Processo

Prosciolti in Pretura due agenti di sicurezza

Uno era accusato di molestie sessuali ai danni di una richiedente l’asilo e l’altro di furto per aver sottratto soldi ad almeno undici migranti – Il giudice Manuel Bergamelli non ha però ravvisato sufficienti elementi probatori per formulare una sentenza di condanna
© CdT/Chiara Zocchetti
Valentina Coda
07.05.2025 18:02

«L’istruttoria non ha permesso di acquisire sufficienti elementi probatori per formulare una sentenza di condanna». È con queste parole che il giudice della Pretura penale Manuel Bergamelli ha prosciolto questa mattina due agenti di sicurezza accusati uno di molestie sessuali e l’altro di furto di poca entità ai danni di richiedenti l’asilo. I fatti finiti sotto la lente della magistratura rientrano nel delicato contesto dei centri di accoglienza e di riammissione semplificata – quello di Chiasso e rispettivamente quello di Stabio – in cui prestavano servizio i due imputati, un 55.enne cittadino italiano e un 33.enne cittadino svizzero. Due, quindi, i decreti d’accusa emanati dal procuratore pubblico Zaccaria Akbas.

Due decreti d’accusa

Il primo attribuito al 55.enne (patrocinato dall’avvocato Sofia Padlina), che secondo la pubblica accusa avrebbe fatto salire in macchina una migrante del centro d’accoglienza di Chiasso e avrebbe tentato insistentemente di baciarla e di palpeggiarla fintanto che la donna non riuscì ad aprire la portiera e a fuggire. Il secondo, invece, è stato emanato nei confronti del 33.enne (difeso dall’avvocato Nicolò Manna), che durante lo svolgimento delle perquisizioni al centro di riammissione semplificata di Stabio si sarebbe fatto consegnare, oltre agli effetti personali, anche del denaro contante – pari a circa 1.900 franchi – in almeno 11 occasioni da altrettanti migranti contrariamente a quanto previsto dalla procedura. Che parla chiaro: di regola le banconote vengono lasciate in possesso ai richiedenti l’asilo salvo loro espressa richiesta e dietro la compilazione di un formulario che funge da ricevuta. Le monete, invece, vengono sequestrate in quanto considerate oggetti pericolosi.

«Mancano riscontri minimi»

I due imputati si sono sempre professati innocenti e i loro legali hanno chiesto il proscioglimento dai rispettivi capi d’imputazione. Manna, ad esempio, ha fatto leva sul fatto che «il materiale probatorio agli atti è del tutto insufficiente e non ci si può attenere unicamente al contenuto delle denunce senza ulteriori accertamenti da parte degli inquirenti». Padlina, dal canto suo, ha rimarcato «il comportamento bizzarro da parte della presunta vittima che sale volontariamente in macchina» e «l’incoerenza dei suoi racconti». «Si sono incontrati fuori dal centro per parlare di un giro di spaccio, in cui la donna era sospettata di essere coinvolta: il mio assistito, parlando arabo, voleva reperire informazioni per poi fornirle alla polizia, con la quale aveva già collaborato», ha sottolineato l’avvocato.

Il giudice, come detto in entrata, non ha ravvisato sufficienti riscontri oggettivi per smentire le versioni fornite dalle difese in virtù del principio in dubio pro reo. Per quanto concerne il 33.enne, «la refurtiva non è mai stata ritrovata e non ha dato esito positivo nemmeno il tentativo di cogliere in flagranza di reato l’imputato: non si può quindi affermare che sia l’autore – ha detto Bergamelli –. La correlazione tra i due fatti (ovvero che i furti coincidevano con i turni lavorativi dell’imputato, ndr) non deve essere confusa con la causalità e non può portare a prova certa se non è sostenuta da indizi sufficientemente certi che mettano in relazione l’agire dell’imputato con i fatti denunciati».

Per quanto riguarda il 55.enne, invece, Bergamelli è stato breve e conciso nel motivare il suo proscioglimento. «Io sono chiamato a valutare i fatti e in questo caso mancano i riscontri minimi per giungere a una qualsiasi condanna».

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