Quando la pensione non basta

Ricordate a quanto ammontava, vent’anni fa, il premio medio di cassa malati? Nel 2001, cifre alla mano, in Ticino si spendevano 188 franchi al mese. Una chimera, a ripensarci oggi. Quest’anno, la cifra si è infatti ‘‘fermata’’ a 362 franchi. Un problema per molti. Un grattacapo che, però, tocca con più forza determinate fasce della popolazione. Una della quali, di certo, è quella dei pensionati. Con il secondo pilastro fisso al palo e l’AVS che registra ‘‘solo’’ lievi aumenti ogni tre o quattro anni, diversi si ritrovano a fronteggiare situazioni complicate. Insomma, a fronte di entrate pressoché stabili, le uscite crescono.
Le cifre
Il problema, come si potrebbe pensare, non riguarda però poche persone. Per farsi un’idea del fenomeno è sufficiente consultare le cifre relative alle prestazioni complementari (AVS) erogate ogni anno dal Cantone: sono circa 15 mila i pensionati in Ticino che chiedono questo genere di sostegno allo Stato. Si tratta, in soldoni, di persone che, per un motivo o per l’altro, con il primo e il secondo pilastro non riescono ad arrivare a fine mese senza un sostegno del Cantone. Ma ancora più impressionanti sono le cifre degli importi versati a queste persone: nel 2020 lo Stato ha versato oltre 228 milioni di franchi per le prestazioni complementari (AVS e AI). Va poi segnalato che il numero di queste persone è dapprima cresciuto dagli anni Ottanta ai primi del Duemila (passando da circa 7 mila a 13 mila), per poi stabilizzarsi negli ultimi due decenni. Gli importi versati, però, sono aumentati notevolmente: dai 130 milioni erogati nel 2000, siamo passati, appunto, a poco meno di 230 milioni.
La testimonianza
«Sono andato in pensione nel 2005, diciassette anni fa. E da allora la pensione è rimasta più o meno quella lì, mentre le uscite sono cresciute di anno in anno», racconta Aldo, pensionato del Luganese, che ha preso contatto con la redazione per raccontare la sua esperienza. Il nostro interlocutore tiene con cura una tabella nella quale ha elencato tutte le spese a cui deve far fronte ogni mese e la loro evoluzione nel tempo.


Premettendo che lui, con la sua pensione, sta tutto sommato bene, si dice però preoccupato per i tanti amici che fanno sempre più fatica: «Ho diversi conoscenti che, per dignità, o per onore, non vogliono chiedere aiuto allo Stato. Hanno lavorato una vita intera e non vogliono che sia il Cantone a pagargli l’affitto o l’assicurazione». Insomma, spiega Aldo, «vedo cose che fanno male al cuore: a questa età non si può vivere con l’incubo di non arrivare a fine mese». Situazioni che, aggiunge, «a volte portano pure all’isolamento, alla solitudine»: «Capita che rinuncino a un invito a cena perché sanno che la volta dopo toccherebbe a loro pagare. Ma spendere 50 franchi per un pasto, a volte, può diventare un problema».
Costi che possono aumentare
Del rischio di rimanere isolati ci parla anche Pietro Martinelli, già consigliere di Stato e direttore del Dipartimento delle opere sociali (l’attuale DSS), nonché per diversi anni presidente dell’ATTE, l’Associazione ticinese per la terza età. «Gli anziani, se non hanno potuto mettere soldi da parte prima, sono tra le categorie più esposte alla povertà. E questo anche perché per loro è molto più difficile, a quell’età, trovare nuove fonti di entrata», premette Martinelli. Non va poi dimenticato, aggiunge, che sovente «i costi possono aumentare con l’avanzare degli anni: in alcuni casi occorre pagare una badante, altri hanno bisogno per qualche lavoretto in casa, altri ancora devono adattare l’abitazione alle nuove esigenze dettate dall’età». Proprio in questo contesto, «si insidia il rischio dell’isolamento. O peggio ancora di dover andare in casa per anziani, che rappresenta una perdita della propria indipendenza, della propria libertà». E dunque, in questa fase della vita, in cui si è più fragili, «avere la sicurezza di un aiuto da parte dello Stato è fondamentale». Per questo, conclude Martinelli, «la politica fiscale dei tagli portata avanti in questo periodo è la strada sbagliata da perseguire».
La consulenza
E se da una parte lo Stato è attivo con diversi aiuti, dall’altra sul territorio è presente pure Pro Senectute. Come ci spiega la portavoce Laura Tarchini, l’organizzazione dispone di un servizio di consulenza sociale (gratuito) che nel corso del 2020, ad esempio, ha potuto valutare 796 richieste di sostegno finanziario (tramite i fondi messi a disposizione dalla Confederazione) accordando sussidi per circa 738 mila franchi. Oltre a ciò, sono stati elargiti altri 97 mila franchi grazie all’aiuto di due fondazioni private. In totale, dunque, nel corso dell’anno sono state aiutate circa 4.500 persone. E va pure segnalato che tra le persone che richiedono un sostegno a Pro Senectute, la maggioranza (63% nel 2020) è di sesso femminile. Sovente, rimarca Tarchini, si tratta di donne che, per svariati motivi, sono rimaste sole, magari con una rendita di vedovanza, oppure che non hanno potuto maturare un secondo pilastro sufficiente.


