Quando il successo è una vera dolcezza

LOCARNO - Se chiedete a Franca e Arno Antognini cos’è il lievito madre, vi risponderanno che è uno di famiglia. Un alleato prezioso, che ha dato il suo fondamentale contributo al successo di un’avventura iniziata trent’anni fa e diventata uno degli elementi caratteristici della Città Vecchia di Locarno. Forse detta così non vi dirà gran che, ma sicuramente saranno in molti ad assentire sentendo il nome della pasticceria Marnin in piazza Sant’Antonio. Una, appunto, delle più conosciute della regione e, forse, del cantone. Anche se la titolare invita subito a non incensare troppo. «Siamo in diversi – dice – in Ticino e nel Locarnese, a vantare una grande qualità nel settore. Ognuno con le sue caratteristiche». Mentre il fondatore dell’azienda medita, dosa e impasta nel laboratorio accanto, del trentennio che si sta festeggiando parliamo con la moglie. Lei è forse più avvezza alla comunicazione, visto che prima di immergersi (per amore) in un mondo di dolcezze, aveva intrapreso la strada del giornalismo. Poi la decisione di Arno di continuare per conto proprio sulla strada di famiglia, un casato dolciario fondato a Vira Gambarogno nel 1852. Per farsi le ossa non si limita ad assorbire quanto sperimentato a partire dal bisnonno Angelo, ma va a scuola da due veri guru della pasticceria mondiale: il parigino Gaston Lenôtre e il bresciano Iginio Massari. Tornato in Ticino, attraversa il Verbano e approda in piazza Sant’Antonio. «A quell’epoca (eravamo nel 1989) – racconta ancora Franca – tutta la ditta era qui e ci lavoravamo in quattro, noi due compresi...». Poi, di successo in successo (ne parleremo più avanti), l’azienda si è allargata: oggi conta una trentina di dipendenti, un tea-room, vari negozi e centri di produzione. Della panificazione ci si occupa a San Francesco (sempre nel centro storico locarnese), dove vi è pure un negozio. A Sant’Antonio, oltre alla sala da tè e al punto vendita, si producono panettoni, amaretti e cioccolata, mentre sul lungolago asconese di trova un terzo negozio. «Eppure – prosegue la titolare – siamo rimasti un’azienda di famiglia. Da qui la scelta di non lasciare la Città Vecchia, nonostante le difficoltà logistiche e la carenza di spazio cui dobbiamo far fronte a causa dell’incremento dell’attività. Da qui, anche, la volontà di continuare a privilegiare la produzione esclusivamente artigianale, utilizzando – fra l’altro – materie prime locali, di provenienza accertata e di sicura qualità. E questo pur adeguandoci alle nuove esigenze del settore, che si sono fatte via via sempre più complesse». Qualche esempio? Chi, solo una ventina d’anni fa, si sarebbe preoccupato delle intolleranze alimentari? Senza contare la globalizzazione che sta caratterizzando anche il settore gastronomico. «Trent’anni fa – prosegue Antognini – facevamo pochi tipi di pane, oggi sono un’infinità». Tutti impastati, infornati e cotti con la consueta cura. Impegno e passione che, come è giusto che sia, hanno decretato il successo dei Marnin, anche internazionale. In cima alla lista delle delizie più famose ci sono gli amaretti, ma anche – e forse soprattutto – le lavorazioni di pasta lievitata (ricordate il lievito madre? Pensate, è sempre lo stesso da 28 anni e capita, a volte, che qualcuno venga a chiederne un pezzetto anche dall’estero). Stiamo parlando di specialità come colombe, del famoso «pandananas» e, in particolare, dei panettoni. Che in piazza Sant’Antonio non si producono solamente nel periodo natalizio. Le sfornate sono ormai settimanali, tanta è la richiesta. Anche da fuori i confini svizzeri. A consacrarne il successo sono stati due riconoscimenti. Nel 2013 il progetto del Dipartimento federale degli esteri Presenza Svizzera scelse il panettone di Arno Antognini come uno dei prodotti nazionali del programma Swiss Delicatessen. Cosa che, fra l’altro, lo portò nelle ambasciate di tutto il mondo. Di qualche anno fa, poi, la degustazione organizzata a Milano dalla trasmissione televisiva romanda «A bon entendeur» (in collaborazione con «Patti chiari della RSI). Anche in quel caso il prodotto natalizio Marnin uscì vincitore, sbaragliando la concorrenza ticinese e italiana (una decina i panettoni messi a confronto).
Ma la gamma delle dolcezze è ben più vasta: dagli amaretti alle torte, per arrivare ai cioccolatini, declinati nelle più varie forme, spesso in tema con eventi, festività o ricorrenze. Ed è questa un’altra delle caratteristiche particolari della pasticceria: quella di partecipare attivamente alla vita cittadina, di cui è diventata un vero punto d’incontro. Per la clientela locale, certo, ma anche per molte delle personalità che, per questo o quell’avvenimento, si ritrovano a Locarno. Fra gli ospiti più illustri (alcuni dei quali anche ricorrenti), Franca Antognini ricorda con piacere lo scrittore israeliano David Grossman, l’artista messicano Javier Marin o l’architetto Mario Botta. E poi chi, se non un regista che ha battezzato la propria casa di produzione Sacher Film. Infatti in lista c’è anche Nanni Moretti. Del resto Franca Antognini ha sempre avuto un occhio attento alla promozione della cultura e da una decina d’anni il tea-room ospita anche una piccola galleria d’arte, che propone due o tre mostre l’anno.
Il tutto nel cuore di Città Vecchia, quartiere al quale azienda e famiglia sono particolarmente legate. La titolare è tornata da poco nel comitato della locale Pro, dopo avervi già fatto parte in passato per 13 anni. «A quell’epoca – racconta – avevamo lavorato molto per ottenere la Zona incontro, che ci è sembrata un grande traguardo». Soluzione oggi messa in dubbio dai promotori della petizione per una completa pedonalizzazione del centro storico. «Che non considera però le peculiarità del comparto, per la cui sopravvivenza è necessario tener conto delle esigenze di tutti: residenti, negozianti e artigiani. Siamo una sorta di unicum in Ticino (e non solo), con un nucleo dove sopravvivono attività ad alto valore aggiunto, per qualità e tradizione. Un obiettivo che è stato raggiunto grazie ad un delicatissimo equilibrio, che potrebbe vacillare anche con un minimo cambiamento. Attenzione, dunque, a pensare il futuro con una visione globale e condivisa da tutti».
Mentre ci congediamo, Franca ricorda cosa le ha detto lo scrittore Grossman: «In ebraico Marnin significa ‘portatori di gioia’. In fondo è questo che, con grande piacere, abbiamo fatto per trent’anni. E speriamo di continuare a farlo». Ne sa qualcosa Naomi, 23 anni, quinta generazione di pasticcieri Antognini, che entrerà in azienda a settembre.