Il caso

Portavalori scassinato: decisivo l'occhio della telecamera

La videosorveglianza cittadina, da quanto abbiamo potuto appurare, si è rivelata preziosa per identificare e rintracciare la banda che, lo scorso 11 gennaio, ha firmato un colpo vicino a piazzetta San Carlo
Il luogo del misfatto, ma nessuno ha visto nulla. © CdT/Chiara Zocchetti

«Non abbiamo visto nulla». Ce lo hanno ripetuto diverse gioiellerie vicina a piazzetta San Carlo, dove lo scorso 11 gennaio è stato forzato e derubato un furgone portavalori.

La banda in azione

Parliamo di un colpo messo a segno da professionisti. Su questo non c’è dubbio. La banda – composta da una 66.enne, un 39.enne, un 34.enne e una 25.enne, tutti cittadini cileni – è entrata in azione in mattinata, attorno alla 11.30. Un orario in cui le vie di Lugano sono tutt’altro che deserte. Dopo aver forzato un veicolo per il trasporto di valori, i malviventi hanno asportato una dozzina di pacchi contenenti gioielli e orologi di lusso, per un valore di alcune centinaia di migliaia di franchi. Infine, si sono dileguati.

In manette oltreconfine

La loro fuga, però, non è durata molto. Come reso noto dal Ministero pubblico e dalla Polizia cantonale, tutti e quattro sono stati arrestati all’estero. L’autista, 34.enne, è stato fermato in Piemonte dalla Polizia di Stato italiana per poi essere estradato in Svizzera lo scorso 6 febbraio. Gli altri tre membri della banda, su cui pendeva un ordine di arresto internazionale, sono invece stati fermati il 23 gennaio scorso nella periferia di Parigi dalla polizia francese. In quest’ambito è stata recuperata parte della refurtiva sottratta a Lugano. Il terzetto è stato infine estradato il giorno di San Valentino, il 14 febbraio. Come confermato dagli inquirenti, tutti e quattro facevano parte di una banda specializzata in furti di gioielli da furgoni portavalori. Infatti, i primi accertamenti hanno fatto emergere un possibile coinvolgimento di alcuni degli autori in eventi analoghi avvenuti in diversi Stati europei. Nei loro confronti, la procuratrice pubblica titolare dell’inchiesta, Valentina Tuoni, ipotizza il reato di furto aggravato.

L'occhio più attento

Il quartetto è stato rintracciato, si legge nella nota stampa, «grazie a un’intensa attività investigativa» e con il supporto tecnico della Polizia della Città di Lugano. Stando a quanto abbiamo potuto appurare, decisiva si è rivelata la videosorveglianza cittadina. «Le immagini delle telecamere sono uno strumento sempre più importante nell’ambito delle inchieste penali», afferma la capodicastero sicurezza di Lugano, Karin Valenzano Rossi.

I punti da chiarire

Toccherà come detto all’inchiesta coordinata dalla procuratrice pubblica Tuoni far luce sull’accaduto e rispondere alle molte domande che si sono posti un po’ tutti, soprattutto chi lavora nel settore. Come è stato possibile scassinare e svaligiare un furgone in pieno centro? La banda sapeva come muoversi e ha ricevuto informazioni da un basista locale? E soprattutto, sono state attuate tutte le possibili misure di sicurezza?

A proposito di sicurezza: una ditta specializzata nel trasporto di valori, da noi contattata, ci ha parlato di un sistema molto usato soprattutto in Italia. Quando un furgone «avverte» di essere stato scassinato, automaticamente entra in funzione un meccanismo che spruzza una schiuma particolare che si solidifica all’istante attorno alla merce, impedendone il furto.

Il precedente

Guardando alle cronache del Luganese degli ultimi anni emerge un precedente in qualche modo analogo per modalità e schema, ma che al momento – stando a nostre verifiche – non presenta collegamenti con quello attuale. Era il 1. dicembre 2017, quando un uomo, un 48.enne cittadino cileno, aveva scassinato e derubato un furgone postale in piazza Cioccaro. Anche in quel caso, il furto era avvenuto in mattinata, alle 8.30. L’uomo era riuscito da aprire il vano di carico posteriore e a impossessarsi di alcuni pacchetti contenenti oggetti di valore. Parliamo di una refurtiva di decine di migliaia di franchi. La sua fuga era durata venti giorni: il 21 dicembre era infine stato fermato da una pattuglia della Polizia cantonale nell’area di sosta A2 di Gentilino. Il 48.enne, residente a Milano, era stato rintracciato grazie alla videosorveglianza, che aveva permesso di identificare il veicolo utilizzato per la fuga. Il caso era poi stato assunto dalle autorità inquirenti di un altro Cantone della Svizzera interna, che si stava occupa dell’uomo per altri reati. Il 48.enne, infatti, aveva già scontato una condanna in Svizzera per reati contro il patrimonio e all’epoca era pure sospettato di altri furti con scasso a danno di corrieri postali in Svizzera tedesca, con refurtiva di alcune centinaia di migliaia di franchi.
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