Il caso

Permesso G negato, ma in tribunale la spunta la prostituta

Il Consiglio di Stato aveva respinto la richiesta perché non emetteva fatture, ma per il TRAM «è comprensibile che non lo faccia data la natura della sua professione»
©CdT/Gabriele Putzu
Federico Storni
06.06.2023 19:15

È a torto che la Sezione della popolazione prima e il Consiglio di Stato poi hanno negato il rilascio di un permesso G a una prostituta rumena. Lo ha sancito il Tribunale amministrativo cantonale (TRAM) in una recente sentenza pubblicata ieri che intima all’autorità inferiore di rilasciare il documento alla donna e mette probabilmente fine (salvo ricorsi) a una vicenda iniziata nel 2017: «Non vi sono motivi di ordine pubblico ostanti al rilascio dell’autorizzazione» scrive il TRAM.

I perché di un no

La donna aveva avanzato la propria richiesta specificando alla Sezione della popolazione che essa era atta «al fine di poter lavorare in Svizzera come prostituta indipendente». L’Autorità dipartimentale l’aveva però respinta affermando che, in quanto non disponeva di locali propri, «ma unicamente di una camera a uso giornaliero per cui pagava un canone in caso di utilizzo effettivo» non poteva essere considerata alla stregua di una prostituta indipendente.

Alla stessa conclusione, ma per un’altra strada, è poi arrivato anche il Consiglio di Stato, a cui la donna si era appellata, impugnando la decisione. Il Governo le ha rimproverato di non avere documentato la propria situazione lavorativa, ritenendo non sufficienti le prove fornite, dato che l’interessata non aveva prodotto le fatture e le ricevute di pagamento relative alle attività svolte, di modo che non sarebbe stato possibile verificare la realizzazione di un introito regolare e, pertanto, l’adempimento delle condizioni per essere considerata lavoratrice indipendente.

I perché di un sì

Entrambe le motivazione sono state sconfessate dal TRAM il quale ha sottolineato, da un lato, che poco importa se la donna esercita il mestiere come indipendente o meno: la questione in ogni caso «non è suscettibile di rimettere in discussione il diritto di poter svolgere la professione nel nostro Paese, dato che questo diritto sussiste in entrambi i casi». Dall’altro lato, argomenta sempre il TRAM, è ovvio che una prostituta non fatturi: «Appare perfettamente comprensibile che, vista la natura dell’attività svolta dalla ricorrente, non siano emesse fatture e ricevute ai clienti».

Non è, quindi, un buon argomento per negarle il permesso G, tanto più che «l’effettività delle prestazioni fornite (così come una certa regolarità) emerge comunque dai documenti prodotti» dalla ricorrente. Cioè dalla conferma - vidimata dal proprietario degli spazi - del pagamento regolare dell’affitto e, soprattutto, dalle prove dei pagamenti dei contributi AVS: «Questi documenti comprovano, seppure indirettamente, la presenza di introiti regolari derivanti dalla sua attività professionale, che risulta inoltre essere stata correttamente notificata alla Polizia cantonale conformemente alla legislazione in materia di esercizio della prostituzione».