Perché questa via si chiama così?

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La «Cavalcata di Capolago» e il lungolago Napoleone Bonaparte
Forse non tutti sanno che a Capolago, quartiere di Mendrisio, esiste anche un lungolago. Proprio negli scorsi giorni eravamo sul posto alla presentazione di una proposta per migliorare le strutture di accesso al Ceresio, per valorizzare il territorio e per offrire il meglio alla popolazione e ai turisti .
Ci siamo così imbattuti in una classica targa con l’indicazione del personaggio a cui è stato intitolato il lungolago: Napoleone Bonaparte. Sì poprio lui, il generale e imperatore di Francia.
Ma come mai il lungolago di Capolago si chiama così? Quali sono i legami fra Napoleone e quel lembo di Ceresio?
Ebbene, scorrendo le pagine del pregevole libro «Napoleone e il Ticino» curato da padre Callisto Caldelari in occasione del 200. dell’Atto di Mediazione si cita proprio la famosa «Cavalcata di Capolago» compiuta il 19 giugno 1797 da Napoleone Bonaparte. L’imperatore giunse da Milano sulle rive del Ceresio con i suoi uomini e, solo, si spinse sulla passeggiata a lago per ammirarne il paesaggio. E chiudendo gli occhi ci pare di vedere il generale, allora non ancora imperatore, nella sua classica posa.

Ha il nome della pista dell’Ambrì, ma l’hockey non c’entra nulla
Ad Arzo c’è una via che si chiama Valascia come la (ex) pista di hockey dell’Ambrì. Ma lo sport non c’entra. La viuzza del nucleo non si chiama così perché in quella zona in passato abitava un tifoso biancoblù particolarmente sfegatato o per ragioni simili. Anzi, alcuni tifosi luganesi scoprendo la vera ragione di questa denominazione faranno probabilmente un sorriso. La viuzza addossata alla chiesa - si spiega nel libro «I caraduu da Mérat», che cita Giovanni Piffaretti - «porta sul greto del torrente che scende» dal Poncione di Arzo, «un tempo una delle poche discariche di rifiuti provenienti da tutto il paese». D’estate, il sabato sera, per alleviare la puzza, il Municipio lasciava correre l’acqua lungo tutta la contrada creando dei piccoli ruscelli che rinfrescavano e nel contempo pulivano.
Questa spiegazione però ad Arzo non convince tutti, c’è chi infatti più semplicisticamente pensa che Valascia (termine spregiativo di valle) si riferisca a quell’area a ridosso del fiume, dove si usava gettare vari rifiuti, affinché l’acqua poi li portasse via.

Sembra dedicato a una famiglia, ma in realtà richiama un’antica attività
Nel pieno centro di Chiasso c’è una viuzza che si chiama vicolo dei Folla. A prima vista sembrerebbe dedicata a una famiglia, ma non è così. Il nome è legato a un’antica attività che veniva svolta in quella zona. Lì c’era infatti una cartiera, in passato detta anche folla. La sua presenza è attestata dal 1780.
A chiarire le ragioni della denominazione di questa viuzza è Adolfo Bächtold in un libro dedicato a Chiasso. In quell’area in passato le cartiere erano probabilmente più di una. Dopo la macinazione dei cereali «quella della carta è la più antica industria di cui si ha notizia a Chiasso». Per il suo funzionamento la cartiera si serviva delle acque di una roggia (che si diramava dal Faloppia). Un canale sparito con la formazione del terrapieno realizzato per la stazione ferroviaria.

Un castello in riva al Ceresio controllato dal Ducato di Milano
A Capolago c’era un castello ed era importante. Non per niente sullo stemma dell’ora quartiere mendrisiense è raffigurato anche un maniero. Nella località la sua esistenza è ricordata da due presenze. La prima è una via dedicata al castello, che si trova nella parte alta del paese, verso Melano.
Il maniero risale al XIV secolo, assunse importanza dal 1365. Fu costruito dai Visconti ma nel corso del XV secolo - insieme a tutta la Contea di Lugano - passò sotto il dominio dei Rusca. Il castello seguì le vicende del Ducato di Milano fino all’arrivo dei francesi nel 1501 (che lo occuparono) e degli svizzeri nel 1512, che lo smantellarono nel 1517, complice l’avvento dei baliaggi.
A Capolago la presenza passata del maniero è ricordata anche da un secondo elemento: una pietra, residua soglia del ponte levatoio, innalzata come stele sulla riva del lago, si spiega sul sito internet di Mendrisio.

L’architetta che partì da Mendrisio e ora ispira i futuri progettisti
Mendrisio le ha recentemente dedicato la via davanti al nuovo campus SUPSI, che ospita il Dipartimento ambiente costruzioni e design. E questa non è una scelta casuale. Ma chi è Flora Ruchat Roncati? Questa rubrica estiva ci dà l’occasione di presentare meglio la mendrisiense di nascita che fu la prima donna designata professore ordinario al Politecnico federale di Zurigo. Nacque nel 1937 a Mendrisio e si diplomò in architettura nel 1961 proprio al Politecnico federale di Zurigo. Progettò svariati edifici, tra cui il centro scolastico di Riva San Vitale e il bagno pubblico di Bellinzona insieme ad Aurelio Galfetti e Ivo Trümpy. Fu attiva anche a Roma, dove concepì il complesso di alloggi popolari La ColaSiderTa di Taranto. Tornando in Svizzera partecipò poi ad esempio al gruppo di consulenza architettonica per la nuova trasversale ferroviaria Alptransit Gotthard, si precisa nella sua biografia, tracciata dall’Associazione archivi riuniti delle donne Ticino.

La «spia» di Arzo con l’ufficio segreto che salvò centinaia di partigiani
Arzo gli dedica una piazza perché lui abitava proprio lì, nell’ora quartiere mendrisiense. Guido Bustelli (1905-1992) è stato un agente segreto dell’esercito svizzero durante la Seconda guerra mondiale, attivo lungo in confine sud (c’è chi l’ha soprannominato la «spia» svizzera).
Nel 1940 fu incaricato di creare l’ufficio Bureau Lugano per la raccolta di informazioni sulla situazione politica e militare in Italia. Informazioni che poi trasmetteva al Servizio Informazioni dell’esercito. L’ufficio era segreto, era infatti nascosto negli archivi di un’agenzia assicurativa. Negli anni Bustelli costruì una rete di informatori fidati che arrivò a contare fino a 300 persone circa: militi inseriti nella vita civile, viaggiatori in transito, contadini che oltrepassavano il confine di nascosto e poi, dopo il 1943, partigiani ed esponenti dei Comitati di liberazione italiani. Con loro costruì dei rapporti privilegiati strinse una sorta di accordo: i ribelli gli fornivano le informazioni che mandavano anche agli Alleati e lui, in cambio, creava la possibilità a partigiani perseguitati dai nazifascisti di entrare in Svizzera. Grazie al suo impegno furono salvati centinaia di partigiani.
