«Precipitazioni ancora scarse, i bacini idroelettrici soffrono»

L’ultimo in Ticino è stato un inverno decisamente avaro di precipitazioni e ha fatto il paio con quello 2021-2022. Un problema anche per i gestori di impianti idroelettrici, che su pioggia e neve contano per riempire i bacini in vista dei mesi in cui il consumo di elettricità è maggiore. A poco meno di un anno di distanza torniamo ad affrontare il tema con l’ingegner Andrea Baumer, responsabile della Sezione sbarramenti delle Officine idroelettriche della Maggia (OFIMA) e di quelle di Blenio (OFIBLE).
Nella seconda metà del mese di luglio dell’anno scorso avevamo incontrato Andrea Baumer alla diga del Luzzone, in cima alla Valle di Blenio e dove il livello dell’acqua era a una cinquantina di metri da quello massimo. «Una situazione rara, simile però a quella che già avevamo avuto nel 2005, mentre nel 1976, sempre in questo periodo dell’anno ma prima dell’innalzamento di 17 metri della diga, avvenuto negli anni Novanta, la quota del livello del lago in proporzione era ancora più bassa rispetto a oggi», aveva spiegato Andrea Baumer che aveva poi aggiunto: «Speriamo comunque di poter recuperare».
Ingegner Baumer, anche per i non addetti ai lavori è facile immaginarsi che nel prosieguo dell’estate e nell'autunno del 2022 il recupero non è stato completo. Ci può fare un esempio concreto?
«Prendendo ancora come esempio il bacino del Luzzone, in vista dell’ultimo inverno il riempimento nell’autunno 2022 ha raggiunto solamente il 75% della capacità massima, dunque ben al di sotto di quanto sperato. Dopo di che, producendo relativamente poca elettricità nell’esercizio invernale, ci siamo ritrovati a fine inverno con una riserva del 36%, che stavolta permette di ripartire con una base affinché il bacino risulti pieno in autunno per i prossimi mesi invernali, malgrado il 2023 figuri di nuovo tra gli anni più secchi. Per i gestori di impianti idroelettrici e conseguentemente per la produzione di elettricità, è importante poter riempire a sufficienza i bacini di accumulo soprattutto in vista della stagione invernale, che per noi va dal 1. ottobre al 31 marzo. È infatti in questi mesi, quando le temperature sono più basse, che il consumo di energia elettrica è maggiore».

E il problema ha riguardato tutti i nostri bacini di accumulo.
«La stessa situazione, logicamente, si è presentata in tutti i bacini di accumulo del cantone. Un po’ meglio, grazie alle condizioni meteorologiche, è andata al di là delle Alpi, come con il bacino vallesano del Gries per OFIMA (le Officine idroelettriche della Maggia sono infatti azioniste al 50% dell’Aegina SA, concessionaria di queste acque che vengono convogliate lungo l’asse della Maggia per sfruttare il maggior dislivello, ndr). Il bacino del Gries lo si incontra scendendo dal lato vallesano del passo della Nufenen ed è alimentato dall’acqua di scioglimento dell’omonimo ghiacciaio, il che costituisce un atout importante, poiché con il caldo fornisce materia prima anche nei periodi asciutti. Come è pure con il ghiacciaio del Basodino per quel che riguarda il bacino di Robiei in Valle Bavona, dal quale l’acqua può essere trasferita tramite pompaggio a quello vicino del Cavagnoli e al bacino del Naret in Val Lavizzara, sempre appartenenti alla rete di OFIMA. Ciò non toglie però che la mancanza di precipitazioni primaverili ed estive del 2022 ha impedito il riempimento ottimale dei laghi artificiali destinati alla produzione di energia elettrica. Fortunatamente, però, non si è andati incontro a una crisi di approvvigionamento nel corso dell’ultimo inverno, poiché c’è stato un fattore che ci ha aiutati a evitarla, un fattore sempre legato alle condizioni meteorologiche».


Ossia? Intende forse le temperature miti e il conseguente minor consumo di elettricità da parte degli utenti rispetto a quanto accade negli inverni più rigidi?
«Esatto. In questo senso, come già accaduto nei mesi invernali del 2021-2022, il clima mite dell’ultimo inverno ci ha dato una mano a evitare la crisi di approvvigionamento che era stata paventata a livello federale, dalla Confederazione. E non si è trattato di allarmismo, ma di un’evenienza concreta, nel caso in cui a una carenza d’acqua nei bacini idroelettrici si fosse aggiunto un elevato consumo di elettricità come accadeva negli inverni rigidi del passato. Inverni caratterizzati da temperature veramente basse e che rigidi potrebbero tornare a esserlo in futuro. Pur se è vero che gli stessi, vedendo il cambiamento climatico in atto, sembrano ormai un lontano ricordo, per così dire».
Il clou della vostra attività, come gestori di impianti idroelettrici, è appunto costituito dalla produzione invernale di elettricità, motivo per cui è fondamentale poter accumulare la maggior quantità d’acqua possibile in primavera ed estate. Qual è attualmente la situazione?
«Per ora appare solo leggermente migliore rispetto allo stesso periodo del 2022, anno che è stato eccezionalmente secco. È però vero che la scarsità di precipitazioni – e le piogge cadute fra maggio e giugno sono state solo una pezza, in quanto sono arrivate un po’ qua e un po’ là, sul territorio del Ticino – influisce negativamente su quelli che sarebbero gli obiettivi ideali di accumulo di acqua, almeno per il momento. Se in pianura in inverno ha piovuto poco, in montagna non è che le cose siano andate meglio con la neve. Ed è così che lo scioglimento della neve si è già arrestato in giugno, quando di norma si esaurisce nel mese di luglio. Prendendo come esempio il nostro impianto del Sambuco – situato a 1461 metri sul livello del mare nell’alta Val Lavizzara come quello del Naret, che si trova a una quota superiore – la curva che segna l’andamento del riempimento del bacino, dopo l’impennata iniziale, si è già appiattita nel mese scorso ed è purtroppo molto vicina a quella del 2022».

