Politica

«Per una vera autonomia della Giustizia ticinese»

Con un'iniziativa parlamentare il presidente del Centro, Fiorenzo Dadò, propone una serie di modifiche di legge per dare al terzo potere dello Stato una quasi totale indipendenza amministrativa e finanziaria - Verrebbe così escluso il Consiglio di Stato
©Gabriele Putzu
Paolo Gianinazzi
14.10.2025 06:00

«È tempo di dare al potere giudiziario ticinese una vera autonomia amministrativa e finanziaria». Ne è convinto il presidente del Centro, Fiorenzo Dadò, che in queste ore ha depositato un’iniziativa parlamentare con cui propone, appunto, di concedere al terzo potere dello Stato maggiore indipendenza.

La premessa

Il tema, va detto, è stato sollevato più e più volte dalla stessa Magistratura. Non a caso, il presidente del Centro nel suo atto parlamentare riprende passo per passo un paio di passaggi scritti dai presidenti del Tribunale d’appello nel rendiconto annuale. «La riflessione principale e più urgente - scriveva il giudice Mauro Mini nel rendiconto 2019 - riguarda il principio della separazione dei poteri (…). Nel Cantone (...) l’autonomia e l’indipendenza della magistratura è limitata in modo importante dall’assenza di autonomia organizzativa e finanziaria, e dalle modalità di scelta dei magistrati». E questa assenza di autonomia «la rende tributaria, per ogni aspetto organizzativo e finanziario, dalla Divisione della giustizia e/o dal Consiglio di Stato». Lo stesso principio, poi, era stato ribadito anche dal giudice Damiano Bozzini, nel rendiconto 2023: «Il Tribunale è (...) regolarmente costretto a rivendicare il rispetto del proprio spazio di autonomia nei confronti della Divisione della giustizia (Dipartimento delle Istituzioni)». La quale «senza peraltro disporre di una specifica base legale (...) si ritiene in diritto di subordinare le decisioni sul personale a propri obiettivi o desideri, spesso in contrasto con quelli del Tribunale» e «ciò comporta crescenti difficoltà, ritardi e un uso irrazionale delle risorse». Insomma, è da diversi anni che la Magistratura rivendica maggiore autonomia.

Qualcosa, però, nel 2024 si è mosso. Come ricorda lo stesso Dadò nell’iniziativa, nella risoluzione generale contenente le «Riforme in favore della giustizia ticinese», poi approvata dal Gran Consiglio, veniva scritto nero su bianco che il tema andava affrontato con urgenza.

Ora, va pure detto, nel frattempo il Governo ha avanzato una sua proposta: nell’agosto di quest’anno ha chiesto al Tribunale d’appello (TA) di aderire al progetto pilota di Unità amministrativa autonoma. Ma, a stretto giro di posta, lo stesso TA all’unanimità ha respinto la proposta. Spiegando, inoltre, che avrebbe preferito interfacciarsi con la Commissione giustizia e diritti per portare avanti l’implementazione dell’autonomia del potere giudiziario.

Una base di partenza

Ed è in questo contesto che si inserisce l’iniziativa firmata dal presidente del Centro. Una proposta che - chiarisce Dadò nell’atto parlamentare - «deve essere intesa come una prima proposta concreta in favore del Potere giudiziario e non vuole già determinare la scelta di un modello». Come dire: una base di partenza concreta sulla quale si potrà lavorare, di concerto con tutti gli attori coinvolti.

Veniamo, però, al succo della proposta. L’iniziativa propone «di principio di concedere autonomia amministrativa a tutti gli uffici giudiziari». Un principio, tuttavia, da adattare alla realtà ticinese, dove il procuratore generale «non vanta storicamente un ruolo centrale per l’intero Potere giudiziario (come avviene in altri cantoni, ndr)» e dove «non esiste alcun concetto di Potere giudiziario come entità propria e di insieme (come invece avviene a Zurigo o Ginevra, ndr)». Insomma, in Ticino non è possibile centralizzare tutta la gestione amministrativa a una sola istituzione. E occorre dunque decentralizzarla, ma non completamente. Sì, perché come si legge nell’iniziativa, a eccezione del TA e del Ministero pubblico, «tutte le altre autorità giudiziarie sono relativamente piccole e con un organico relativamente ridotto». Motivo per cui istituire servizi amministrativi per ogni singolo ufficio rischierebbe «di creare molti doppioni». E occorre dunque «una certa coordinazione». Anche perché, scrive Dadò, «sarebbe impensabile che “a spizzico” le singole autorità provvedano a inviare i conti in Gran Consiglio». Allo stesso tempo, viene fatto notare che la creazione di ulteriori autorità aumenterebbe i costi. L’iniziativa, per risolvere questo problema, propone dunque che il TA e il Ministero pubblico fungano da «collettori» per le rispettive autorità giudicanti e inquirenti.

