Perequazione finanziaria: «Il Ticino è penalizzato»

Da anni il Ticino chiede di rivedere il sistema di calcolo per la ridistribuzione finanziaria fra cantoni ricchi e poveri. Quest’anno riceverà 86,77 milioni di franchi, 17,2 milioni in più rispetto all’anno scorso perché si è «impoverito» rispetto alla media svizzera, ma nettamente meno di altri cantoni latini o sfavoriti. Nell’attuale sistema di distribuzione dei contributi versati dai Cantoni ricchi a quelli più poveri, il Ticino però si trova in una situazione di svantaggio: la critica principale mossa dalle autorità ticinesi riguarda l’inclusione dei redditi dei circa 80.000 frontalieri nel potenziale delle risorse utilizzato nel calcolo fiscale procapite. I lavoratori d’oltreconfine però non consumano in Ticino, ma in Italia. «Se Berna tenesse conto di questa realtà, ci sarebbe una notevole differenza», ha dichiarato al quotidiano romando Le Temps il presidente della deputazione ticinese Piero Marchesi: «Se riceviamo poco più di 80 milioni di franchi, contro gli 884 milioni che invece riceve il Vallese, c’è qualcosa che non va». Per questo motivo, Consiglio di Stato e deputazione chiedono di limitare al 50% la quota di redditi dei frontalieri presa in conto nel calcolo del potenziale fiscale così come l’introduzione di un’indennità speciale per i cantoni di frontiera. La deputazione alla Camere federali ha incontrato a fine 2023 la responsabile del Dipartimento federale delle finanze Karin Keller-Sutter per esporre queste richieste e spera di ottenere l’appoggio di altri cantoni svantaggiati dalla perequazione. Anche il presidente del Consiglio di Stato, Raffaele De Rosa (Il Centro), interpellato dal quotidiano, ritiene che il Cantone sia fortemente penalizzato. «Vogliamo che la situazione cambi e faremo delle proposte». La delegazione ticinese e il Governo intendono infatti chiedere la revisione della legge che sta alla base dei meccanismi di calcolo della perequazione. «D’altro canto», aggiunge, «il Cantone cercherà un consenso con i colleghi di altri Cantoni». Il consigliere di Stato ammette che il percorso non sarà facile, poiché la maggior parte dei Cantoni è soddisfatta della situazione attuale.
«Difficile che sia ascoltato»
Anche Sergio Rossi, responsabile della cattedra di macroeconomia ed economia monetaria dell’Università di Friburgo, concorda sul fatto che tenere conto del reddito dei frontalieri è un errore. «I frontalieri in Ticino inoltre sono in concorrenza con i lavoratori residenti, non sono complementari, come avviene a Ginevra o a Basilea. Di conseguenza, c’è anche dumping salariale; i salari sono sotto pressione e sono più bassi che altrove in Svizzera», ha dichiarato l’economista a Le Temps. Ci sono certamente fattori esogeni, ma anche il Ticino deve fare uno sforzo, secondo l’economista. Il cantone ha già abbassato le imposte per le imprese e ha da poco approvato una nuova riforma fiscale per ridurre le imposte per chi guadagna 300.000 franchi o più. «Non può quindi pretendere che gli altri cantoni si facciano carico delle conseguenze negative di queste scelte politiche», aggiunge. Rossi non vede quale cantone potrebbe unirsi al Ticino nella protesta. «Alcuni sono svantaggiati da caratteristiche geo-topografiche - un territorio fatto di montagne e valli, meno propenso ad attrarre imprese - simili a quelle del Ticino, o anche peggiori, come il Vallese o Uri. Ma ricevono già un contributo sostanzioso, quindi dubito che seguiranno l’esempio del Ticino, con il rischio di farlo a loro discapito», ha sottolineato. Suggerisce quindi di far valere alcuni fattori socio-demografici, come l’età media della popolazione, più alta in Ticino anche a causa della «fuga di cervelli» fra i giovani, per cambiare i criteri presi in conto nella ridistribuzione finanziaria.