Ma non solo: oltre agli aiuti finanziari, nel 2021 sono stati pure serviti 531.928 pasti a domicilio ed è così stata superata, per la prima volta, la soglia del mezzo milione. «Avevamo registrato un grande aumento durante la pandemia: tra il 2020 e il 2021 c’è stato un aumento di quasi 100.000 pasti. Poi pensavamo si ritornasse alle cifre precedenti; in realtà molti utenti hanno solo sospeso il servizio dopo la prima ondata, ma poi sono tornati a richiederlo più avanti». Si tratta di «un servizio particolarmente indicato per le persone fragili e con risorse limitate, che vuole contribuire al benessere della persona offrendole un pasto salutare». Capita sovente, conclude Tarchini, «che chi si trova da solo tenda a non voler più cucinare e ad alimentarsi male, mettendo così a rischio la propria salute».
Il problema della solitudine
Infine, pure l’attuale presidente dell’ATTE, Giampaolo Cereghetti, da noi contattato torna sul tema dell’isolamento e della pandemia. «Ho l’impressione che in questi due anni, la sofferenza degli anziani abbia riguardato soprattutto la solitudine». E oltre ciò, ad aver «segnato» gli anziani c’è stato pure il fatto di «essere giudicati» dagli altri, come avvenuto nella prima fase della pandemia. «Ma anche in questo periodo, in cui è stato dato il ‘‘liberi tutti’’ togliendo quasi tutte le restrizioni, verrebbe da chiedersi se gli anziani non siano diventati un danno collaterale sopportabile... Le cifre sono lì da vedere, i contagi e le ospedalizzazioni non sono azzerati, eppure si è deciso di eliminare quasi tutte le misure. Noi, come ATTE, continuiamo a raccomandare la prudenza, soprattutto per tutelare le persone più fragili».
C’è un’altra povertà, quella sociale
Lo avrete capito, quando si parla di difficoltà degli anziani, una delle parole che ricorrono più spesso è «solitudine». Un termine sul quale insiste anche il direttore della Divisione dell’azione sociale e delle famiglie del DSS Gabriele Fattorini. «Quello delle difficoltà economiche degli anziani è un tema molto articolato da affrontare», premette il nostro interlocutore. «In Ticino, le persone che ricorrono alle prestazioni complementari AVS sono circa 15 mila, ovvero il 18% dei pensionati. Il tema è quindi presente. Ma allo stesso tempo va detto che, proprio grazie al ‘‘paracadute’’ delle prestazioni complementari, gli anziani che devono ricorrere all’assistenza sono pochissimi. Quindi, in generale si può dire che, anche grazie alle varie associazioni e fondazioni presenti sul territorio e finanziate da Cantone e Confederazione, così come all’intervento dei Comuni, la rete di aiuti nel nostro cantone è capillare e permette di evitare che queste persone cadano nella povertà». «Quando si parla di povertà», spiega Fattorini, «dal nostro osservatorio possiamo dire che la categoria degli anziani non è quella più colpita da questo fenomeno». Detto ciò, conclude, «un tema altrettanto importante è quello della povertà in termini di relazioni e opportunità di socializzazione: la questione della solitudine è molto importante per noi e per questo motivo siamo molto attivi per favorire la nascita di strutture di accoglienza adeguate e per garantire, ad esempio, anche un’offerta importante per il tempo libero, l’attività, la socializzazione e il movimento degli anziani».