Confine

«Prima lavoravo a Chiasso, ora sono senzatetto a Como»

Nella città sul Lario da pochi giorni ha aperto i battenti un dormitorio per chi non ha una casa - La struttura era attesa da tempo - Tra i primi ospiti c’è Carla che fino a pochi anni fa viveva a Chiasso, dove gestiva un negozio: «È fallito e ho perso tutto: affetti, lavoro, abitazione e soldi»
L’autosilo Val Mulini di Como, uno dei luoghi scelti in passato dai senzatetto per trascorrere la notte. © Ti-Press/Francesca Agosta
Bruno Profazio
26.11.2020 06:00

Un’ex caserma per accogliere i senzatetto nelle notti gelide. Non ha trovato di meglio una città come Como ma è meglio di niente. È in via Borgo Vico 171 dove c’erano i carabinieri. Non c’è l’ascensore, bisogna arrampicarsi per sessantasei scalini e arrivati al terzo piano si tira il fiato e si accede alle grandi stanze. La prima persona a varcare la soglia l’altra sera, lunedì, all’apertura è stata Carla (nome di fantasia, ndr.), un’italiana che lavorava e viveva a Chiasso, ma che ha fatto anche la frontaliera.

«Scrivi la mia storia»

«Scrivi la mia storia per far capire alle persone la vita cos’è», dice. «Ho gestito per quattro anni un negozio di abbigliamento in corso San Gottardo a Chiasso - prosegue con piglio - Ero la gerente. Parlo tedesco, francese e inglese. Abitavo in via Bossi. Ero fidanzata con un ispettore della Cantonale. Poi le cose sono andate male, il negozio è fallito e ho perso tutto: affetti, lavoro, casa e soldi. Mi sono trovata all’improvviso senza niente. Sono venuta a Como per chiedere aiuto alla Caritas, era il 2016, e sono rimasta qua. Voglio essere aiutata, ho 52 anni, vorrei una casa e un lavoro. La strada non fa per me».

Gli amici a Lugano e i 3 figli

Racconta la fuga dalla Puglia e dal marito per i maltrattamenti subiti e l’approdo in Svizzera grazie a un’amica d’infanzia impiegata di banca a Zurigo. Parla fiera di un tempo che non c’è più, della foto con l’attore Michele Placido («Vai a vedere su Facebook». Fatto: c’è), degli amici a Lugano, del medico ticinese che si impegna per «Emergenza freddo» a Como e di una ragazza svizzera, anche lei volontaria; e del compagno - «Nicola (anche questo è un nome inventato dalla redazione), pure lui ha lavorato in Svizzera, per quindici anni, faceva il gruista. Più tardi viene anche lui al dormitorio» - e dei tre figli, «la mia vita». Si commuove: «È tanto che non li vedo più. Mi mancano da morire».

Come Carla anche gli altri qui al dormitorio hanno storie che fanno pensare. C’è posto per 33, una ventina è accolta nella parrocchia di San Rocco, quella di don Roberto Malgesini, ucciso il 15 settembre da un senzatetto che aiutava. E c’è l’Ozanam in via Napoleona. Questa soluzione sa molto di provvisorio. Prima c’era il centro di via Sirtori, della diocesi, ma è stato venduto. Lì trovavano accoglienza più di novanta disperati.

I volontari e la solidarietà

«Cercavamo uno spazio già da ottobre - spiega Francesca Cabiddu, della Fondazione Somaschi e responsabile del nuovo dormitorio «Emergenza freddo» -. Volevamo un’alternativa dopo la chiusura di via Sirtori. L’Amministrazione provinciale, proprietaria dell’immobile, si è detta disponibile a donarlo fino ad aprile. C’è un gran bisogno perché tante persone vivono per strada: basta fare un giro in centro per vederle. Poi ci sono altri individui, nascosti ma presenti. È una cittadinanza che si muove. È un insieme eterogeneo, di cui la maggioranza è straniera, ma ci sono anche tanti italiani». E i volontari? «Umanità varia. Molta generosità. C’è una bella risposta. Chi vuole può aderire dal sito www.vicinidistrada.it, cliccando «Emergenza freddo». O mandare una mail a [email protected]».

Lo scontro politico

Nel luglio 2019 il Consiglio comunale ha chiesto un dormitorio pubblico permanente a Como, ma non se ne è fatto nulla perché la Lega si oppone fermamente. Vede il dormitorio come un autosilo: se lo apri attira traffico. I parlamentari comaschi leghisti l’altro giorno addirittura hanno contestato il prefetto Andrea Polichetti che ha lanciato un appello ai Comuni per l’accoglienza: «I sindaci - hanno detto - devono aiutare prima gli italiani». Ecco perché l’ex caserma sembra quasi un miracolo. «Questo passo - dice Andrea Quadroni, - esperto del tema immigrazione - è qualcosa che tutti si aspettavano e se non ci fosse stato sarebbe stato particolarmente grave».

Nel gelo di un inverno anticipato, con il dormitorio Como si è mostrata più solidale e civile lasciando aperta, pur nelle difficoltà, la speranza del verso majakovskijano: «Credo nella grandezza del cuore umano».