Agno

Prete privo di certificato COVID: la messa è solo per pochi

Il sacerdote del paese è stato escluso dalle funzioni con più di cinquanta persone – Per le altre dovrà trovare e pagare dei supplenti
La chiesa parrocchiale di Agno.  (Foto Zocchetti)
Giuliano Gasperi
11.11.2021 20:30

Il dibattito sui vaccini è ormai un fiume in piena che arriva ovunque, anche in un luogo di silenzio e riflessione come la chiesa. Succede ad Agno, dove al sacerdote viene impedito di celebrare le messe con più di cinquanta persone perché, per motivi personali, non ha un certificato COVID, come anticipato da Ticinonline. Una parentesi: per partecipare alle funzioni con meno di cinquanta persone basta indossare la mascherina, tenere le distanze e fornire i dati per il tracciamento, mentre con più di cinquanta serve il certificato COVID. E questo vale anche per i preti, per tutelare la salute di tutti i presenti. Così, basandosi su indicazioni date dalla Curia, il Consiglio parrocchiale ha deciso che il sacerdote potrà celebrare solo la messa domenicale delle 8, pensata per i fedeli non vaccinati e con il tetto massimo di cinquanta persone, mentre alle funzioni del sabato alle 18 e della domenica alle 10, più frequentate, ci saranno dei preti supplenti in possesso del certificato COVID. Quali? Dovrà trovarli il parroco in carica. Trovarli e pagar loro le spese. Una «punizione finanziaria» per non essersi adeguato alla regole? «Non è una punizione né una ritorsione» commenta il presidente del Consiglio parrocchiale Carlo Bottini, da noi raggiunto. «Innanzitutto, sulla questione dei supplenti e dei loro rimborsi ci siamo solo adeguati a quanto indicato dalla Diocesi in una lettera inviata al nostro parroco, che aveva chiesto delle delucidazioni. Del resto il sacerdote riceve un salario, ed è giusto che se delega un lavoro copra lui le relative spese. E il nostro prete non ha sollevato obiezioni in tal senso, e ha proposto lui la soluzione della messa delle 8 di mattina».

«Il messaggio è chiaro»
Da noi contattata, la Diocesi conferma il suo totale allineamento alle direttive federali e cantonali sul coronavirus. Una raccomandazione di vaccinarsi indirizzata in modo specifico ai preti non c’è stata, ma la posizione della Curia è chiara: «Il vescovo ha ribadito in più occasioni pubbliche l’importanza del vaccino – ci spiega il portavoce Luca Montagner – poi certo, non possiamo obbligare un prete a vaccinarsi: su questo c’è la libertà di scelta».

E la fede?

Per chi non è credente, la questione non si pone: la chiesa è un luogo d’aggregazione come altri, un edificio in cui vanno fatte rispettare certe regole, anche perché frequentato da molti anziani. Per chi invece è credente, o almeno per alcuni di loro, nel ragionamento qualcosa non torna. «E la fede? – ci ha chiesto una lettrice – Non ha più importanza?». La chiesa è davvero equiparabile a un cinema, un ristorante o una sala bingo? Domande che abbiamo girato a Nicola Zanini, vicario generale della Diocesi. «Il tempo tribolato che stiamo vivendo esige ancora sacrifici – ci ha scritto – ma è importante continuare a vivere questa situazione con intelligenza e grandezza d’animo. In questo, la Fede è sicuramente un aiuto fondamentale. Non dobbiamo sentirci soffocati dalle superiori decisioni, ma essere convinti di dover agire insieme per il bene comune. La tentazione di cedere alla recriminazione o al lamento è forte. Tuttavia, come cristiani, siamo invitati a portare una testimonianza diversa. Quella di chi ha gli occhi anche per il dolore dell’altro, dei malati, dei loro familiari, di chi li deve curare, di tutte le categorie più fragili. Inoltre, l’attenzione a chi non può vaccinarsi è garantita, perché può partecipare alle Celebrazioni, e ve ne sono, con meno di cinquanta persone».