Quindi, il deficit perdura: quanto siete preoccupati?
«Siamo sempre al di sotto delle aspettative, o delle possibilità che dir si voglia, e lo vediamo anche dalla portata dei fiumi, con assenza anche quest’anno di piene consistenti. Per esempio, nelle Centovalli, quando la portata supera i cinquanta metri cubi al secondo, deviamo l’acqua della Melezza che alimenta il bacino di accumulo di Palagnedra, ma quest’anno non è ancora accaduto. Le piogge più recenti, a partire da quelle del mese di maggio, sono state certamente un toccasana per la vegetazione. Per noi produttori di elettricità, però, non bastano per guardare con serenità al futuro, motivo per cui continua a persistere una certa preoccupazione, in vista del prossimo inverno».


Intanto, si guarda già a un futuro più lontano, con i progetti di innalzamento di 13 dighe e la costruzione di due nuovi sbarramenti che sono stati promossi dalla Confederazione per aumentare le riserve d’acqua degli impianti idroelettrici, due dei quali riguardano la rete di OFIMA. Ci può dire qualcosa in merito, almeno per farci un’idea?
«Fra i progetti in elaborazione, in effetti ci sono quelli per l’innalzamento delle dighe del Sambuco e del Gries. In Val Lavizzara la diga attualmente è alta 130 metri e si intende alzarla di 15, così che nel bacino di accumulo si aggiungerebbe una capacità di una quindicina di milioni di metri cubi d’acqua agli attuali 63. Si pensa a un innalzamento di 10-15 metri anche per la diga del Gries e la capacità aumenterebbe di 8-10 milioni di metri cubi rispetto ai 17 attuali. Questi, come gli altri presi in considerazione, sono progetti importanti, lanciati per i decenni a venire, che richiedono notevoli investimenti dal punto di vista finanziario e il cui obiettivo è di garantire a lungo termine una sufficiente produzione di energia elettrica invernale su territorio svizzero, così da evitare crisi di approvvigionamento».
Si collabora anche con le associazioni ambientaliste, visto che si tratta di progetti che hanno comunque un impatto sul territorio e sul paesaggio?
«I progetti in questione sono stati scelti perché limitano il più possibile l’impatto su flora, fauna, territorio e paesaggio più in generale, e tengono pure conto delle osservazioni delle associazioni ambientaliste, che sono state coinvolte nelle discussioni. Quindi, i progetti selezionati sono quelli che rispettano maggiormente le esigenze ambientali. Sarà anche importante il contributo di Confederazione e Cantoni, perché il discorso è complesso ma fondamentale. Infatti, l’energia prodotta con gli impianti idroelettrici non solo è preziosa per tutto il nostro Paese, ma è soprattutto pulita».
Incremento per un totale di 2,023 THw
La tavola rotonda del DATEC
La consigliera federale Simonetta Sommaruga, che era alla testa del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni (DATEC), il 18 agosto del 2020 ha istituito una tavola rotonda per sviluppare una presa di coscienza comune sulle sfide che attendono il settore idroelettrico in relazione alla Strategia energetica 2050 della Confederazione. Il 13 dicembre del 2021 i partecipanti alla tavola rotonda hanno quindi individuato 15 progetti da realizzare: due riguardano la costruzione di nuove dighe, gli altri l’innalzamento di sbarramenti già esistenti, in modo da incrementare la capacità dei bacini di accumulo.
I quindici progetti
Bacini considerati per l’innalzamento degli sbarramenti: Chummensee (VS), Curnera-Nalps (GR), Gougra (VS), Gries (VS) Grimsel (VS), Emosson (VS), Toules (VS), Sambuco (TI), Marmorera (GR), Mattmark (VS), Oberaarsee (BE), Oberaletsch (VS) e Reusskaskade (UR). Nuove dighe: Gorner (VS) e Trift (BE).
L’obiettivo di produzione
Con il completamento di questi lavori si conta di ottenere una produzione invernale supplementare di elettricità pari a 2,023 TWh (un terawattora equivale a un miliardo di kilowattora). Per quel che riguarda Sambuco e Gries, l’incremento sarebbe di 46 gigawattora ciascuno, per un totale quindi di 92 milioni di kilowattora.