponibili forniti dalla Polizia cantonale, nel nostro cantone si contano 9 locali erotici autorizzati e poco più di un centinaio di prostitute. Alcune realtà storiche, ci viene confidato da chi conosce bene il mondo della prostituzione, sono in vendita da mesi. «Ma costano svariati milioni e nessuno oggi ha i soldi necessari per rilevarli: le banche difficilmente concedono prestiti a chi è attivo nel nostro settore e in pochi vogliono assumersi il rischio di investire in un ramo che non tira più come una volta». A resistere, ci dicono, sono i locali più modesti, che hanno minori spese di gestione, e quelli situati in zone strategiche, soprattutto lungo il confine. «La clientela italiana è rimasta – spiega un altro gerente – ma dobbiamo considerare che il giro d’affari si è pressoché dimezzato e, al contempo, le spese sono lievitate». Una tesi ribadita anche dal responsabile di un altro locale erotico del Luganese: «La situazione? Rasenta il drammatico», risponde amareggiato. «Negli ultimi anni, il calo degli affari è stato drastico e si fatica ad andare avanti». In questo postribolo a due passi dal confine, fino a qualche tempo fa lavoravano 10-12 ragazze. «Oggi ne sono rimaste soltanto tre. Lo spartiacque, per noi, è stato il periodo pandemico: le continue chiusure imposte dalle autorità hanno rappresentato una battuta d’arresto importante, influendo negativamente sul mercato, ma anche sul giro di ragazze che lavorano nel settore». Molte, prosegue il nostro interlocutore, sono sparite e non hanno più fatto ritorno in Ticino. A un certo punto, anche qui si è pensato di vendere, confessa. «Ma è difficile trovare qualcuno che voglia ancora investire in questo campo. La crisi generalizzata, così come la nuova legislazione, hanno rovinato il mercato». I paletti imposti dalle autorità, raccontano un po’ tutti i gerenti, sono aumentati. «A volte sembra che vogliano complicarci la vita», dice uno di loro. «Con la nuova legge (entrata in vigore nel 2019, ndr) i controlli per chi gestisce un postribolo sono aumentati, e questo va bene. Peccato che, nel frattempo, dobbiamo fare i conti con la crescente concorrenza di chi esercita la prostituzione, talvolta illegalmente, negli appartamenti».

Concorrenza sleale?

Poco convinto della reale efficacia della nuova legge è anche il responsabile di un altro locale, questa volta nel Sopraceneri. «Noi siamo super controllati e se sgarriamo la paghiamo cara, com’è giusto che sia. Ma là fuori – dice, parlando degli appartamenti – è terra di nessuno». Il problema, racconta, è la concorrenza sleale. «Le norme ci sono, ma forse i controlli sono carenti e poco efficaci. Il risultato, però, è che si gioca secondo regole diverse e noi siamo penalizzati». Anche qui, in uno degli ultimi postriboli rimasti aperti nel Sopraceneri, il lavoro è calato parecchio nel corso degli anni. «È grigia – dice il responsabile, che vanta una quindicina d’anni di esperienza –, diciamo che il calo è stato almeno del 50%. Di 40 camere, riusciamo a occuparne solo 15. Non ho mai visto una cosa simile. Per dire: la mole di lavoro è la stessa del periodo del COVID, quando però potevamo tenere aperto solo alcune ore al giorno». La gente - lamenta il nostro interlocutore - ha sempre meno soldi da spendere e le ragazze sono sempre più scontente. «Raccontano spesso che ormai i clienti contrattano per tutto, sembra di essere al mercato». L’epoca d’oro, evidenzia, è ormai davvero finita. «Spero almeno di riuscire ad andare avanti con l’attività per qualche anno ancora». Per proseguire, gli fa eco un altro collega del Luganese, serve inventarsi ogni volta qualcosa di nuovo per attirare la clientela, ma anche per ridurre i costi. «Si cerca di limitare le spese dove si può, magari riducendo il numero di baristi oppure risparmiando su altre uscite». Già, perché la cifra d’affari, anche qui, si è dimezzata. «Girano meno soldi, la gente non spende più come prima». E anche le ragazze preferiscono andare a lavorare altrove: «Pensi che quando ho iniziato io, dieci anni fa, qui lavoravano 50-60 ragazze. Oggi oscillano tra le 10 e le 20». «Rimane un’attività che frutta molto più delle altre professioni, è chiaro», evidenzia un altro gerente. «Ma se prima con il passaparola arrivavano qui molte ragazze, oggi quando chiamano le conoscenti a casa le si sente dire: ‘‘È inutile che veniate, qui non c’è più lavoro’’».

«Cresce il rischio di scivolare nell’illegalità»

Se i locali a luci rosse sono in crisi, anche lavorare negli appartamenti è diventato via via sempre più complicato. Secondo la Legge sull’esercizio della prostituzione, come chiarisce la Polizia cantonale, «questa attività è permessa esclusivamente al conduttore o alla conduttrice del contratto di locazione in essere per l’appartamento notificato alla TESEU». «Ma il rischio che si scivoli nell’illegalità è alto», commenta Vincenza Guarnaccia, responsabile di Primis, servizio di Zonaprotetta. «Il grosso problema di questa legge – prosegue – è che, con queste nuove regole, poter esercitare la professione negli appartamenti è diventato molto difficile». Ad esempio, spiega Guarnaccia, «secondo il regolamento d’attuazione, per poter lavorare in un appartamento è necessario andare con il locatore alla Polizia per la registrazione. E anche così non è certo poi che si ottenga il via libera, perché la palla passa al Comune, chiamato a decidere se l’appartamento in questione sia situato in una zona idonea all’esercizio della prostituzione». Insomma, un iter per nulla scontato, che scoraggia chi vorrebbe ottenere l’autorizzazione e lavorare autonomamente, lontano dai postriboli. «Ci sono per esempio donne non più giovani, o persone transgender, che non sono a loro agio a lavorare in un locale erotico e preferirebbero una dimensione più riservata in cui esercitare la professione». Dovendo affrontare tutti questi ostacoli per ottenere l’ok da parte delle autorità, si creano zone grigie. E cresce il rischio di sfruttamento. «Negli ultimi anni – sottolinea l’operatrice di Zonaprotetta – è pertanto aumentato il numero di persone che lavorano in maniera irregolare anche se avrebbero le carte in regola per poterlo fare. Stiamo anche riscontrando una maggiore presenza di persone che arrivano da alcuni Paesi, come il Brasile e la Colombia, che non hanno i documenti necessari per poter esercitare la professione». «Di fronte alla crescita del numero di appartamenti non autorizzati, sono aumentate anche le situazioni di irregolarità. Per noi, questo si traduce in una difficoltà di intervento: è diventato più complicato riuscire a entrare in contatto con queste professioniste e aiutare chi si trova in una situazione di vulnerabilità». «La disponibilità dei locali erotici verso la nostra attività di prossimità è buona», evidenzia Guarnaccia. «E questo ci permette anche di poter portare avanti nei locali stessi alcune campagne: l’ultima, in ordine di tempo, è stata incentrata sul rispetto, per lottare contro lo stigma nei confronti di chi esercita questo mestiere ancora molto presente».

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