Nel concreto, tra le varie modifiche di legge proposte, il cuore dell’iniziativa risiede in un nuovo articolo 27b della Legge sull’organizzazione giudiziaria (LOG) che in otto capoversi recita: «Eccezion fatta per le Giudicature di pace (poiché parte della loro infrastruttura è a carico dei Comuni, ndr), le autorità giudiziarie godono di autonomia amministrativa; istituiscono i propri servizi e assumono il personale necessario; tengono una contabilità propria; le autorità giudiziarie adottano il progetto di preventivo e il consuntivo a destinazione del Gran Consiglio; il TA si occupa di riprendere i progetti di preventivo e di consuntivo di tutte le autorità giudiziarie e di trasmetterli con i propri al Gran Consiglio; il Ministero pubblico si occupa di riprendere i progetti di preventivo e di consuntivo della Magistratura dei minorenni e di trasmetterli con i propri al Gran Consiglio; le autorità giudiziarie possono chiedere consulenza al TA in merito a qualsiasi questione di natura amministrativa; ciascuna autorità giudiziaria emana regolamenti concernenti l’organizzazione e l’amministrazione».

Via le competenze all’Esecutivo

Va da sé che, concedendo più poteri da una parte, ne vanno sottratti dall’altra. In questo caso, al Consiglio di Stato e al Dipartimento. Non a caso, l’articolo 90 della LOG, secondo cui «il Consiglio di Stato emana i regolamenti necessari per l’applicazione della presente legge», con l’iniziativa andrebbe semplicemente abrogato. E questo perché, si legge nel commentario dei singoli articoli, «salvo per le Giudicature di pace, il Consiglio di Stato non deve più disporre di alcuna competenza esecutiva in merito».

Fare ciò, evidentemente, comporterà un aumento del personale amministrativo sia per il TA sia per il Ministero pubblico. L’iniziativa, su questo punto, è chiara: quelle risorse possono essere riallocate dalla Divisione della giustizia. E così facendo, si legge nel testo dell’atto parlamentare, «sarebbe verosimilmente possibile implementare senza troppe difficoltà l’autonomia delle autorità giudiziarie».

«Un cambiamento molto importante e atteso da tempo»

«È da tempo che se ne discute, ma fino a oggi non sono stati fatti passi avanti, salvo gli importanti approfondimenti svolti dalla Sottocommissione giustizia, che tra l’altro sono giunti proprio alla conclusione che un passo in questa direzione va fatto. Tanto è vero che il principio di dare maggiore autonomia al potere giudiziario è stato riportato nella risoluzione generale approvata dal Parlamento». Così Fiorenzo Dadò commenta l’urgenza di compiere un primo passo nella direzione auspicata dalla stessa Magistratura. Per Dadò, infatti, «questo passo è atteso da molto tempo. E quindi occorre iniziare a parlarne seriamente». È inutile, fa notare il presidente del Centro, «continuare a evocare le riforme senza poi mai andare all’essenza delle cose». La proposta avanzata con l’iniziativa, facciamo notare, rappresenterebbe un cambio di passo importante. Quasi radicale rispetto alla situazione attuale. «Sarebbe sicuramente un cambiamento importante», ribatte Dadò, «ma finalmente permetterebbe alla Giustizia ticinese di godere di un’ampia se non totale autonomia. D’altronde, lo scopo è proprio quello».

Riguardo all’ipotizzabile aumento dei costi, il presidente del Centro rileva che «sì, è evidente che un passo di questo genere potrebbe anche costare qualcosa in più». Ma, aggiunge, «le forze impiegate oggi presso il Dipartimento potrebbero passare alla Magistratura. Si tratterebbe, quindi, solo di un’allocazione diversa di risorse già impiegate». Inoltre, sottolinea Dadò, «un cambiamento di questo genere non si può fare dalla mattina alla sera, ma da qualche parte bisogna iniziare. E il primo passo è quello legislativo: modificare le leggi per dare più autonomia alle autorità giudiziarie. E sì, ciò significa togliere potere e prerogative al Consiglio di Stato e al Dipartimento. Ma il mondo è cambiato: non può essere il Dipartimento a decidere quali e quante segretarie assegnare a un determinato giudice».

E soprattutto, chiosa Dadò, «non possiamo fare finta di niente di fronte a quanto scritto e detto da diversi anni dai presidenti del Tribunale d’appello, la massima autorità giudiziaria del nostro Cantone».