Il festival diffuso

Per L’Uomo e il clima appuntamento al 2027

Si è concluso con il «talk» alla Repetto Gallery di Lugano intitolato «Può l’arte salvare la Terra?» la prima edizione della rassegna ideata da Gianluca Bonetti: «Una narrazione vincente che ha coinvolto un pubblico eterogeneo e tanti giovani»
© Repetto Gallery
Paride Pelli
18.05.2025 21:00

Può l’arte salvare la Terra? È questa la domanda attorno alla quale si è conclusa la prima edizione de L’Uomo e il clima, il festival diffuso ideato da Gianluca Bonetti che da novembre 2024 ha coinvolto enti pubblici e privati con l’obiettivo di approfondire e indagare il rapporto tra l’umanità e il clima che cambia. Alla Repetto Gallery di Lugano, che fino al 13 giugno ospita la mostra Il canto della terra curata da Paolo Repetto, si è tenuto un talk con due relatrici d’eccezione: Francesca Sborgi, storica dell’arte e responsabile mediazione e accessibilità delle Gallerie degli Uffizi di Firenze, e Carole Haensler, direttrice del Museo Villa dei Cedri di Bellinzona e presidente dell’Associazione Musei Svizzeri. Su un tema di strettissima attualità, Sborgi e Haensler si sono confrontate proponendo spunti di riflessione partendo dalla loro esperienza professionale e dalle opere in mostra, fino alle ricerche più recenti degli artisti contemporanei che si confrontano con la crisi ecologica e climatica dei nostri giorni. La domanda iniziale - appunto: «Può l’arte salvare la terra?» - risulta, per certi versi, retorica più che esistenziale: l’arte da sola non salverà il mondo, hanno concordato le relatrici, ma possiede un potenziale enorme per offrire strumenti fondamentali nella lotta al riscaldamento climatico. Già: l’arte può essere una forma, un’espressione efficace, per affrontare questo momento emergenziale del nostro pianeta, ma a fare la differenza è piuttosto la cultura in senso antropologico, che si forma attraverso l’educazione, lo studio e la consapevolezza che un cambio di rotta sia necessario. È stato poi affrontato il tema del rapporto tra arte e scienza: «L’arte - hanno spiegato le relatrici - trasmette concetti in modo spesso più forte ed efficace: concetti che, in chiave scientifica, diventano più complessi da spiegare e da comprendere. Le opere, invece, grazie alla loro bellezza e all’immediatezza, ci catturano prima ancora di chiederci cosa siano e cosa rappresentino».

Un esempio concreto è l’opera - in mostra alla Repetto Gallery - del fotografo Daniele De Lonti, che in un’opera di grande impatto ha voluto illustrare tre emergenze ambientali. Tre fotografie che contano più di mille parole. Tra gli artisti che hanno lasciato un segno indelebile nel rapporto arte-ambiente, senza dubbio c’è il rivoluzionario Joseph Beuys, la cui poetica e pratica artistica hanno anticipato temi e riflessioni oggi più che mai attuali: il rapporto tra essere umano e Natura, ecologia, pace, arte come impegno sociale e ricerca spirituale. «Oggi guardiamo le sue opere con altri occhi», hanno affermato Sborgi e Haensler, aggiungendo: «Se tanti anni fa i suoi lavori potevano risultare ai più incomprensibili, oggi sono di una attualità straordinaria». E, come al maestro tedesco, non sono mancati riferimenti alla Land Art e ai contemporanei come l’inglese Hamish Fulton, considerato «l’artista ambulante», di cui è stato citato un illuminante concetto. Nella sua arte, infatti è la natura che va all’individuo e non il contrario. Un chiaro riferimento alle sue celebri passeggiate, iniziate nella campagna inglese negli anni Settanta, durante le quali Fulton ha individuato nell’atto del camminare una forma d’arte che gli permette di avvicinarsi alla natura e incontrare, parallelamente, sé stesso. Fotografie, spesso in bianco e nero, citazioni dei passi compiuti, appunti di viaggio e disegni raccontano e definiscono i contorni di un percorso più mentale che fisico. Anche questa, naturalmente, è arte. Gianluca Bonetti, ideatore del festival, si è mostrato molto soddisfatto di questa prima edizione de L’uomo e il clima: «Il tipo di narrazione che abbiamo messo in campo raggiunge più facilmente il grande pubblico, che si è rivelato molto eterogeneo. Prova ne è che alle varie tappe del festival hanno preso parte anche molti giovani. Il coinvolgimento delle scuole e la sensibilizzazione su un problema come il cambiamento climatico sono stati molto importanti. Non ci fermiamo, dunque: stiamo già lavorando all’edizione del 2027, che avrà come epicentro sempre Lugano, ma con un programma che intendiamo espandere anche in altri luoghi».