Punito due volte in sei minuti dallo stesso radar

Come si fa a prendere lo stesso radar due volte a distanza di sei minuti, facendo registrare in entrambi i casi velocità doppie rispetto a quella consentita? Nel caso di un 45.enne italiano residente nel Luganese - pizzicato lo scorso marzo a 97 chilometri orari e a 102 (dedotto il margine di tolleranza) su via Massagno in territorio di Canobbio - ci sono due spiegazioni. Quella da lui resa in inchiesta e ribadita in aula, innanzitutto: «Sapevo che il quel tratto c’era il limite di 50 chilometri all’ora, ma non mi ero reso conto della velocità sostenuta a cui stavo andando. Perché ho preso il radar due volte in pochi minuti? Perché mi sono reso conto che dovevo far benzina e sono tornato indietro, ma poi ho realizzato che il distributore non accettava i buoni Reka e ho desistito».
«Voleva smanettare»
Una versione che non collima, però, con l’idea che si è fatto il procuratore pubblico capo Arturo Garzoni: «L’eccesso di velocità mi sembra un po’ più intenzionale - ha detto ieri in aula: - probabilmente voleva provare la moto nuova e si è cercato un bel rettilineo un po’ discosto per provare a smanettare». Pure il giudice della Corte delle assise correzionali Amos Pagnamenta è parso dubitare della versione fornita dal 45.enne: notando che la moto su cui è stata commessa l’infrazione era una «naked», Pagnamenta ha sottolineato come «a quella velocità si prende un sacco d’aria e bisogna quasi aggrapparsi al manubrio per non essere disarcionati». Difficile, quindi, non rendersi conto della velocità. «Sapevo di andare forte, ma non così tanto», ha risposto l’imputato.
«Nessuno era in pericolo»
L’uomo era assistito dall’avvocata d’ufficio Angela Decristophoris, la quale ha argomentato che l’infrazione è stata commessa in una situazione di buona visibilità e luce, nonché su un rettilineo dove in quel momento non v’era traccia né di traffico né di pedoni: «Nessuno è stato messo in pericolo concreto ed era in totale controllo del mezzo». La legale si è dunque battuta per una pena interamente sospesa ma di una durata sensibilmente inferiore rispetto ai 16 mesi (sempre sospesi) chiesti da Garzoni.
Pentito, moto venduta
Il giudice Pagnamenta lo ha infine condannato a 14 mesi sospesi, ricordando che la Legge (Via Sicura) punisce la messa in pericolo astratta (dunque le condizioni di visibilità e traffico importano poco). A favore dell’uomo è però stata riconosciuta un’ampia collaborazione e il sincero pentimento, corroborato dal fatto che nel frattempo ha venduto entrambe le moto in suo possesso: «Non ne voglio più sapere».
Oltre alla decisione penale, gli eccessi di velocità in cui è incappato il 45.enne hanno avuto conseguenze anche sulla sua vita privata. Si è visto costretto a rinunciare a una promozione sul posto di lavoro perché, dato che gli è stata ritirata la patente, non era in grado di raggiungere la nuova sede d’impiego.